FESTA SEGRETA NEL GIARDINO

Davanti ad una casa di campagna c’è un grande giardino con tigli, ippocastani, carpini, abeti e tanti cespugli grandi e piccoli che fioriscono ognuno alla sua stagione. Sul terreno si è sviluppato un tappeto di edera bellissimo che ha pure colonizzato alcune piante vecchie , quasi morte, rivestendole come se avessero ancora la loro chioma. Questo tappeto così uniforme ha permesso a molti piccoli animaletti di usarlo come nascondiglio per le loro tane, soprattutto per le famiglie dei topini di campagna. Sono numerose le piccole gallerie che hanno scavato per usarle come casette. Ormai è quasi un villaggio. C’è la tana del comune, dove si decidono le cose utili da fare per il bene di tutta la comunità. C’è la tana della posta, dove, che ha notizie lascia messaggi, e chi non ne ha, apprende le novità e le racconta a casa. C’è anche il supermercato, dove viene depositata qualunque cosa venga trovata, cosicchè le topine che vanno a fare la spesa per la famiglia portano a casa prelibatezze inaspettate. Per esempio: una noce, una nocciola, una bacca della rosa canina, un pezzo di mela caduta dal furgone del fruttivendolo, una buccia di patata per la minestra, un lombrico, una larva ….e così via. Da un po’ di tempo due famiglie del villaggio si frequentano molto spesso, specialmente nei giorni di festa. Fanno merenda sul prato lì vicino, i grandi si perdono in lunghe chiacchierate, mentre i piccoli, stanchi dei giochi e delle corse fatte durante il giorno si addormentano ognuno in un angolino. Ma c’è un topino grandicello, si chiama Tobia, che si è follemente innamorato della topolina Mariolina. Mentre gli altri sono occupati, si lanciano sguardi teneri da lontano. Poi finalmente arriva il momento in cui Tobia trova il coraggio di fare la domanda che già da tempo ha nel cuore:” Mariolina mi vuoi sposare?” – e lei arrossendo fino alle orecchie, tutta felice, risponde di si! I due innamorati danno la bella notizia ai genitori, che a dire il vero, non sono molto sorpresi, e così da amici ora diventeranno anche parenti. In un baleno la notizia fa il giro del villaggio e tutti si offrono per aiutare ad organizzare una bella festa. Alcune amiche di Mariolina, abili filatrici e cucitrici, vanno in giro per il giardino facendo innumerevoli gomitoli di ragnatele per confezionare l’abito da sposa. I ragnetti protestano un po’, ma quando capiscono a cosa serve il loro filo, si offrono di fornirne dell’altro. I topini addetti alle provviste, girano in lungo e in largo per il giardino cercando leccornie per la festa. Vanno nel campo di grano e raccolgono molte spighe gonfie di chicchi dorati, dal campo di erba medica, staccano i dolci fiori rosa e azzurri per il dessert. Raccolgono nocciole, noci, ghiande, i piccoli semi delle erbette del prato. Saccheggiano il pollaio rubando alle galline i chicchi di granturco per fare il popcorn. Raccolgono tanti calici di fiori pieni di nettare dolcissimo e lo portano al fresco nella tana che serve da cantina. Entrano nella casa, con grande pericolo per la loro vita, c’è un grande gatto bianco che fa la guardia, ma i topolini sono molto furbi, mentre dorme, riescono a portare via pane e formaggio senza svegliarlo. Fanno poi un buchino nella rete della dispensa prendendo un pezzetto di burro fresco, un biscotto, tre chicchi di caffè, quattro maccheroni al ragù,due castagne cotte e un bel bignè. Adesso è la volta dell’orto: trovano rapanelli gonfi e rossi, tre o quattro carotine tenere, una patatina,una cipollina, una foglia di verza, un po’ di fresca insalatina e così via. Mentre si svolgono tutte queste attività, Tobia, col padre e i suoi fratelli, preparano una nuova tana, che sarà la casetta degli sposi. Le mamme intanto stanno preparando piatti prelibati e pasticci al forno e hanno un gran da fare. Al tramonto finalmente tutto è pronto per la grande festa. Le lucciole si mettono in posizione, perché quando il sole tramonterà servirà la loro luce. Tutti indossano i loro vestiti più belli. Mariolina col suo abito intessuto di filo di ragnatela lucente è splendida e felice. Dopo la cerimonia molto emozionante e una bella mangiata, i suonatori accordano i loro strumenti e cominciano a suonare. Mentre sorge la luna, le lucciole illuminano la festa, i topolini ballano felici e contenti, dimenticando nell’allegria di una notte il gatto, i rapaci, e tutti gli altri pericoli che minacciano ogni giorno la loro vita. Alla fine della festa stanchi e un po’ brilli si ritirano nelle loro casette, si addormentano soddisfatti per la bella giornata trascorsa. E noi che passando in macchina o a piedi guardiamo distrattamente un prato o un giardino notiamo le cose più evidenti e non immaginiamo neppure lontanamente le piccole storie che si nascondono e si svolgono in mezzo alla natura.


