Ancor prima che’l mattino

Ancor prima che’l mattino, volgesse mira alla dimora umana,
un inquietudine colma di presagi, s’accostò con aria raggira;
spogliando d’ogni cosa un’immatura giovine vita.
Ogni speranza fuì, con se portando la certezza più interiore.
Mia madre.
Ricordo il tempo ,in cui l’ansia le dipinse il volto,
in uno stato di penosa attesa;
ponendo in lei qualcosa di spettrale.
Quel mirar fisso innanzi a sé ,
non prendeva parte allo spettacolo della vita.
Non solo; ma l’espressione quella sua,
parea dir ch’esso era irreale , come se l’esistere
fosse una trappola , satura d’intimità offensiva.
Ed il movimento suo , soltanto non avea quel che d’impacciato,
ma pure l’incuria ; quella di coloro che giunti alla resa;
dalle inimicizie debbono continuamente difendersi.
E nello spronar l’ultimo respiro, prima dell’eterno silenzio,
si liberò dagli affusolati ed incomodi artigli,
riponendo al suo corpo la placida calma;
e nel mio ancor fresco pensiero l’incolmabile vuoto.


Dipendenza

Ma che misera menzogna,
scontrosa cupa, trasparente e malata.
Il corpo, la mente,non obbedisce più alla volontà se non in apparenza;
è un meccanismo guasto,
una macchina dalle ruote arrugginite e dai tubi rotti ;
ch’egli respiri , inghiotta, digerisca, afferri è tutto un inganno.
Il concetto di vita gli fa senso, mucillaggine gonfia di voluttà maligna,
ove il petto non è che un breve recesso tenebroso
con un muscolo sussultante in mezzo,
che poeti sognatori si son sempre sforzati
con ingegnosità di far apparire un vaso di virtù.
Allora il cuore infranto desidera la soluzione finale,
magari l’agonia mortale lenta ed atroce;
non si vede,non si sente nulla più si prova;
non si vuol più combattere, si rinuncia si tace.
Tutto è indifferente.
Perciò la soluzione finale, appare come la pace nella tomba.
Ed il resto come dire, è cosi:
alito sul dorso della mano.


Care memorie

Stanzetta solitaria,ove fiorirono le fantasie;
pareti disadorne, che vi ornaste per me di mille colori scoppiettanti,
agitando cosi misteriosamente quell’umile talento !
Soffitto semplice cui si volgevano i miei sguardi,
e da cui disordinati pensieri e idee precipitose
traevano una disposizione semplice ed ordinata,
simile a quella dei tuoi travicelli!
O finestra dalle imposte opache dal tempo,
che il vento empiva di fischi e la pioggia di perle;
mirabile astuccio entro cui brillavano s’un velluto azzurro i gioielli del cielo!
E tu vecchia libreria, vestita di polvere e animata da tarli sapienti;
tu retaggio dei miei antenati;
che allorquando uno dei tuoi libri,
di quelli che avean servito di nozioni altre menti
veniva prescelto da me , parea ti rallegrassi tutta,
come tutta sembrava t’arcigliassi arcigna,
quando la mia giovine curiosità,
mi portava ad occuparmi di qualche fresco e magari poco edificante romanzetto!
Come sei nel mio ricordo!
Cari vecchi mobili diletti,scricchiolanti di rovina,
operosi ed incitatori,dal sentore acre di vecchiaia,
che contribuiste a creare intorno a me
l’atmosfera romantica piena di poesia e di ricordi che tanto amo!
Stanzetta diletta dove l’opera quella mia si svolse perfida e proficua.
Ambiente piccino, che sapesti dare ai miei orecchi ed ai miei occhi,
il rumore dell’onda e i fulgori della luce, t’ho abbandonato!
Destino delle cose amate a lungo;
tormentosa brama di sopravvivere al vissuto,
e di scavar delle tombe per inondarle di rimpianto!
Ancor oggi ti ripenso, come a un caro vecchio amico
Che prende parte ai trastulli d’un fanciullo
E se ne sente comunicare la vita.
Oggi quel fanciullo è se fatto uomo, cosi dice il tempo;
ed ha una stanza piena di sole ed aria,
ma dalle pareti troppo fresche ancor,
per poterle cementare di ricordi,
troppo gaie per saper le più profonde corde dell’animo umano :
quelle del dolore, e troppo diverse da quell’altre
che formarono la cara ed avvincente nicchia dei miei pensieri.