Sola ma non troppo.

Seduta sulla vecchia poltrona, sorrideva con gli occhi chiusi come a voler prolungare la gioia intensa che le stava donando la tanto sospirata notizia. L’attendeva da ore, stringendo tra le mani il telefono, ma non aveva previsto l’eccitazione che le avrebbe procurato. Priscilla le si accoccolò sulle gambe, emettendo il consueto miao dolce e monotono di cui la sua gatta si serviva per chiederle attenzione.

Era diventata abile a riconoscere le diverse richieste della sua amica in relazione ai suoni svariati da lei prodotti, sebbene cieca da anni. Aveva imparato a “vedere” in modo differente e più sottile, mentre la sua gatta ne aveva creati di nuovi di suoni nel corso della loro lunga convivenza, quasi a voler accentuare quanto esclusivo e singolare fosse il legame che le univa. Erano due anime affini lei e la sua gatta: sensibili e affettuose ma indipendenti e forti. Entrambe erano in grado di trasmettere tanto amore solo a chi giudicavano creature speciali, dotate di spessore e delicatezza.

Rimase con gli occhi chiusi e con la gioia impressa sulle labbra. Priscilla aveva assunto la stessa espressione. Possedevano lo stesso linguaggio e comunicavano allo stesso modo quelle due, proprio come accade a chi coesiste e condivide identiche abitudini e passioni.
La donna fu assalita da ricordi che, in successione come gli anelli di una catena, resero ancora più beata la sua espressione, mentre Priscilla sonnecchiava tra le sue gambe. Più che un assalto fu uno sprofondare comodi, come tra le nuvole, perché si accorse che, nonostante le battaglie, le difficoltà, le arrampicate affrontate durante la vita, di queste ultime non c’era più alcuna traccia. Solo le vittorie e i traguardi conquistati la raggiunsero, mentre gli occhi continuavano a rimanere serrati, come se aprendoli potesse aver termine la pienezza e il benessere finalmente raggiunti.

Le fusa modulate emesse dalla gatta si tramutarono in una melodia che faceva da sottofondo musicale alle immagini che scorrevano nella sua mente: la fine della seduta di laurea condita dal flusso di lacrime di soddisfazione, il compimento dell’esilio da una sede all’altra come medico e l’agognata conquista della sala operatoria, la nascita del suo bellissimo figlio dopo svariati patimenti e, successivamente, di Andrea, il suo primo e unico amato nipote, le risate e le sfuriate tra loro, la sistemazione della sua casa, sua soltanto sua…

Aveva imparato a circondarsi delle poche ma essenziali persone e cose che la facevano stare bene, le elargivano gioia, serenità. Ad accrescere la sua soddisfazione fu lo stato d’animo di crescita, di compiutezza che accompagnò il fluire dei ricordi, nei quali il suo aspetto era quello di giovane donna.

A ricordarle che si era fatta vecchia ci pensava la cecità e la lentezza nei movimenti contrapposta alla frettolosità che l’aveva contraddistinta prima che il male la colpisse. Si sentiva appagata finalmente, perché consapevole del divenire della sua vita, dell’equilibrio e della consapevolezza raggiunti.

Accarezzò la sua gatta per l’ultima volta. Adesso che la tanto attesa notizia le era arrivata poteva andare, lasciare ad altri le lotte e le conquiste: suo nipote era fuori pericolo. Improvvisi un suono acuto replicato, un picchiare insistente alla porta d’ingresso, voci agitate varcare l’uscio di casa, mentre a lei sembrò di sollevarsi, come in volo. Sente il figlio dire singhiozzando a qualcuno: “Ci ha lasciati… l’ho sentita da poco…Era felice! … Il suo amato nipote da qualche ora si è risvegliato dal coma …si, mio figlio…”. Priscilla poggiò la testa sul suo grembo e lei capì che non avrebbe dovuto temere la morte: aveva vissuto pienamente e si sentiva soddisfatta.
Avanzò lieta e leggera attratta da luci, colori e suoni incantevoli mai visti e uditi prima.


Foschia

Aloni biancastri
si diffondono
nella notte serena.

Prossimo a me
taciturna
irraggiungibile
impenetrabile
barriera invisibile
interviene tra noi.


Memorie

In un palpito
svanisce
al mio sguardo
la tua immagine
che rischiara l’orizzonte
variopinto dal tuo ricordo.