Ambra

Bellissima.

 

Ancor’ ora mi coglie

cagna in preda a lunghi spasmi

quest’alba sorda. Bigia come miasmi

appiccicati su lenzuola sudate

mi sale dalle alte vetrate

di questa palazzina spoglia

e latra soave di veglie dannate.

 

Stendo. Rinuncio alla rima.

E con la santa carta magnetica

disegno le fila della mia botta.

Brucia, di fretta in rovina

dalle nari.. e la mia fronte scotta.

 

Ecco la bella carne

m’ossessiona di brama mordente

trema l’occhio e la mano possente

si perde, cerca il nervo in tensione

situazione visiva, suggestione, allarme

 

La notte ci segue, tienimi forte

mia complice starlette piena di bocca

mia musa incantata, argentea e nuda

nelle tue luci ove fame si culla

di uomini e di odori, seno e pelle

di tua geniale grazia, e di nulla.

 

Modena, aprile 2010


Io sono                                                            

Io sono negli occhi vuoti

arsi dal vento di mille anni

dei silenti dèmoni antropomorfi

scolpiti nell’arenaria d’una pieve

dell’anno mille, non senza l’orrore

di tanti trascorsi di sangue

 

raschio le croste sull’asfalto

su cui è gettato il sangue nuovo

dolce dolore metropolitano

di cui mi nutro leccandomi le dita

 

compro amore, amore vendo

in cambio di un pugno di fresco

sotto le stelle spietate di un inverno

o di umida sabbia, sui lidi di Romagna

 

ascolto i clamori delle vite

come un ratto, nei loro appartamenti

rumori di posate, cessi e cantine

sui cui cardini ascosi cigolano

le parole

 

Sbucando sui tetti sento in faccia

un freddo gelido che sa di carbone

e come una prostituta indoma, aspetto il turno.

Uno stormo d’onde radio

migra nel cielo, a mezzogiorno.


Zona industriale

Stravecchia questa sera

e buia, senza odore

l’asfalto così fradicio ferito dalle scie

dei lunghi lentissimi autocarri in coda.

Rilucono le insegne prossime e lontane

salutano sottile questa pioggia polverosa.

 

Quando non ci sei

 

decede pian piano l’immagine di tutto

la musica del mondo mortifica morendo

scende il colore al grigio sbiadendo senza onore

fra le industrie scompare l’anima assente

nel rumore di un montacarichi in manovra.

 

Amore dove sei: altro non so dire

parola che si perde fra spirali di fumo

ingiallisce sulle dita e si sgretola pian piano

m’incanta e mi brucia il mozzicone stretto forte

 

quand’ecco, sotto il portico d’appresso alla pesa

un ragazzo e una ragazza si stringono abbracciati

si baciano congiunti come ponti di corda

e come un fiore d’inverno alla radura nevosa

si rivela, ecco un raggio dell’eterno

come un canto d’una madre indaffarata

che scioglie un poco il freddo e mi disgela.

 

 

Sassuolo, ottobre 2007