LA QUIETE MENTALE

Nella mia dimensione di esistenza spirituale ti posso assicurare – caro papà – che quì non esistono conflitti, guerre, collera, rancore o altre emozioni paragonabili a quelle che percepite sulla terra attraverso i normali organi di senso, ma  è tutta luce;  luce illuminante, luce pervadente, luce generatrice;  è luce universale, beatitudine.

Tu, padre mio,  potrai vedere la tua luce interiore – anche sulla terra – solo se riuscirai a mettere in atto quanto Io in sogno  ti sussurro.

Il più importante consiglio è quello di staccarti dal passato; quel passato che ti affligge e che ti crea molto dolore. Anche gli psicologi occidentali affermano che il dolore delle volte è benefico in quanto è motivo di resurrezione e tu attraverso gli sforzi che stai facendo sicuramente vedrai la luce e darai pace alla tua mente.


L’IMMORTALITA’

“Caro genitore, ricordi che ti dicevo sempre sin da bambino, IO sono immortale? Era proprio questo quello che ti volevo comunicare ma tu mi sorridevi sempre con quel sorriso di compiacimento che sembrava volesse dirmi: “sono felice che lo pensi”.

Ora però puoi capire ciò che allora non capivi e quanto era vera la mia verità. L’immortalità, caro papà era riferita all’immortalità dell’anima perché Io avevo intuito che essa è sempre esistita e non morirà quando il corpo si dissolve.


 IL DUBBIO

Caro Paolo,  tutti questi insegnamenti che mi dai in sogno, generano in me sempre più dubbi nel capire  ciò che è giusto o sbagliato nel mio comportamento terreno. Il dubbio più grosso è quello di capire il concetto dell’immortalità, quell’immortalità che Tu dici di aver sempre conosciuto e di cui ora, dalla Tua dimensione mi comunichi l’esistenza.

Tu caro figlio hai sempre saputo che io sono stato “empirico”, quindi per me è stato molto difficile credere nel concetto d’immortalità come me lo prospettavi.

Ora, dall’alto dei Tuoi insegnamenti mi lascerò guidare dalla luce che emani in questo arduo cammino.


IL DOLORE IMPOSSIBILE

Il  dolore impossibile (come la perdita di un figlio ecc.) è una indicibile sofferenza.

E’ una emozione fortissima come un forte pugno conficcato allo stomaco.

Anche la tortura, ancora applicata, è una pratica inumana con lo scopo di produrre un dolore, impossibile da sopportare o gestire.

La stessa malattia produce picchi di dolore impossibile, qui come antidoto c’e’ l’anestesia e gli antidolorifici.

L’uomo che né soffre viene spogliato della sua essenza spersonalizzandolo.

Il dolore impossibile che devasta l’anima, invece, può essere controllato solamente praticando la meditazione unita al controllo del respiro; la meditazione agisce su più piani: fisico, emozionale e psicologico riversando i benefici sulla salute, dolore compreso.

Alla fine con la pratica costante della meditazione si può sublimare il dolore in amore, l’energia cellulare è la stessa, bisogna canalizzarla e trascenderla.


 L’AMORE

 Ci vuole una vita intera per spiegare l’amore.

Se non ci fossimo conosciuti, mi mancheresti.

L’amore è profumo di pioggia, di neve, di vento. Amore è tutto ciò che si muove e vive.

Amore è anche perdersi nel bosco e ritrovare la via.

Per quella strada, comunque vada io ci sarò sempre.

Tutto passa, tutto è impermanente, spero di ritrovarti li dove sei sempre stato e li stai tranquillo che ci sarò anch’io.

Non so spiegare di come e cosa è fatta l’anima, però sono sicuro che le nostre anime sono  fatte come due gocce d’acqua.

Il superfluo è visibile, l’essenza del superfluo è invisibile agli occhi ma è visibile al cuore.


L’AMICO PETTIROSSO

Da circa tre mesi  cammino bisettimanalmente sul sentiero Rilke e sin dal primo giorno ho incontrato un pettirosso che cinguettava su di un cespuglio. Mi sono fermato,  l’ho chiamato con i versi che si fanno agli uccellini e nel frattempo le ho sfarinato sul muretto adiacente un pezzo di pane raffermo. E’ venuto subito a becchettare il “ farinato”  a circa 20 cm da me, senza aver paura. Quando il cibo era finito è ritornato sul cespuglio. Alle passeggiate  successive, mi fermavo vicino al solito cespuglio, lo chiamavo ed in un attimo appariva. Questa volta ero stato previdente portando con me un sacchetto di pane grattugiato, ed ogni  volta grande scorpacciata. So che a primavera ritornerà da dove è venuto per costruire il nido, mi mancherà 22.2.2018

 


