Cosparso grafico
Dissolto in liquido di calamaio
Ammasso cartaceo
Intriso d’ inchiostri
Parole melmose
Sguardi d’ ombra
Flusso insabbiato
Effetto latente
Cigno d’ oro atomico
Incedi leggero
In superfici pesanti
Come occhio di condannato
Il corso è non mi avrete


Raggio, liquido assassino
Un fuoco divino
Spine di brina
Lapislazzuli come vasi sanguinei
Su di un tappeto
Vomito rappreso
Di bianco bavoso
Come cielo cirrotico
Lacrime di disgusto
Cadono, volanti arcinemici
Dell’ oclocratico
Qualcosa cerchiamo
In cima, nel fondo
Quando poi, cani ipocriti
In fondo bellezza
In cima assassinio


Flessuoso andirivieni
Come muovi, svelto con leggerezza
Il succoso elemento agrodolce
Arance e miele
Ananas e nettare
Ora ho visto il libro su petali di giada
Come mai sentito parlare dello smeraldo
Che sfugge dai tuoi occhi di stupore
Da pietre incastonate su oceani di meraviglia?
Tutto può accadere
Nulla vuol accadere
Interpretazione desueta di crisalide
Miga sa il suo passo seguente
Si gode il suo stato embrionale
La sua presenza in vita
Non curare le cose future
Per essere una stella
Non puoi stare a pensare
Che un giorno sarai un buco nero
Come… non preoccuparti e nutriti d’ energia


Una volta, un’era passata
camminando pensoso per i viali delle umane città
riscaldato da piacevoli raggi solari
in compagnia di una lieve brezza solitaria anch’essa
mi si presentò un evento illuminante ma al tempo stesso atterrente
troncava con netto taglio indelebile
le vane aspettative che si hanno nella stirpe umana
Ciò che apparve dinanzi al mio smarrito occhio lo riporto con amarezza
in quanto fu la definitiva conferma della iattanza umana
Malgrado ciò sono irrilevanti le conseguenze
solamente gli stolidi si vanno a preoccupare delle cose future
Dopo questo divulgativo preambolo
sento la necessità di consumare ciò che ho vissuto
quello che sperimentai fu l’allegorica rappresentazione del deserto parlante
Si, proprio mentre assorto
peregrinavo per le lastricate vie
attorniato da centinaia di persone
tutto divenne, tutto si mutò in deserto
uno sterminato deserto eloquente che mi chiese con indicibile naturalezza
cosa vedevo nel suo estrinsecarsi dinanzi al mio volto
La risposta sopraggiunse celermente
era palese in ciò che scorgevo intorno alla mia anima sofferente
Lui sentiva, capiva il mio pensare
non ci fu bisogno d’usar parole
tutto era latteo immacolato etereo
Come destandosi da un sogno
mi ritrovai di nuovo nel mezzo della bugiarda esistenza quotidiana
Stanco mi andai a nutrire


Trastullandomi con l’incorrere dei pensieri
giunse come ondata stravolgente
la colorita visione d’un cherubinico vascello di sopraffine sensazioni
Per lo più uditive
I suoni, aldilà della loro origine
si concretizzarono in eventi visivi nitidi ed affascinanti
Il rombo del muletto divenne il gioco di scherma
di due innocenti paladini di un’era atemporale
L’accatastarsi dei pezzetti di legna si mutò nel potenziamento di tono muscolare
dell’essere che lo stava producendo ad intervalli irregolari
una volta un colpetto, una volta due, un’altra tre
ed un’altra, come in diversa dimensione, i colpetti scomparivano
divenendo la proboscide innalzata di un camaleonte innevato da suadente calore
Il battito d’ali d’un uccello diramava il suo corso nel cielo di mezzogiorno,
ammaliante come la contemplazione di divino concerto,
disegnava nell’etere le voci del suo cuore puro e selvaggio
squilli di violini magici si poterono udire
la festa gioiosa dell’animo suo si diffuse fin nel terreno
irradiata da un incandescente sole stellare elementare dilettevole
O tangibile suono! O fremitante suono! O danzante suono!
Con fare impeccabile elargisci il tuo delizioso corpo agli argonauti del mondo


C’era un taglio provocato da un insetto nella zampa enorme di un elefante
L’elefante enorme era infuriato
gli occhi scarlatti, le zanne assetate di scalpi
la proboscide minacciosa sfumata nei colori neri
le orecchie spalancate con intricato intreccio di vene in rilievo diabolico
Un possente suono si sprigionava dalle sue fauci
un barrito mai provocato da nessun elefante
pregno di voracità, di una voracità non animalesca
più che mai demoniaca atterrente spasmodica
S’impennava come fosse stato un cavallo alato
i suoi arti scalciavano come dilaniati da acuminati rasoi
Forse quell’ignobile insetto così piccolo scialbo era la causa del frenetico delirio
lo squallido insetto stava ammorbando un essere di così tal forza e bellezza
si stava inoculando in lui per infestarlo con il suo fetido ciarpame
Successione atemporale e aspaziale di sogni d’un elefante addormentato