SALMO

 

Per i miei primi giorni sulla terra

donò il Signore un’anima fanciulla,

il fresco non sapere delle cose,

meraviglia stupita del mondo.

 

Nei giorni caldi della giovinezza

mi diede Dio l’amore di una donna,

vite feconda di grappoli gioiosi.

 

Poi fu il tempo maturo ed operoso.

E Dio forniva alle mie braccia stanche

lunga pazienza e forza sempre nuova.

 

A nutrimento dei miei giorni estremi

ora mi dà il Signore l’afflizione,

insieme con il pane quotidiano

mastico pena e dolore.

 

Fino a quando, Signore? Fino a quando?

 

Tu sei eterno giocatore,

e rilanci la posta all’infinito.

Io son quasi tentato

di rovesciare il tavolo di gioco,

di buttare le carte e andare via,

tutto arrabbiato.


SEGNI

 

La penna

non sa più tracciare

che segni dispersi

ogni tanto,

quando càpita un foglio bianco

tra le mani oziose ed incerte.

 

Ma che segni?

Non dicono nulla,

non hanno mai detto

che cose di poca importanza,

qualcosa già detto, stradetto.

 

Che cosa possiamo noi dire?

Non viene da noi nessun Verbo,

solo il superbo

 

sta lì a urlare un suo falso vero.


AL FONDO

 

Voce dirà:

io ben ti riconosco,

tutto l’ingegno tuo

a ben far non hai posto

 

e fare bene

non basta,

ammesso pur che bene

un po’ si faccia

 

né tanto meno basta

ben pensare,

cosa invero difficile da fare,

di assai raro sentire.

 

Tirerai fuori carte

e titoli, preghiere

biascicando tra i denti,

 

ma quelli ti diranno:

ci dispiace,

non sono sufficienti.