Poesie
Valle del Basento
Fiumara lenta
la mia poesia,
greto sassoso
oramai.
Ma ho visto i falchi,
immobili ieri,
fieri ed attenti.
Lentamente
volteggiavano l’azzurro denso
del maggio lucano.
Ed il mare,
ancora,
ho visto.
Incessante rincorreva,
a onde schiumose,
la riva salda e ferma:
sono viva!
La pelle madida
di sudore
grondava amore:
per i respiri profondi,
per l’orizzonte cobalto,
per le arenarie forti
e marroni come il serpente
schiacciato sull’asfalto,
premonizione degli occhi
inebriati
della sconvolta mia coscienza.
Mistero…
Silenzio.
Una croce di ferro
austera
sulle pietre scolpite domina
il piccolo borgo umano
e l’ampia valle della morte
e della vita che ancora
è, che sempre sarà.
***
Ma un grido di preghiera
oggi l’anima ha levato
a questo Cielo bianco
di nuovo amore.
E ovunque l’eco
si è spansa
infinita della sua presenza.
Insieme, dalla splendida terra
dove profonde affondano
le nostre radici,
colori sgargianti abbiamo rubato
e la natura dell’anima dipinto:
il verde del grano acerbo
l’ocra del fieno tondo
il moro cupo di cocciuti muli
al pascolo
il rosso scarlatto di lontani papaveri
in collina.
Piccolo Mario
Piccolo Mario,
piccolo angelo vestito di cielo,
tu che hai accettato e vinto la sfida della vita,
e sei volato quaggiù, a vivere la tua,
tu che, nella beata dimensione
del tempo senza tempo,
ancora non conosci le fatiche del vivere,
la fretta dei giorni e la stanchezza delle sere,
perdona la finitezza dell’essere umano,
l’imperfezione talora crudele delle cose…
E sii capace di brindare al prezioso calice della vita,
anche quando, fatto uomo, ne avrai assaporato,
nelle sue caleidoscopiche fragranze,
tracce di amarezza.
Piccolo Mario,
vorrei proteggerti dallo scorrere del tempo,
raccontarti che la vita
è solo fatta di gioia,
di festa e di giochi,
ma t’ingannerei
e non potrei mai.
Crescendo, purtroppo imparerai
che l’assenza assoluta di dolore
non appartiene a questa realtà.
… Ma tu, allora, ricorda la leggerezza
del sapore di nuvole
che sei oggi, e vinci, bambino mio,
ogni avversità
con l’intelligenza del sapere e la forza dell’amore.
L’ospite furtivo
In silenzio ti nutrivi di me ignara,
facendoti portare ovunque
io andassi, ospite furtivo
del corpo mio.
Senza chiedere permesso o scusa,
ti prendevi gioco di me e,
mentre mi credevo forte
della vita in pienezza,
col destino avverso tramavi
per la mia inesorabile fine.
A un passo dal dolce autunno
a un passo dal Dirupo cieco,
più forte, la mano dell’Amore
è giunta, a restituire
la possibilità di una Vita ancora.
E’ così che, gradualmente,
hai assunto forma: pur travestito
da nodulo antipatico,
ti hanno tradito le facce silenti
e gli occhi eloquenti
di generosi Camici bianchi…
Su una me inerme, oramai consapevole,
hai dovuto palesarti, ospite sgradito,
in tutta la tua prepotente
essenza e natura.