Non dirò una parola

Sopravviverò alle tempeste dei tempi,
alle separazioni improvvise e crudeli,
ai concerti di caos e a quelli di silenzio.
Quando ci sarà più nero che bianco,
negli occhi, spaventati,
e anche quando le mani tremeranno
al suono stridente
dei fatti, inevitabili,
anche allora sopravviverò.
Non dirò una parola:
conchiglia, sasso, sfinge.
Starò ad aspettare
avrò il coraggio di imprigionare
i selvaggi tormenti in un pensiero d’amore
che culli il dolore
e l’attesa infinita
e la mancanza di senso
e lo stordimento interiore.
Vivrò i continui scenari di guerra
per sopravvivere.
Sopravviverò ai ripetuti eventi insoluti
per vivere:
pianta, fiore, frutto.

Elisabetta Pamela Petrolati


 

Se riconosci un bagliore

Non ti chiederò di chiamarmi,
non ti chiederò di pensarmi,
non ti chiederò di amarmi.
Non farò niente
per rallentare i tuoi passi.
Non cambierò la tua direzione
o il tuo libero andare.
Ma se, all’improvviso,
tu vedessi qualcosa di te
muoversi in me;
se tu percepissi la normalità
di un gesto mio come fosse il tuo;
se ti accorgessi di riconoscere
un mio pensiero
senza che io abbia parlato;
se riconoscessi un bagliore in me
visibile solo a te,
allora non voltare le spalle,
non avere timore.
Allora fermami tra la folla,
urla il mio nome,
afferra i miei anni dai miei fianchi.
Allora fermami tra le paure,
cancella le cose scontate
afferra i miei pensieri dai miei capelli.
Non aver timore,
non voltare lo sguardo,
tutto può andare così tristemente perduto,
con distrazione, così, tristemente, in un minuto.
Ferma il gesto, il pensiero, il bagliore:
fanne un capolavoro nel tuo cuore.

Elisabetta Pamela Petrolati


Un vento strano

C’è un vento strano, oggi.
Non lo capisco,
insolito e straniero
sorprende, sparisce, poi,
ecco, ritorna, improvviso
e con forza sospinge.
Prima non c’era
e a un tratto è comparso:
forse era nascosto, serrato,
in un antico forziere
che qualcuno ha aperto per
animare con l’ aria vivace
il triste e grigio selciato, annoiato
dai distratti e chiusi passanti.
O forse per creare infiniti mulinelli,
attorno alle cose
attorno alla gente,
per insegnare il gioco
di tenersi i cappotti, le giacche,
i capelli da un improvviso e
invisibile cavaliere
che disegna finte battaglie
serie, ma solo per poco.
Questo vento non lo capisco:
strappa, rapisce, ferisce
poi, d’un colpo,
come vago, distratto, insolito mago
furiosamente restituisce.
E mi lascia, lui straniero,
l’evocato incontro
con qualcuno che possiede,
e poi dispensa,
le infinite cose
che gli ha raccontato il mondo.

Elisabetta Pamela Petrolati