Madri su Facebook

Ricordo quelle giornate a drogarmi e sentirmi padrone della musica nella mia testa.

Pochi funghi riuscivano a sottrarmi il calore e a farmi entrare nella camera mortuaria dei miei neuroni, e capire quanto di sbagliato c’era nella normalità, nella mia esultanza, nella sua convinzione.

Fortunatamente i regali a Natale me li sceglievo da sola e me li incartavo quando tutti ormai erano intenti a rompere la carta la mattina del 25.

Io trovavo inutile quel rito e tra un sospiro e un’aspirata, fumavo anche la carta con il suo petrolio, e mi sentivo un po’ come un carburante annacquato, potente in potenza, truccato in apparenza.

Avevo la tremenda sensazione delle mani addormentate, quel formicolio che mi spinse a provare persino gli acidi sulla mia pelle, per poi lavare l’insalata con pesticidi ambulanti, quelli che si vendevano al mercato nero, non perchè fosse illegale, ma perchè era aperto in notturna. Follie del consumismo.

Perdonavo quella gente che mi girava intorno senza guardarmi, disprezzandomi per l’aspetto, come dire…trasandato, e per la mia mania di darmi pugni sugli occhi quando non mi svegliavo con le occhiaie viola. Mi ritenevo così trasgressiva che nemmeno mutilandomi il mignolo del piede potevo credere di essere pazza.

Continuavo a scrivere pezzi della mia infanzia su carta riciclata, che poi per manie straniere bruciavo nella mia mano, ustionandomi fino al braccio; ma ritenevo dolce quel martirio perchè credevo di rompere col passato, di imparare da quegli errori grossolani e soprattutto perchè mi provocava una grande stigmate che in nome del nostro Signore Gesù Cristo, mi faceva sentire parte della sua passione.

Producevo linfa dal naso e trovavo, le notti al computer, mia madre su Facebook a condividere strani gruppi e a parlare in un modo sconvolgente con colleghi astuti e pervertiti, forse più di lei.

“Madri che parlano come figli a figli su piattaforme sociali, le chiamano ‘social network‘, atteggiandosi a figli mai stati, e genitori mai avuti. E come figli si versano su altre madri con la stessa agghiacciante foga di due figli di genitori…quelli su Facebook appunto.”

La sorpresi nel parlare piccante, e nel conversare con frasi seducenti e traditrici. Ebbi il vomito al pensare che un giorno prima mi aveva fatto, sempre sul quel mondo virtuale, gli auguri per il mio compleanno. Soprattutto piansi, perché quando rientrai a casa non me li fece neanche a voce.

Soffiavo il naso ad ogni bugia che dovevo ascoltare, e scrivevo una pagina di riflessioni ogni volta che quella stessa bugia la dovevo elaborare ed ingoiare. Il medico mi disse che avevo le narici di un povero anziano, mi chiese anche se tiravo droga col naso, e contemporaneamente mi ritrovai con un libro stile “Secretum” tra le mani.

Al dottore ovviamente dissi che il naso lo usavo non solo per il raffreddore, e il libro lo bruciai, così, insieme ai piccoli ricordi di infanzia, quella felice che riguardava mia madre, con mio padre, prima che la follia del mondo si impadronisse di lei.

Prima che questo dannato computer la attirasse più di un uomo, e per un uomo la fece tradire.

Comprendo la fuga di pensieri e parole, l’onore nell’ascoltare una malata anziana che attraversa la strada e mi convince che c’è del buono nel mondo.

Sostengo che credersi dèi, non vuol dire peccare di arroganza ma sprecare qualche opportunità di poter fare ciò in cui credo.

Mi dissero che parlare con parole tirate a caso dalla mia bocca, pronunciate dalle mie labbra, e poi andate a segno al bersaglio sbagliato, fosse di cattivo auspicio per il mio futuro da medico, da dottoressa, da infermiera, da ingegnera, da biologa, da letterata.

Probabilmente scordo qualcosa, ma di studi me ne sono stati accostati tanti, mai nessuno che veramente chiedesse la mia opinione.

Camminavo per la strada ad occhi chiusi per incontrare qualcuno con cui conversare, mi spogliavo in mezzo alla gente per essere toccata da mani che bramavano il mio corpo, e cercavo scuse per prendere a calci cani e gatti, e non sentirmi così peggio di loro.

Trovai nel volontariato un modo per esprimere me stessa e la mia vita.

Mi circondai di poveri sfigati per eccellere un po’ in qualche cosa, neanche ci riuscissi troppo bene.

Me ne fregai altamente della mia vita passata futura, e mi interessai della presente.

Presente che ora come tutti i bambini scarto il 25 dicembre senza fumare più di due pacchetti al giorno, un po’ io, un po’ il mio cane, un po’ il mio gatto.