 BRUNELLO IL GALLO BELLO

 

In una fattoria c’era un grande pollaio e la massaia andava orgogliosa dei suoi animali, perché crescevano felici e in buona salute.
C’erano le chiocce con una moltitudine di pulcini, bianchi, neri, rossicci, che oltre a beccare come insegnavano loro le mamme,correvano tutto il giorno inseguendo le mosche di passaggio anche se di rado riuscivano a catturarne qualcuna. La sera stanchi si rifugiavano sotto le ali delle chiocce, al caldo e al sicuro.
Poi c’erano le galline addette alla deposizione delle uova, e dovevano impegnarsi, perché la fattoria era abitata da una famiglia numerosa e di uova ce ne volevano tante.
Anche le galline faraone abitavano nel pollaio, instancabili chiacchierone e capaci di volare, a loro erano state spuntate le penne delle ali, perché non se ne andassero dal recinto.
Per fare il capo del pollaio, la massaia aveva cresciuto un bel gallo, l’aveva chiamato Brunello per via delle penne scure che aveva in mezzo alla coda.
Era alto, robusto e imponente, aveva una voce squillante, la cresta ben dritta sulla testa, di un bel colore rosso acceso come i bargigli sotto la gola, le piume avevano sfumature di diverso colore, dal nero al marrone al rossiccio, una bella coda folta e lunga. Camminava per il pollaio impettito, altezzoso e cercava di mettersi in mostra in ogni modo, e quando si accorgeva che nessuno lo guardava, cominciava a cantare per attirare l’attenzione. Era convinto che non ci fosse nessuno più bello di lui. All’alba invece di annunciare la nascita del giorno come tutti i galli normali che ci sono a questo mondo, lui correva all’abbeveratoio per specchiarsi e controllare che tutte le sue piume fossero al loro posto lucide e lisciate a dovere, poi finalmente si ricordava che doveva cantare, ma l’alba ormai era passata e il sole era già alto nel cielo.
Le galline ormai erano annoiate dalla sua smodata vanità, ma non potevano fare altro che accettarlo così com’era, si sa che nel pollaio chi comanda è il gallo!!
Un giorno però arrivò nel cortile un furgoncino dal quale scaricarono una gabbia stretta e lunga: la massaia aveva comprato una coppia di pavoni.
Li mise nel pollaio piccolo, da soli, per dar modo agli altri animali di abituarsi a loro.
Brunello si avvicinò alla rete che divideva i due pollai per osservare da vicino i nuovi arrivati.
Guardò preoccupato il colore sgargiante della piume del pavone, che erano di un bel colore blù e verde intenso, poi vide una coda lunga, ma era rivolta a terra e non alta come la sua, quindi si tranquillizzò.
Il pavone vedendolo andare avanti e indietro vicino alla rete, fu preso da grande gelosia, pensando che volesse conquistare la sua pavoncella, così si arrabbiò moltissimo e rispose a quella che lui credeva fosse una sfida, alzando la coda e aprendola a ventaglio. Era stupenda, coi colori brillanti, che cambiavano sfumatura a seconda di come lui si muoveva, e la ruota era perfetta.
A quella vista Brunello rimase senza fiato, la sua cresta impallidì e lui quasi svenne.
La sua vanità e il suo amor proprio avevano subito un brutto colpo. La realtà lo colpì e all’improvviso lui capì di non essere poi un granchè. Era carino nel suo genere ma non poteva reggere il confronto col pavone perché indubbiamente era molto più bello di lui.
Da quel giorno smise di fare il vanitoso, prese un po’ più sul serio il suo mestiere di gallo, all’alba non dimenticava più di cantare, lo faceva con gran vigore e la sua voce si sentiva da lontano.
Anche le galline erano più contente finalmente avevano un capo del pollaio sul quale poter fare affidamento.


 