RITROVARSI

 Incontri col passato, coi ricordi, con se stessi. Incontri con persone non più viste o non più avvicinate da decenni e decenni, e che ora inopinatamente, si ricercano….perché? Per ritrovarsi insieme a te nella fanciullezza, nella giovinezza; per dare voce ai comuni ricordi, finora muti; per richiamare affettivamente in vita chi non è più. Accade che, col trascorrere degli anni, restringendosi la prospettiva dell’avvenire, di un avvenire privo di deduzione, l’anima si volge agli ampi spazi del passato e uscita dal mondo estraneo che lo circonda, in quelli si trova ciò che veramente gli appartiene. Un’appartenenza reale ma non più, ormai, definita, e pertanto integrata e colorita dalla fantasia; discontinua, frammentaria, come se un fascio di luce si proiettasse saltuariamente qua e là, isolando di fronte alla memoria cose e persone, senza uno svolgimento coerente di rapporti. Non progressione cronologica dunque, nessun legame narrativo; ma un abbandono confidenziale allo spontaneo presentarsi di ricordi singoli, senza selezione; modesti anche, alieni da ogni pretesa per concernere l’io persona prima, ma di valore inestimabile per la loro “unicità”. Perché questo è veramente portentoso che ogni essere umano, grande meschino, potente venerabile, genio e zuccone sia “unico” al mondo, con la sua vita, le sue esperienze e il male e il bene che crea in sé, infligge o dona, subisce o riceve.  Immaginarono gli antichi che Omero fosse ricco per poter interiormente “vivere” il suo mondo epico……chiudere gli occhi, risalire mentalmente, vedere e ascoltare dentro di sé: si delineano contorni, forme, atteggiamenti, colori; persone che si muovono, parlano, agiscono: il passato ritorna.


 

 LA CRISI COME OPPORTUNITA’

Ad ogni crisi c’è un’opportunità di cambiamento. Essa in un primo momento ci appare negativa, ma se la sappiamo affrontare non è cosi. Va affrontata dal nostro stato interiore, bisogna andare nella parte più profonda di noi stessi, dobbiamo osservarci, ascoltarci e comprenderci. Solo reagendo in questo modo possiamo permetterci di trasformarci e cambiare attraverso il coraggio. Io personalmente attingo molto spesso alla millenaria letteratura Vedica, la quale ci dice che: la crisi si presenta come naturale conseguenza dell’essere umano di poter cambiare se stesso, ed in tal senso è una straordinaria opportunità per rivedere i nostri punti di vista, gli schemi precostituiti compresi i relativi condizionamenti unitamente alle emozioni devastanti. Quindi occorre molto coraggio per affrontare degnamente qualsiasi crisi, cercando di tirare fuori dal nostro profondo quei residui di personalità vivi ed attivi in considerazione delle virtù del comportamento dell’”altro”, i nostri congiunti. L’importante è non dare sempre la colpa all’atro, ma fermarsi ad ascoltarsi quel piccolo ma potente spazio di sospensione interiore dove non è presente il giudizio, dovere regna sovrana la quiete. Proprio in questa dimensione esiste sempre una possibilità di scelta in risposta alla crisi, cioè quella risposta evolutiva e costruttiva. La pratica dello Yoga sta ad insegnarci proprio questo, facendo esercizio quotidiano per posizionarci in quel potente spazio interiore. Però bisogna armarsi di un poderoso coraggio per poter affrontare la crisi.


 

L’INVISIBILE CHE DIVENTA ESSENZIALE

A mio modo di vedere, tutto quello che non si vede gestisce e governa tutto quello che si vede. Quindi posso anche affermare che esiste una realtà che non è visibile ai miei occhi. Allora tutto l’invisibile può essere chiamato essenziale, cioè la verità oltre le apparenze che mi sostiene, e che mi ispira. Posso anche dire è ciò che è. In contrapposizione a tutto il mondo delle apparenze, che non È.  Sta di fatto però che mi stringo ostinatamente, ripetutamente, in questo mondo che non è. Quanto bizzarra è questa vita di ciò che non è! Mi rifornisco di cose inutili, spesso ricerco piaceri transitori, inseguo obiettivi illusori, non osservo la natura, specialmente quando mi inoltro nei boschi e nei sentieri senza ascoltare il rumoroso silenzio che il luogo mi offre. Mi sento cieco e sordo dimenticandomi dell’essenziale invisibile. Infine le mie cadute non sono inutili, ma risultano essere necessarie, perché è il soffrire che è necessario, per ritrovarmi in quanto non sono capace di procedere in altro modo.  In questo modo posso osservare che la sofferenza è come una straordinaria opportunità per rivitalizzare quell’invisibile essenziale che esiste all’interno di me, in noi, in tutto il creato e nel Creatore.


 

L’AUTO-OSSERVAZIONE

Sempre durante la pratica della meditazione esiste anche l’auto-osservazione in quanto risulta essere una capacità che è insita dell’essere umano. Attraverso questa metodica si riesce ad identificare anche la funzione riguardante la consapevolezza dei pensieri, delle emozioni, ed in special modo delle maschere, che contribuiscono a potenziare il sistema difensivo dell’io. E’una pratica che permette di applicare il discernimento, cioè: la “critica” interiore (per “critica” intendo una funzione costruttiva ed evolutiva), decentramento e necessariamente avere la possibilità di cambiamento e rinnovamento, per permetterci di evolvere verso nuovi e più concreti e fattibili orizzonti.                                   Questa auto-osservazione è una funzione che può essere applicata singolarmente, nelle piccole comunità come la famiglia, gruppi religiosi, per arrivare fino a comunità complesse, come gruppi di ricerca e persino verso movimenti politici. In genere l’uomo rimane impregnato in una visione estroversa, pertanto i motivi del proprio fallimento li cerca quasi sempre verso l’esterno, colpevolizzando “l’altro”, privandosi di quella straordinaria capacità che è innata e messa a disposizione dalla vita, cioè di migliorarsi ed evolvere continuamente perché questo è il senso della vita.