Ho scelto

Ho scelto degli amici invisibili
Perché quelli tangibili non avevano storie
Da raccontare

Ho scelto il blu tra tutti
Perché è in cielo, in mare, nei cartelli extraurbani,
Nel freddo, nell’acqua fresca,
Nelle lacrime della Vergine Maria

Ho scelto perché scegliere è il mestiere d’essere liberi.
La libertà è l’arte di vivere e la vita
È l’unico valore per cui morire.

Ho scelto ogni foglia da calpestare e ogni
Parola da pronunciare.
E ogni cosa, se pur poca cosa,
L’ho amata con ogni forza.
Ma tra tutti i doni che questa Patria poteva offrirmi,
Tu eri l’unico a potermi bastare.

 

 

 

Ante litteram

Ci pensi mai alle domeniche pomeriggio?
Ad un piccione sulle balle di fieno?
O a quel ragno morto
Appallottolato all’angolo della finestra?

Visitavamo solo posti sperduti
Per sentirci liberi io e te
Come quel cinema chiuso dalla mafia
E fallito per povertà.
Quanti film abbiamo girato dentro:
Film muti d’autore che ci facevano un ridere matto.

Eppure non abbiamo mai notato che quelle cose lì
Alla gente mettono malinconia.
Come i ragni morti agli angoli delle finestre
Delle case estive mentre è inverno.

O alla solitudine dei pali elettrici
Delle strade di campagna mai percorse
Nelle domeniche pomeriggio di inverno
E noi ci appoggiavamo a quelli
Per la stanchezza dopo la corsa.

Ripenso spesso a tutte queste cose
Che adesso mettono malinconia anche a me
Come la luce gialla a intermittenza
Di un semaforo spento
Simile alla malinconia di un cane annoiato
Che aspetta torni il mattino.

Che strano modo di divertirci avevamo noi
Quando calava il sole e per noi era natale.

Spesso ti rivedo tra le zolle di terra
Quando mi chino a cogliere un ricordo
Di te che ti chinavi per cogliere un fiore.
Chissà se ci pensi, anche se in fondo
Non me ne farei molto.
Ma io ci penso
E riguardando nella mia mente quei luoghi,
Sapendo di non trovarci
E che non ci vedrò arrivare,
Rivedo quel ragno alla finestra mosso dal vento
Mentre rifletto sul pezzo di uno specchio rotto
Che quel ragno adesso sono io.

 

 

 

Baratro notturno

Ogni notte giungo al baratro
E pur senza pensieri, bussa l’insonnia
A ricordarmi che ho dimenticato
Come ci si addormenta all’improvviso
Come i bambini o i narcolettici: senza accorgermene.

Mentre imparo che non nascerò ancora dentro questo viso,
Capisco che alla fine sono tutto:
La mattonella che calpesti, il piatto che usi ogni giorno
O il fuoco di un minuto
Che usi per scaldare la candela.

Posso farmi umano, dire che sono l’essere dipinto
Tra la cornice dello specchio
Ed essere un passero in volo
Tra le onde di un vento contrario.

Ma quando giungerai al baratro anche tu,
Ripensa ai tuoi peccati
E a quello che hai imparato,
Come i rimorsi che sono crampi nella notte:
Improvvisi e silenziosi.

L’esistenza è breve come un respiro
E pur sapendo che non sarò mai più
Quel che adesso sono
Nelle vite, se ci saranno,
Riporterò come una canzone fissata in testa contro voglia
Ogni cosa che ho imparato, anche se alla fine
Non mi è servita.

Ti dirò allora addio senza respiro,
Ma prima ripenserò che bisogna dire grazie
Dopo ”salute”, le mani vanno entrambe intorno al piatto,
Si sta zitti se parla un adulto…
Non dire ciò che pensi, ma neanche le bugie
Usa pure le posate se pur sono le mie
Non sbattere le porte o cade la vernice
Lava i tuoi panni solo nella tua lavatrice
Forse in silenzio dirò di amarti mentre mi fissi.
E non dare le spalle ai crocifissi.