Il Vento del Perdono

Vento perdona l’illusione che mi ha teso inganno;

Vento perdona l’irruenza che ha scosso in me l’abbandono ad esser bimba;

Vento perdona il mio amore e la mia amicizia proteso per il mistero dello spirito oscuro e maligno;

Vento perdona l’essere disinibita e fragile con quel rossetto rosso;

Vento perdona le crude cicatrici che sono state tagliente male per la sensibilità che è re nel mio animo;

Vento perdona la natura di mostro che per tempo mi è appartenuta, chiudendo porte e restando ignara e sorda alla parola altrui, che erano luce bianca e pulita, come il bisogno di respiro che vuoi tuo, quando vivi in una prigionia;

Vento perdona quel che è stato, quel che era mio, che mi ha legato a sé, ma che mi ha reso sfrontata e tenace nel camminare anche sola;

Vento ama la “sottile linea della mia mano” che sarà cura per il caotico mondo;

Vento ascolta in silenzio la voce del mio pensier;

Vento adora il mio sguardo ingenuo puntato verso l’aldilà del mare, che sarà il volo del tuo gabbiano in questo cielo;

Vento non fermarti, non andar via, ma scuoti la mia chioma e sussurrami che ti appartengo.

Accarezza la mia bellezza, adorami, si mio, perché tu eri mio sin da quando l’occhio aprii, la parola pronunciai e la mia mano salutandoti fu come dolce petalo per te, e così ti conobbi.

Ci conoscemmo e ci giurammo amore e perdono eterno.


A quel che è il mio unico e vero mare di Salerno, al mio Lungomare

Tante volte mi sono limitata a fotografare questo posto a me così caro, ma non ho mai svelato il suo significato per me:

è il mio rifugio interiore, seppur all’apparenza sia un luogo comune e banale;

è il luogo della mia libera ispirazione;

è il luogo in cui il mare, asciugandomi la lacrima tormentata e sofferente, mi bagna in un’acqua con il sapore dell’estate, rasserenandomi;

è il luogo che avendo a sé il mio ricordo, lo rievoca;

è il luogo in cui il mio sguardo immaginario solca l’orizzonte, nella curiosità di conoscere le orme del mio futuro celato;

è il luogo in cui osservo il sorgere del sole, che augura l’inizio del buon giorno, al risveglio della gente, in un silenzio edenico;

è il luogo in cui al tramonto mi piace pensare di dialogare attraverso la fantasia con mio nonno;

è il luogo in cui ha forma ed aspetto la figura del nonno, per me padre;

è il luogo in cui nella notte illuminata dalle costellazioni riconosco il desiderio di amore;

è il luogo in cui io nasco, prendendo vita dal respiro proveniente dal monte e dalla carezza del mare, che è parola per me;

è il luogo in cui tutto avrà inizio e tutto avrà fine;

è il luogo di condivisione per la collettività, ma anche per l’ideale, la speranza, la dolce passione, l’irruente rabbia e il grido del dolore;

è il luogo in cui l’uomo si mostra umano;

è il mio luogo ed io sono in lui.

E se devo a qualcuno qualcosa, che sia creazione o trionfo, non è grazie all’unione di mio padre e di mia madre, ma a te, che permetti al mio sereno o al mio terrore, lo scorrere della mia anima, attraverso il movimento della mia penna, per formare poi quel che son io.

Ed è a te che dedico la mia vittoria, dedicandola quindi a me stessa.


<Non aver paura di aver paura>

Mia amica permettimi di dirti ciò che la mia mente debole non ha voluto ascoltare: < é paura il credere nella sua fragile crudeltà e lasciarsi conquistare con inganno da ciò che non è altro che un filtro illusorio e vile;

C’è paura quando essa ti offusca la vista, lasciando sì che tu tema il tuo riflesso, tanto da mostrarlo opaco, invisibile, se non sfuggente;

Se la paura preferirai, sarà terribile, perché ti silenzierà e il tuo occhio parlante frivolo e chiuso sarà;

Paura che si appropria del tuo pensiero, legandolo a sé, mutando ciò che ti apparteneva in quella sua dolce ed innocua natura in un diabolico tremolio;

Penserai che paura sia, quando cadrai o quando non conoscerai. Ma paura tu più non ne avrai, quando un’identità darai a ciò che grigio o vento pensi sia.

Vivrai di paura, quando optando di non vivere per l’essenza naturale del fluire di ciò che è nostro, “lentamente morirai” (come diceva Neruda) >.

Ma allora, mia giovane coscienza, dico a te la frase che è sentiero di pace nella mia mente: < non aver paura di aver paura > ma osserva, accarezza ed ascolta il tuo riflesso d’animo, ammettendo, combattendo ciò che è maligno;

Viviti e concedi all’altrui di viverti così che trasparenza tu sarai e scorrere d’espressione di emozione avrai; perché non sarà la paura ad esistere, ma sarai tu a farla respirare, con aspetto friabile e distante.

Ma sarai ancora e soltanto tu a poterla annientare e solo allora non ti chiamerai vinto, ma vincitore di te stesso e con te stesso.