Intesa

 

Comincia nel bel mezzo del racconto,

entra in scena senza presentarsi,

e prima che, tu te ne renda conto,

ti mostri nudo, al suo rivelarsi.

Fluisce, fluida fino in fondo,

spontanea, senza meccanismi,

è il sorriso di un bambino al girotondo,

estranea a pretese ed egoismi.

Non ruba tempo ai cuori frettolosi,

che affini afferran subito l’essenza,

al ritmo dei quesiti dei curiosi,

avanza senza timore di invadenza.

Come per l’immagine il riflesso,

per il morso il gradevole sapore,

è lo specchio negli altri di te stesso,

al mattino del tuo giorno migliore.


 

Mattonimia

 

Mi chiamano matto,

ma non ne colgo il perché;

a volte mi agito distratto, lo ammatto,

ma nessuno scorge pace nel mio calumet.

Grido nella piazza, ma per la mia piazzìa,

nessuno risponde, ma è normale, non sanno il mattese.

A volte sono corto maltese in tasche bucate,

ma non da me, per cui, non mi accusate.

Le persone creano sempre condizioni al contorno,

ma per primo, e poi il matto sarei io?!

Gestisco un piccolo ingranaggio tutto mio,

e nessuno sa come funziona veramente,

e oggi trovare una lente

per guardare meglio è difficile,

con tutta quella gente che corre.

Quando mi sfuggono frasi nette salto in basso,

ma per non sbatter la testa sulle congiunzioni astrali.

Vedo ali tarpate dal suono del non puoi,

bici che non tolgon mai le rotelle,

amici che rendon complicate cose belle,

felici che accettano di non poterlo essere.

Non giro più per le strade a domandare,

tanto nessuno è capace di ascoltare,

qualcosa in me non quadra in questo mondo,

raschio il fondo della tazza in questo quadro,

ma non trovo nulla, e a mani vuote,

raccolgo pugni d’aria e di scatto abbandono la riva,

ma non curatevi della mia prospettiva, si sa, io sono matto.


 

Il nostro castello

 

Chi ha bagnato la sabbia

così lontano dal mare,

chi ha spento la rabbia

che voleva scavare,

chi ha portato le forme

nella sacca già piena,

chi traccia le orme,

chi si volta di schiena;

una barca rientrava sconfitta,

rete vuota, battuta di pesca,

tratta in inganno dall’esca di un bagliore futuro,

barattava presente nel suo porto sicuro.

Chi ha gettato la base,

chi ha spianato la riva,

chi ha colto le ragioni

che alimentano una fiaccola viva;

chi ha mosso il primo passo

chi ha mostrato coraggio,

chi aspetta solo il contrappasso

della scia dei suoi errori.

Camminiamo insieme su una sola traccia,

il secchiello pieno di granelli di noi,

prede di pregio ,battuta di caccia,

trasformiamo l’ora nel timone del poi.

Rovesciando la sabbia,

su un sentiero tessuto,

coperta di lana dirada la rabbia,

indumento di vero vissuto.

E ora finite le forme,

al riparo dal mare e dal bosco,

un vento muove granelli già noti,

vicini nel letto, nel solito posto,

non vedo un merletto, né un raro gioiello,

“di cosa gioite voi poveri illusi?”

lasciateci in pace, perché da un granello,

abbiam costruito il nostro castello.