Dedicata a Mary  

(una fiaba moderna dedicata a mia madre)

È Lei, è Mary, una splendida ragazza degli anni ’20,

mano a mano che cresce,

assomiglia sempre più ad Ava Gardner,

o forse no, soltanto ad Ingrid Bergman!

Il suo sorriso, luminoso,

irradia di gioia tutto intorno a lei,

e la sua dolce timidezza,

la rende più vicina

al cuore della gente.

Poi, più avanti, è impiegata

ed è pure pendolare,

bisogna lavorare e con impegno!

Intanto scoppia anche la guerra

e il di lei babbo se ne va davvero presto.

La vita lentamente scorre, sì, ma molto dura.

E poi Mary è brava moglie,

dolce mamma e, ancor, cuoca speciale,

lavora a maglia, cuce assai bene,

cura studi e compiti dei suoi bambini.

Passano gli anni e, ancora molto attiva,

con la parrocchia Mary tesse buone relazioni,

e contributi dà con tutta se stessa,

ma, poi, la schiena duole

e i farmaci fan sol da palliativi!

Malgrado ciò, continua ancora “intrepida” gli impegni

e, quotidianamente, li scandisce,

finchè un giorno, un brutto giorno,

cadendo dalla bici, si smarrisce,

ma non si fa del mal, nemmeno tanto!

Diventa, poi, un poco arrugginita

affaticata, talvolta spazientita,  31

e, quasi quasi, diremmo “dominante”.

Mary porta croci molto grosse,

son davvero tante,

ma c’è una figlia che le è sempre accanto:

cure e premure sono necessarie

e chi le sta vicin

sa degli “alti” e “bassi”

del suo sentir la vita.

Allor ti viene accanto e dice :

“Ti voglio tanto bene! Stai qui a dormire?

Stai con me per sempre?”

Ti tien le mani con un tenero sorriso,

quasi beffardo,

oppur ti manda un bacio “gaio”

dopo una “sgridata”…


 Quando piove

E se fuori piove

un brivido scorre nel cuore di casa,

un grigio torpore negli occhi di ghiaccio,

il can se la dorme sul caldo zerbino.

E non vedo nubi,

ma solo scialbore di nuvole stanche

cucite in un unico telo di nullo colore.

E aspetto la luce dell’ore che passan

armate di noia, di torbide spade,

di lacrime amare.

E ancora ripenso l’infanzia felice,

fantasmi d’amore, di gioia, pungente la pena,

cristalli i ricordi di lacrime calde:

la madre silente ricuce gli strappi di un povero manto,

e accade che, a tratti, la pallida voce intoni un bel canto.

E il babbo non c’era? Respiro più forte sui vetri appannati,

pensieri di pace già sono affollati,

si affacciano stanchi nel volo di svassi,

profeti fedifraghi di sogni, di passi.

E il padre ritorna alla soglia d’amore,

profusa di effluvi di carni e di allori,

ma piove di nuovo, e piove davvero?

E il grigio del cielo pennella il creato,

coprendo di gocce anche i timidi prati,

travolti dal soffio di venti beati.


Magica Matera

Matera, Matera, sei tu ‘n presepe assorto

in tremuli pensieri, o sei ‘na cosa vera?

Spigoli rozzi assai, di case e di fantasmi,

ci dàn mille gradini di roccia scivolosa,

che scende e poi risale intorno al cor di pietra,

cornice d’amor, d’arte, di scienza,

del tuo groviglio d’anime che mai più scorderò!

La resa dei prati all’indomito sole

fa mille faville di stoppa, di paglia:

beata parvenza da sogno ti dàn.

Trassero l’oro bianco dai tetri palombari,

partendo dal Neolitico, financo al Novecento:

Matera e i Materani con vero accanimento,

sedarono la sete di tutti i circondari.

Ora i ricordi svelano i segni del passato,

si colgono nel foro grida di meraviglia,

espresse da turisti oriundi d’ogni dove.

Castello Tramontano, col Parco tutt’intorno, ci commuove,

Chiese rupestri, di San Francesco la barocca Pieve.

Dall’imponenza di San Pietro Barisano,

concerti musicali già sentiamo,

Matera assai premiata dall’UNESCO

sul podio di bellezza siede già,

e brilla di sua luce: è patrimonio dell’Umanità.