Lui se ne andrà
.kant.
Sono le 19 e 28 di una domenica estiva qualsiasi.
Una domenica che non sai nemmeno che è domenica alla fine, non lo sapresti ma hai dovuto controllare la
scadenza del latte. “Già domenica?”
Internet non funziona da tre giorni, e più che la nostalgia di sentire qualcuno c’è la nostalgia di immergermi
in 750 film al giorno.
Per tre giorni posso essere solo me stessa.
Con la mia stessa pelle scottata, la mia routine, i miei capelli, le mie ansie, il mio tutto, che spesso mi
risultava facile celare con l’aiuto di grandi personaggi inventati da grandi registi.
Come quando vai a ballare e pensi d’essere impacciato, ma cerchi di trovarti in Mia Wallace anche solo per
un attimo.
Non so cosa mi spaventi di più, se il non poter portare grosse e pesanti maschere di cera o se il fatto che
quelle stesse maschere potrebbero sciogliersi al sole estivo.
Fumo una sigaretta, apro un libro di filosofia.
Di commenti alla filosofia.
Si trattano e discutono i temi della critica della ragion pura Kantiana.
“Un essere umano percepisce la realtà attraverso i suoi canoni di percepirla, può percepire la realtà solo in
questo modo o in quell’altro, e questo modo è uguale per tutti noi esseri umani, come lo è tra di loro per
tutti i gatti o per tutti i daltonici.”
La realtà è nello spazio.
La realtà scorre nel tempo.
“Se ad esempio ci mettiamo un paio di occhiali dalle lenti rosse la nostra realtà sarà percepita di rosso, ma
la cosa in sé, il noumeno, come sarà fatto? Non posso saperlo”
Porto un paio di occhiali da vista vecchi di secoli, quindi ingialliti, agli occhi, è tutto giallo.
La sedia è ingiallita e il libro di filosofia pure, e anche il mio dolore alla fine è un po’ più giallo, le mie ansie
lo sono.
Il giallo non dona al mio mondo.
Il giallo è il colore dei pazzi.
J.D. Salinger nel suo primo vero grande racconto, forse un po troppo sopravvalutato devo dire, parla di un
ragazzo alle prese con il suo patetico Gran Tour da ragazzetti ricchi.
Salinger sta in realtà combattendo la guerra e passò 200 giorni di guerra a scrivere “ il giovane Holden”
dopo avergli fatto fare il giro delle case editrice riceve questa lettera “ Signor J.D. Salinger, abbiamo letto il
suo racconto, molto interessante, ma al tempo stesso necessita di qualche rivisitata, in toni gentili, sembra il
racconto di un ragazzino pazzo”
Un ragazzino pazzo, insomma, uno che vede tutto giallo.
Eppure Salinger nel racconto parlava di se, solo di se stesso, e mica se ne era accorto che la guerra l’aveva
reso pazzo, quindi scrisse un racconto dalla pagine gialle senza nemmeno saperlo.
E’ proprio un colore da matti, il giallo.
Ma mio nonno l’ha sempre portato, ogni accessorio era giallo, e più di tutto collezionava ombrelli gialli,
diceva che con un ombrello giallo, se dio l’avesse visto dall’alto, avrebbe capito che lui non temeva il suo
giudizio, che poteva splendere anche nella tempesta.
Ma mio nonno è nato nero, e chi nasce nero e vive tra i bianchi se non vede il mondo giallo non ha le palle
di affrontarlo.
.occhiali.
Chiudo il libro “so già tutto, alla fine la mia idea sulle loro idee me la sono già fatta di mio”.
Capisco che se noi tutti esseri umani abbiamo le stesse dinamiche percettive allora è insensata la troppa
euforia di uno quanto la troppa ansia di un altro.
La mia idea sulle loro idee è che siano tutte labili e precarie, idee scaturite da un certo tipo società, con un
certo tipo di cultura e di credenze.
Ma la società in cui vivo io le credenze e i valori li ha presi tutti.
Una società persa dove ognuno si fa filosofo di un estremismo più sbagliato dell’altro.
Estremismi di carta.
Estremismi che io temo perché hanno distrutto la società odierna e l’hanno fatta perdere in urla strozzate
senza valore, che nessuno ascolta, nemmeno chi le emette.
Ho tolto gli occhiali ma è come se vedessi ancora tutto giallo.
Sto impazzendo, l’ansia mi abbraccia da dietro e io le sto in braccio, mi bacia il collo e mi sussurra
nell’orecchio.
Ricordo quando pochi anni fa feci un colloquio con il mio tutore scolastico, e lui mi chiese “cosa non va,
Clara? Cosa ti turba?”