 I VAGABONDI DELLA FATTORIA

In una grande fattoria vivevano molti animali. C’era una stalla piena di mucche che producevano molto latte. Gran parte veniva portato al caseificio dove facevano il burro e il formaggio, il resto serviva per le necessità della famiglia.
Nell’ovile conviveva un piccolo gregge di pecore e un piccolo gruppetto di capre. Le pecore davano una bella lana bianca e soffice, le capre il latte usato per fare il formaggio pecorino.
Nel recinto fatto con robusti pali di legno, trotterellavano alcuni cavalli e qualche asinello. Servivano per tirare i carretti o per fare qualche galoppata.
Più lontano c’era il porcile con mamma Suina e tanti piccoli porcellini tutti rosa e grassottelli.
In un’altra zona lì attorno avevano costruito un bel pollaio dove le galline potevano fare le uova e covare in grandi ceste di vimini foderate di paglia, che la massaia cambiava spesso perché stessero più comode. Nel pollaio vivevano anche le faraone, e i tacchini alteri, impettiti e dal brutto carattere. Li vicino erano posizionate le gabbie dei conigli, per salvarli dalle volpi.
Dietro la stalla c’era un laghetto nel quale si abbeveravano gli animali del cortile e il gregge.
Nelle sue calme acque nuotavano le anatre che in primavera, con orgoglio, portavano in giro file di anatroccoli tondi e gialli. Naturalmente in un posto così c’erano vari tipi di alimenti per soddisfare tutte le varietà di abitanti della fattoria: farine, granaglie, foraggi, e qualcuno ne approfittava: cioè i topi. Ratti e piccoli topini di campagna con l’abbondanza di cibo, si moltiplicavano velocemente, e chi poteva tenere tutto questo sotto controllo? Una grande famiglia di gatti!!
Infine ci voleva qualcuno che si prendesse l’impegno di fare la guardia a tutto ciò ed era un grosso cane che si chiamava Astro. Quel nome gli era stato dato perché aveva l’abitudine di notte di abbaiare alla luna. Stava sempre attento e appena sentiva un rumore insolito, abbaiava furiosamente col suo grosso vocione, mettendo in fuga volpi e faine che gironzolavano attorno al pollaio per arraffare qualche gallina.
La vita scorreva tranquilla e sicura, il cibo era abbondante e ogni animale aveva il suo rifugio.
Un giorno su una panchina del giardino, si ritrovarono per scaldarsi al sole, un gattino di nome Tigro e un paperotto di nome Poldino. Ancora piccoli erano nel periodo delle scoperte e la loro curiosità era insaziabile. Stettero un po’ a studiarsi, perché anche se si vedevano in giro per il cortile tutti i giorni, non si erano mai scambiati una parola. Dopo un po’ si fecero coraggio e cercarono di comunicare. Scoprirono subito che l’ostacolo più grosso era la lingua, ma a forza di mossettine, ammiccamenti, e strizzatine d’occhi, in qualche modo riuscirono a capirsi.
Si resero conto che tutti e due coltivavano lo stesso sogno’’ vagabondare per scoprire le meraviglie del mondo, e, siccome ne avevano sentito parlare, volevano vedere com’era fatto il mare.’’
Si misero d’accordo, e senta tanti ragionamenti e ripensamenti, il mattino seguente, dopo aver fatto un’abbondante colazione, partirono. Però non sapevano che direzione prendere, Tigro diceva di là, Poldino diceva di qua, allora fecero a pari e dispari e siccome vinse Tigro andarono di là.
La fattoria era grande e sebbene camminassero già da tempo, la intravedevano ancora da lontano.
Venne la sera, ma dato che c’era una bella luna luminosa pensarono di continuare a camminare, ma si accorsero di essere stanchi e affamati, non avevano pensato di portarsi dietro niente da mangiare, così non potevano fare altro che digiunare, era però necessario trovare un rifugio per la notte, per sfuggire ai predatori. Si guardarono attorno, videro una mezza botte capovolta, vi si rifugiarono sotto, e stremati si addormentarono di botto.
All’alba un raggio di sole li svegliò, la fame era aumentata, in giro non c’era niente che potesse andar bene per un paperotto abituato a mangiare il pastone che portava la massaia, il gattino era troppo piccolo per dare la caccia ai topi, e poi non c’era la ciotola col latte appena munto fuori dalla porta della stalla. Il tempo passava, lo stomaco brontolava, allora si scambiarono un’occhiata, e senza bisogno di parlare si capirono al volo. Insieme presero la strada verso casa e stupiti si resero conto che per tutto il giorno precedente, non avevano fatto altro che girare in tondo attorno alla fattoria. Nessuno li aveva cercati, le loro mamme li vedevano camminare nei campi e pensarono che fossero andati a fare una passeggiata.
Arrivati nell’aia, contenti di essere tornati, si salutarono e si avviarono ognuno verso la propria famiglia. Finalmente trovarono da mangiare e da bere, sazi si addormentarono come sassi.
I fratellini fecero domande ma loro nel rispondere stettero nel vago, non volevano essere derisi, perciò non parlarono della mancata avventura. Ripresero la vita di sempre, consapevoli che niente e nessun posto poteva essere migliore e più sicuro della propria casa e della propria famiglia.
Il mondo l’avrebbero girato da grandi, se ne avessero avuto voglia, e il mare poi, ne avevano solo sentito parlare, chissà se esisteva davvero. In ogni caso nella fattoria, così grande, di sicuro c’erano milioni di cose ancora da scoprire che avrebbero potuto soddisfare la loro insaziabile curiosità.