Ora sono debole di mente, forte di spirito. Mi ritrovo dormiente in un conciliante buffet di matrimonio a rincorrere sposi e sposine, fedi e cibi precotti, da inesperti cuochi amalgamati come la crema pasticcera della torta finale.

Mi scopro a amare ciò che non mi riguarda e a sentire la vita scorrere per qualcosa di utile e mi dico che forse non è tutto sprecato.

Ma la prima cosa che mi viene in mente è quel computer dannato, con le sue scritte e le belle parole, con i suoi giochi e le sue maledizioni.

Con un colpo lo distruggo e ne stacco i capelli, e gli tolgo il trucco con astuto detergente e fallimentare forza d’animo.

Ma pare ci sia una scelta pure per me, o almeno un’alternativa.


Il suo odore

C’è un momento che preferisco del giorno. La mattina che mi sveglio e sento il suo odore. Non so chi sia, ma ha un buonissimo odore. So che mi mette in ordine il cuscino e rimbocca le coperte tutte le notti. È la custode dei sogni.

  • C’è qualcuna che mi lascia sempre il suo cuscino.
  • Anche io.
  • È sicuramente una femmina, almeno quella che passa da me, lo so perché la mattina sento il suo profumo.
  • Magari è tua madre.
  • No, non ha quel profumo. Troverò colei che lo usa.
  • Credo sa che si è innamorata anche di me perché anche io ritrovo il cuscino la mattina
  • Io credo che da te passi un maschio. Non senti il profumo la mattina?
  • Vorrei ma non lo sento
  • Non senti proprio niente?
  • No, sento il mio.
  • Allora è sicuro un maschio
  • Sì ma i maschi non sono delicati quindi me ne accorgerei se provasse a prendermi il cuscino e poi ci ripensa
  • Magari lui è delicato.
  • I maschi sanno essere delicati solo con chi vogliono e magari lui ti vuole.
  • Mi vuole bene dici?
  • Ti vuole bene, ma magari ti vuole proprio.
  • Mi vuole in tutti i sensi allora. Potrebbe lasciarmi qualcosa così che la notte dopo potrei ringraziarlo.
  • Credo ti lasci sempre un bacio da qualche parte
  • Si facesse sentire stanotte così mi sveglio e lo ringrazio come si deve.
  • Lasciagli un bigliettino magari lo vede e lo fa
  • Ok grazie per il consiglio Adesso vado a dormire mi devo far trovare pronta. Quando ci sentiamo ti faccio sapere com’è andata.
  • Ricordati il bigliettino e un consiglio, dormi di lato così ti bacia meglio. Buonanotte

 

La notte in cui ti svegli e hai quella sete tremenda, è colpa sua che ti ha baciato fino a seccarti le labbra. E tu ne godi durante il sonno, perché i sogni diventano meravigliosi e tutto diventa una bella favola. Sono quelle notti che vorresti non finissero mai e che il risveglio è traumatico perché la sveglia è così crudele.

Il suo profumo te lo porti tutto il giorno e la ringrazi perché il cuscino era davvero comodo, e la ringrazi per le coperte, poi realizzi che non hai idea di chi sia questa donna che si prende cura di te. Un super eroe che invece di andare in cerca dei cattivi si preoccupa dei sogni d’amore dei buoni.

È un’altra categoria.

La mia è bionda. Come avrà gli occhi? Come avrà le mani? Le labbra le conosco già.

Lei sfugge. Perché sfuggi mia protettrice. Hai una benda sugli occhi? Forse come tutti i super eroi hai una maschera, per nascondere una grande bellezza, per nascondere il tuo aspetto ed evitare che io possa innamorarmi di te. Ma arriva il momento in cui la maschera si leva, o per lo meno si abbassa.

 

C’è un momento che preferisco del giorno. La mattina che mi sveglio e sento il suo odore.

 

Il giorno dopo.

– È arrivata una lettera per te

– Davvero?

– Sì, leggi

 

Le passo la lettera su cui c’era scritto:

Cara C. ho letto il tuo bigliettino stanotte. Ti ho lasciato un bacio più grande ma non ti sei svegliata. So che vorresti ringraziarmi, metterò più profumo per lasciarti una traccia. Per ora ti dico di continuare a cercare, non sono così lontano.

Il Ladro

 

Avvicinata la busta al naso si accorse che profumava.

– Questo è il tuo profumo

– Il mio? Impossibile, come potrebbe essere.

– È sicuro il tuo, io riconosco sempre i profumi, sono la prima cosa che sento di una persona

– Credo che il ladro abbia dimenticato di aggiungere che da come dormi sei una ragazza incomprensibile e misteriosa

– Sull’incomprensibile sono d’accordo, sulla misteriosa sono un po’ meno. Comunque salutami il ladro e ringrazialo

– Ti ha lasciato un bacio da qualche parte ma si è perso

– Oh no! C’ è qualche possibilità di ritrovarlo?

