Perdo luce dagli occhi.

 

 

Il buio sbatte le palpebre

Sulle panchine dei parchi

colmi di innamorati.

Ed io mi perdo

come un cane investito da un tir

e trascina il livido corpo

sul ultimo tratto dell’esistenza.

Vorrei spaccare la faccia al tempo

ma non lo trovo più.

Sono condannata a custodire

questo cimitero di parole bianche

e le lapidi scricchiolanti.


 

Oltre il muro dei segreti

cresce un’altra vita,

sospesa in domande senza risposte,

promesse squalificate,

perduti calci di rigore

e carne da macello.

Oltre il muro di cinta

c’è la guerra,

quartieri cinesi, indiani,

semafori lampeggianti,

un sindaco donna,

terremoti, sogni infranti,

penne e calamai vuoti d’aria inchiostro.

Ed io urto e mastico rabbia.

So amare forte.

Ho perso tanti treni

ma guido stormi di rondini

nei nidi delle anime perdute.

Sono stata un oasi,

una palma,

un abecedario

e storia.

Ma non so chi sono,

perché la verità

non è mai la realtà.


 

 

Mi purifico nell’affetto

Di silenziose albe

che mi fanno da madre

con flebili sospiri di ombre

che metto in ordine crescente,

prendendoli dopo con ritrosia

o orgoglio avvinto , a buie scorciatoie

e insulti presagi , sviscerati

nella terra nera.

Mi purifico nel grido del silenzio

che mi confonde

e fonde radici nel mio cantico sacro.