Inverno
Fragili,
diafani colori
porta Inverno a noi
in attesa d’incerti avvenimenti,
ma il calore della vicina Rinascita
calma la paura,
demolendo la ruvida Notte,
vividi colori di nastri rosa
avvolgendo il Domani
portano a noi radioso, gaio
il Giorno senza fine.
dalla raccolta “Le stagioni dei sensi”
Occhi verdi
Molli i sensi
arrendevole ti chiamo,
i tuoi occhi
rispondono, immensi.
Luce vinta
dal buio intorno,
solo i tuoi occhi
brillano, chiari.
Tristi
indifferenti
cupi
metallici
i tuoi occhi
verdi di bosco d’estate
gelidi come lama
scrutano l’anima mia
e giudicano
e ammirano
ma senza fiamma
senza ristoro per me.
Magnifica opera
plasmata da impietosa natura
che omise ardore
tanto desiderato e sofferto,
speranza perduta d’amore.
Francesca Calderoni, dalla raccolta “Note d’amore”
Quando una sera
Quando una sera
varcherò il mio limite,
finalmente verrò da te.
Ti porterò in dono
le mie antiche paure,
i segreti che non oso dire.
Canteranno le allodole
nel giardino dei lillà,
tu sarai in attesa.
Toglierai dalle mie spalle
il greve fardello,
io entrerò nella tua casa.
Calde e accoglienti
le tue braccia,
le mie lacrime sul tappeto.
Si acquieteranno le allodole
nel giardino dei lillà,
e finalmente potrò dormire.
Francesca Calderoni, dalla raccolta: “Note d’amore”
Nuovo Eden
Vieni, uomo,
incontaminata semenza,
noi fonderemo insieme
un nuovo universo.
Io priva di abiti e monili
tu inconsapevole
di millenarie civiltà,
madri di orridi mostri.
Noi scaleremo con rabbia
la montagna più alta,
apriremo varchi tra ostili rovi
e giungeremo nudi sulla vetta.
Finalmente il puro cielo
i corpi laceri
le mani vuote, di tutto.
Lassù, sulla nuda terra,
spazzata da venti di cristallo,
adageremo i nostri corpi stanchi
lavati da fredda rugiada.
Un fiume di tiepido latte
riscalderà il mio gelo,
riceverò l’essenza immortale
e il mio tempio la conserverà.
Partorirò sulla roccia un dio
povero, innocente
come luce di luna
ma forte, invincibile.
Egli sanerà ogni piaga
dell’umana vita,
riaprirà i solchi sepolti
con aratri di fuoco.
Dividerà le messi
con chiara giustizia,
colpirà la mala bestia
con spada lucente.
Schiaccerà i vermi
per farne concime,
rigenerante di nuova terra,
foriera di nuova vita.
Egli cancellerà, alla fine,
anche l’ultima infamia
e, prima di generare,
ne distruggerà anche il seme.
Oh, chiaro e possente dio!
Incorruttibile primogenito
della stirpe dei giusti,
invalicabile confine del bene.
I figli suoi intangibili
da nauseanti inferni
abiteranno il nuovo Eden,
perfetto,
non nascosto
al di là d’improbabili cieli.
Francesca Calderoni, dalla raccolta “Le stagioni dei sensi”
Agosto a Pavia
Quando, in agosto,
la smania delle vacanze
svuota la città
vado girovagando nel suo cuore.
Le antiche vie del centro
deserte
mi si offrono silenziose.
I portoni semichiusi
e le alte finestre
di eleganti palazzi
sfumano la modernità.
Nella piazza delle Torri
un bel signore
vestito di amaranto broccato
conduce una bianca fanciulla,
i corvini capelli
intrecciati di perle.
Una nera figura
mi sfiora
bisbigliando preghiere.
Un solenne maestro,
seguito da ossequiosi discepoli,
attraversa il Largo del Lazzaretto
discorrendo, intanto,
nella dolce lingua di Ovidio.
Il suono di campanella tintinnante
mi attrae,
una lercia figura
vestita di saio a brandelli
s’avvicina
trascinando monconi di piedi
fasciati da luride bende.
“Io sono Miseria dei poveri
che, di là dal ceruleo fiume,
sputano sangue in miseri tuguri
affollati di figli,
sognando dolce Speranza
del vicino riscatto”.
Ma non c’è stato riscatto.
La modernità riappare,
più soffocante.
La realtà di una nuova,
più avvilente miseria
riemerge, corrotta,
al di là dal ceruleo fiume.
Francesca Calderoni, dalla raccolta “Le stagioni dei sensi”
Zaffiro blu
Eterno multiverso concavo
di galassie e stelle
che ruotano indifferenti
nella vastità infinita
dell’immenso oscuro.
Laggiù, un imperioso astro
avvolge caldere fumanti,
dovunque sparse marmoree rovine
dell’umano orgoglio
percosso, annientato.
Silenzio.
Ora morte sovrana aleggia
su aride terre e incenerite forme
da corrotta presunzione
di un’orrenda razza!
Frullar d’ali e stormir di fronde
verdeggianti distese e biondi campi
bianche nuvole e azzurre trasparenze
soavi armonie e chiare bellezze,
qual dolce ricordo!
Scintillante zaffiro blu
luce d’incanto svanita,
come sterile sasso ora vaghi
nella vastità infinta
dell’immenso oscuro.
Francesca Calderoni, dalla raccolta “Le stagioni dei sensi”
Poesia
Calliope,
eterna diva
musa tiranna
con agili dita
mi sfiori il cuore
quando m’induci
struggenti memorie
rimpiante passioni
liete esultanze
indicibili dolori
che mi son cari compagni
fin che le stille
non diverranno versi.
Francesca Calderoni, dalla raccolta “Le stagioni dei sensi”