– Credo abbia bisogno del tuo aiuto

– Come dovrei aiutarlo? Se provasse a mandarmene un altro?

– Non lo farà

– Perché no?

– È un ladro, i baci li ruba, non li dà.

 

C’è un momento che preferisco del giorno. La mattina che mi sveglio e sento il suo odore.

È un segreto, e si sa. Vorresti essere davanti alla sua finestra per ringraziarla, vorresti sperare di vederla scendere la notte che fa freddo, perché due mani gelate che si toccano si trasmettono sicurezza e la consapevolezza che il gelo non può penetrare sotto la pelle fino ad uccidere il contatto di due mani, di due labbra, di capelli che al vento si intrecciano a formare corone di alloro. Ti senti padrone del tempo, a fermare attimi che si seguono senza possibilità di tornare indietro ma con la consapevolezza che sono stati davvero vissuti. E la magia di due persone si attua in terra, ricordano per sempre attimi vissuti, e li vivranno per sempre.

Poi quando vai a dormire credi di essere solo, ma lei in realtà ti viene a trovare e lascia il suo profumo, e tu ne sei beato, e credi che potresti vivere solo di quello, credi che potresti stare tutto il tempo ad assaporare quel profumo che è tanto buono quando denso e colorato. E in quel momento tu il tempo ce l’hai proprio in mano, in quel momento decidi lo scorrere delle lancette del tuo orologio, della tua anima.

C’è un momento che preferisco del giorno. La mattina che mi sveglio e sento il suo odore.

 

Era circa mezzanotte.

  • Io non resisto, passo da te.
  • Ma a quest’ora dormono tutti, non ti posso aprire, poi sono in pigiama e struccata.
  • Sarai bellissima uguale.
  • Se proprio non resisti passa

 

  • Io sono sotto casa tua, rispondi al citofono
  • Ma non funziona così, devi citofonare, così ti posso rispondere
  • Così sveglio tutti, non posso.
  • Sì che puoi, fai tre squilli così capisco che sei tu
  • Ok, peggio per te.

Il dito passa sul bottone.

  • Ma stai qui sotto davvero? Io pensavo scherzassi
  • Te l’avevo detto che sarei venuto
  • Ma pure l’altra volta l’hai detto e non sei venuto.
  • Oggi ero serio
  • E ora come facciamo?
  • Affacciati alla finestra

 

A quell’ora della notte per arrampicarti verso una finestra o sei un ladro, o sei innamorato. Io ero tutti e due, ma lei non lo sapeva. Dopotutto abitava al primo piano. Ce la potevo fare.

Lei si affaccia, più bella che mai.

  • Guarda ho una cosa per te.
  • E’ un bacio perugina.
  • Si te lo manda il ladro, ha fatto un’eccezione
  • E come posso ringraziarlo questo ladro?
  • Non lo so, però ho un messaggio per te.

 

C’è un momento che preferisco del giorno. La notte che mi arrampico su una finestra e la bacio per ore. Quelle ore che sembrano un minuto, quei baci che sembrano sempre la prima volta.


Assegno

Che poi fare a botte per un assegno non mi sembrava proprio il caso.

Così abbandonai quel posto infame, minaccia per la mia pelle bianca, unta di crema a pH

neutro. Rigorosamente.

Nel ritorno pensavo a un modo per spendere quei soldi che non ho più ritirato, e mi sorprendevo nello scoprire che forse davvero non c’era niente che avrei voluto, perchè, bene o male, avevo tutto.

Decisi di lasciare i soldi allo Stato che forse ne aveva più bisogno di me, evidentemente.

Sperperai i miei beni nei giorni a venire, perchè stavo male nella consapevolezza che nulla mancava.

Certo l’amore di quella donna non ce l’avevo, ma quelle si sa, sono cose che difficilmente si possono acquistare, poi con un assegno della BNL..

Per questo masticavo amari tipo Lucano nelle mie colazioni serali e portavo cappelli sul viso a coprire la fronte, da non sembrare più nudo e non essere bersaglio del vento maledetto.

Per il resto i miei soldi coprivano anche la mia fantasia, ma non per quella donna.

 

 

Quelle cose volute cercate trovate, mai avute che mi spingono.

Per avere migliori tremendi confini di notte allo squillo vibràfono.

Avevo la consapevolezza di avere tutto tranne la capacità di ignorare quella maledetta leggera pressione alla vescica che mi costrinse ad alzarmi dal letto.. era impossibile come evitare il traffico al centro nell’ora di punta.

Come cercare spiagge deserte la prima giornata di agosto, e aragoste economiche allo spaccio di più autorevoli pescatori.

Menzogne ambulanti figlie dello stesso ospedale e dello stesso ricovero, ma il desiderio era sempre lo stesso, cercato, mai avuto, toccato e poi perso.