Prima del treno
Ti sei conficcato nel mio viaggio
al punto in cui si scambiano i binari.
Nello stridore del ferro sotto il sole
scintilla sei, che acceca i viaggiatori.
E, nella stella di fuoco in cui ti effondi,
rimescoli la pasta dei pensieri,
fatta con la farina delle ore
e l’acqua della notte, che nascondi.
Resto a guardare dal finestrino del cuore
il caos dei treni senza direzione.
Non oso salire.
Ma nemmeno posso starne fuori.
Eden
Resti enigma di questi anni di mezzo.
Creatura sospesa tra corpo e simbolo,
l’incanto che ci ha arpionati non vuole parole
di spiegazioni, o di commiato.
Lascio alla notte
l’onore del ricordo, rappreso
in immagini sui muri.
Tra ficus, luna e ragnatele.
Tu porti l’eternità in un’ora.
Che sa di mela e mosto.
E io non muoverò nemmeno un fiato,
contro questo mistero
di lontananza piena.
Mi fai uno strano effetto,
come di cornamusa
che impazza tra le nuvole d’agosto.
Animus
Desideravo sognarti fatto di artigli e soffici sguardi,
sensibilissimo e tagliente ti dilatavi nell’immaginario,
dondolando mente e sensi gonfi della tua assenza.
Piegavo ciglia al tempo minuzioso che mi espandeva,
planando, nel tuo ampio sguardo futuro,
con inquietudini alate di viandante.
Sfilando tra polvere e saline
ho contagiato pietre, cifre
e stelle fossili,
del mio passaggio.
Per offrirmi vestita di rimandi e spiegazioni di me.
Ambivo trascinarti in labirintiche teorie astratte,
pericolosi e umidi cunicoli del sè
dove mi avresti seguito, impavido, guidandomi.
Mentre apprendevo di te nel mio delirio.
E, dal frusciare degli atomi ad oriente,
come cresceva la tua perla intorno al vuoto.
Ho alzato templi maestosi e palpitanti
alla coscienza tua di esistere.
Carichi di ceri profumati d’oro
e fiori di domani e noi.
Poi sempre edificavo intorno cimiteri.
Per custodire, in pace, i sogni morti e riporre con amore
tutte le possibili ragioni della mia allegra, disperata, follia.
Credevo fossi destinato a rimanere
giocattolo prezioso e incandescente
dentro di me, come un abile segreto,
filo di lana rossa del deserto.
O come un quadro che nessuno osa vedere,
abbozzo dalle forme atroci di bellezza,
trafitto di spirali mutevoli ed eterne.
Anche prima di te ti ho interrogato,
sperando di poter guardare, dagli occhi che ti diedi,
un altro mondo, l’origine, il mistero e me.
Frutto di carne della fantasia, mi hai sanguinato nelle vene il desiderio
di essere io il tuo sogno all’orizzonte,
così ti ho aspettato vivendo.