Poesie
Velo di malinconia
Echeggia il canto funesto
nel volo di un corvo.
Scivolano taciturne
le foglie tra i filari,
una sottile,
opaca coperta
ammanta
alberi silenti.
Un passo fiero avanza
nel sentiero,
un secco colpo si leva
dalla muta vigna,
altri ancora
fragori,
voci concitate.
Dalla finestra il cane
osserva,
la gatta acciambellata
scappa.
Nessun volo
ora,
di farfalle,
di tordi cinguettanti,
solo l’ implacabile silenzio
avvolge
l’intera campagna.
La vittoria dell’uomo
vestito di macchie,
dalla pancia piena,
che imbraccia con fervore,
ancora,
l’arma.
L’ animale ignaro,
braccato
nel bosco,
dal tragico destino.
Venderà le sue membra,
compiaciuto
ne riempirà il sacco,
lo porterà
inerme,
trionfante.
Per casa aleggia
un velo
di malinconia,
la triste consapevolezza
di un’armonia
perduta,
tra uomo e natura.
La festa dell’ Assunta
Di festa si veste,
tutto il paese,
fiori e luminarie per le strade.
In cucina un piatto da scaldare,
mentre in molti
si apprestan lesti,
all’omelia del prete.
Le nonne profumate di colonia,
il vestito fresco ed elegante,
come bimbe raggianti
verso il viale,
i ragazzi in piazza
attendono scherzosi…
Il forte fragore dal primo mattino
sopra le case,
un cannone,
la melodia giunge da lontano
ecco la banda,
mentre la statua in fiori, ornata,
appare.
Ci sono donne e bambini
nella Processione,
appare il sindaco, il sacrestano
insieme dalle scale.
Sale
con affanno
dietro,
la folla la segue.
Un’ altro fragore,
poi la preghiera,
bambini festanti
accorron felici,
tra conigli e canarini,
chiamano trepidanti
le madri.
Attendono tutti
il botto e poi un’altro,
ecco,
appaiono i fuochi tanto attesi,
del fochino del paese.
Il cielo stellato
appare,
archi luccicanti
dalla piazza incorniciata;
nella sera di dell’ Assunta.
Ricordi lontani
Dal vetro della finestra
sentivo
il freddo pungente per le strade,
lo sguardo rivolgevo
alle colline brinate.
Nel Geirato
saliva,
il pastore con il gregge.
La piccola scuola attendeva
l’arrivo di noi scolari,
il ponticello
segnava la via,
mentre nell’aria
il profumo invitante,
di focaccia fumante,
comprata a poche lire,
per una merenda fugace.
Qua e là,
punteggiavano
come bottoni
orti, case, lampioni,
mentre
il gelido vento
increspava,
lenzuola al vento
come vele di un veliero,
per tutta Molassana.
Da San Rocco
annunciava;
il disco a campane
destava,
un risveglio domenicale
dal profumo di frittelle ripiene,
nel cuore di un’ infanzia
spensierata,
mentre l’arrivo di neve
imbiancava.
La primavera seguiva
dal fiorir di amareni
annunciata
dalla rondine;
volava,
tra un mazzo di carte e
il bicchiere di vino,
chiacchere di uomini semplici,
di gran cuore.
La brezza lieve di tramontana
donne sotto la pergola,
sciroppo di rose,
si sorseggiava.
Dal balcone
con gioia, emozione,
insieme ai miei cari
si aspettava,
il falò nel greto
la sera di San Giovanni.
Tanto a me cara,
la mia Geirato.