Brunilde Brigante

Lo immaginavo così l’amore

Lo immaginavo cosi l’amore

quando spiavo dietro i vetri gli amanti al passeggio

e guardavo l’incastro perfetto delle loro dita,

anche le dita s’amavano nel loro cercarsi.

Quando camminando cosi tanto

-ne avevano da dirsi-

sparivano celati dal buio quasi rosa delle sere,

era giugno.


 

 

È solo il colore azzurro

È solo il colore azzurro,

i tetti e le case,

le finestre,

gli occhi indiscreti dei palazzi romani.

In una sera quasi anonima sto pensando a te.

L’aria tiepida mi svela piano il tuo nome,

breve,

un inciso perfetto alle mie orecchie.

L’immobilità dell’atmosfera

Mi ha detto che mi ami ancora.

Ma dovrai aspettarmi,

seduto su quel tuo solito divano,

triste,

amore mio.

Io arriverò,

un martedì qualsiasi,

e tu sarai ancora li,

difronte alla tua finestra.

Arriverò da te ed avrai la primavera nei tuoi occhi,

saranno ancor più verdi,

lo so.

E quando saremo difronte

dimenticheremo

le sere trascorse distanti,

le risate con l’altra gente,

i caffè bevuti con gli amici,

le notti trascorse su altri fianchi.

Io verrò e tu mi chiederai di sedere

e di restare.


 

 

Gioco di specchi

Gioco di specchi stasera in casa mia,

Basilicata.

La vetrina della sala da pranzo,

adesso,

riflette il fianco stanco di un monte

che se ne sta lì,

addormentato.

È ancora quasi tutto incontaminato qui,

come le piccole, rigonfie nuvole

che si affacciano timide

dietro la schiena delle case

e sembrano sostenerle,

perché questa terra ha bisogno d’essere sorretta.

Pian piano la stanza col calar del sole si fa bruna,

la vetrina si spegne,

-ora vedo bicchieri, piatti e qualche bomboniera,

la mia prima comunione?-

Cala il sipario su questo giorno

che nasce e muore,

sempre nuovo,

senza che ci siano uomini che possano impedirlo.

È già notte in questa casa,

dove sempre tornerò

quando avrò bisogno

di sentirmi amata.