Io stetti zitta, zitta 20 minuti a cercare di mettere a fuoco l’immagine di quel tutore che non so perché,
cercava da un anno e mezzo di liberarmi dall’ansia.
“Ho bisogno di degli occhiali” dissi, di nuovo zitta, di nuovo muta.
“Sì, è che io non vedo bene la realtà non lo so com’è quello che vedono tutti, voglio gli occhiali”.
Questo ha smentito Kant nella mia vita, io sono essere umano e ho tali capacità percettive di ogni essere
umano che si rispetti, ma comunque, da quando ho 14 anni , non vedo la realtà come tutti e voglio degli
occhiali.
Ci ho messo tra anni ma li ho ottenuti, occhialetti marroni dalla montatura fine fine, con la lente grande
grande che mi copre tutto l’occhio, per vederci meglio del mondo, per mangiarmelo meglio sto mondo.
.dolore rosa.
Sono le 20.23, ora, è quasi ora che sono piegata su questo scritto senza dire niente di veramente
concludente.
Le pagine sono rosa tenue, così anche la copertina del quaderno e anche quella del libro dei commenti alla
filosofia, è rosa la maglia che porto e i fiori che circondalo l’amaca sulla quale mi dondolo.
Tutto è rosa, il dolore è rosa.
Ogni umano che cerca di reprimere la visuale gialla di una vita in bianco e nero, è costretto prima o poi a
mantenere una visuale rosa.
Il rosa.
Unico colore che accomuna tutti gli uomini bianchi, quelli che hanno fatto il mondo, uomini bianchi che
hanno creato una realtà gialla, pazza.
Una realtà scapestrata che non sta in piedi da sola.
Mi alzo e cammino.
Con i polpastrelli sfioro tutte le piante del mio giardino, sono così rosa, questi fiori addolorati, hanno del
divino dentro.
Hanno la certezza matematica e divina che entro poco moriranno, o verrano calpestati o asfaltati o che
qualche ape li sfrutterà per il loro polline e loro potranno solo rimanere li fermi a guardare altri che li
distruggono.
E’ per questo che sono addolorati, fiori tinti di rosa che è tanto il colore dell’amore quanto quello dello
squallore.
Un ape mi punge, non sento dolore, mi ha punto sì ma ora lei sta morendo, e io la osservo, estraggo il
pungiglione dalla caviglia e glie lo metto affianco, “guarda come ti uccidi da sola”.
.via vai di treni.
Mi sporgo dal grande solarium alla fine del giardino, un tempo si vedeva la spiaggia.
Un tempo c’era il mare.
Ma poi è arrivato l’uomo bianco e conquistatore e ha asfaltato tutto.
Ora i treni vanno e vengono e lì, da quel solarium li posso ammirare.
Nella testa una dolorosissimo flashback rosa e giallo, io e mio padre che corriamo su quelle spiagge, il mio
ventre è gonfio, io sono piccola piccola.
Appare e scompare.
Io non ho diritto di ricordare quella gioia.
Una lacrima felice, infatti dall’occhio destro, mi ripercorre il viso.
Eppure le lacrime non sono gialle, queste, non la mutano mai la realtà quando ti ricoprono gli occhi.
Solo ti danno l’occasione di non vedere nulla per un attimo.
E allora forse è questo il colore dell’ansia, del dolore, della pazzia.
Il non colore.
Noi diamo un colore a ogni emozione per poter etichettare anche le nostra lacrime, ma il mondo che
abbiamo creato è tutto pazzo.
E’ tutto giallo.
E’ tutto rosa.
E’ tutto trasparente.
Coperto da una patina di dolore.
Ciuuuf, il treno parte, lui ci sale, io lo vedo dall’alto.
Lo amo così tanto, lo amo così tanto, ma dio non lo capisce. Me lo porta via.
Dove prima era scomparso mio padre, su spiagge deserte al tramonto rosa e giallo, ora scompare lui, su
ferrovie senza colore.
Tutto perde il colore.
Forse è questo, proprio questo il colore del dolore.
Il trasparente.
“Un essere umano percepisce la realtà attraverso i suoi canoni di percepirla, può percepire la realtà solo in
questo modo o in quell’altro, e questo modo è uguale per tutti noi esseri umani, come lo è tra di loro per
tutti i gatti o per tutti i daltonici.”
La realtà è nello spazio.
La realtà scorre nel tempo.
“Se ad esempio ci mettiamo un paio di occhiali dalle lenti rosse la nostra realtà sarà percepita di rosso, ma
la cosa in sé, il noumeno, come sarà fatto?
Lo posso sapere.
Il noumeno è trasparente.
E’ sempre e solo trasparente, e noi lo coloriamo per convincerci di non aver creato un mondo di lacrime.