IL CANTO DEGLI ULIVI

E’ al mattino, d’inverno
quando geme la zolla
per la gelata notturna
che vi fate moschettieri
al mio lento attraversare.
Pesa il fucile e il tascapane
sulle mie curve spalle
sfiorate come piume al vento
dall’argenteo fogliame che
mesto e tremulo si inginocchia
alla prima lattiginosa luce.
Ecco che lo stormir di fronde
si fa concerto mattutino,
si fa sermone nell’abside del
mondo che muta mi sovrasta
come tutto il peso della mia
colpa di offendere il creato.
Penetra l’anima mia il canto
di quelle foglie grigio perla
scosse dal vento di tramontana
quando il rosa dell’alba tratteggia
il profilo dei monti, all’orizzonte.
In quel canto, in quei colori
io ritrovo un mattino di pace
col fucile sulle spalle che pesa
e come macina al collo legato è
il tascapane con polvere e piombo.


ONIRICAMENTE

E’ solo quando della notte
si fanno più pesanti le ore
che la mente, nel travaglio,
partorisce l’ultimo pensiero.
Si fa rumore nel silenzio
come la colonna di un film
e nel debole abbandono
si fa carne il bene e il male.
E’ un sonno tutto agitato
quello partorito dalla mente
e la realtà distorta è da
quel primo pensiero nato.
Nitida la visione che inganna
tanto da sembrare vera vita,
tanto da impaurire l’anima
davanti l’incarnato pensiero.


IO SARO’

Io sarò mendicante
nell’ultimo giorno
d’un gesto amore
negli anni sognato
rincorso, appoggiato
al bastone di ontano
come vecchio pastore
che il gregge mena
per le strade di sempre.
Tenderò la mia tremula
esangue mano d’anziano
a pietire il conforto
per il giorno finale
consapevole di essere
solo un peso per quanti
si avvicinano a me.
Mi conforta soltanto
questa vita vissuta
alla luce assoluta di
quel bene più grande
che è l’amore per te.
Di quel bene che resta
nel mio pianto d’adulto
e nel timido verso che
vola ancora nell’aria
della sera che lenta
si appresta a calare.