ASPETTANDO L’AURORA

La luna rischiarava la casa imbiancata
capovolta a testa in giù
nell’oscurità del lago.
Gli occhi delle azzurre-finestre
contemplavano la bocca della rossa-porta
e la bocca dell’azzurra-porta
baciava gli occhi delle rosse-finestre.
Cosa vedevano i suoi occhi?
Uno sguardo come un ancora in fondo al lago
oppure un’anima che salpava in uno sguardo?
I suoi occhi vedevano un’ombra con un vestito d’ombra.
Dopo un po’ anch’io compresi di essere indivisibile
dalla semioscurità delle cose
e inaspettatamente la notte cominciò a farsi gialla.
L’eterna luce inondò il lindore del suo viso
e come un’onda che si infrange contro la memoria
corrose il tempo.
L’azzurro-lago dei suoi occhi
riempiva il nero-pozzo dei miei
e sdraiati sotto il sole della notte
ci addormentammo sulla luna di quel giorno.


LA PREGHIERA DEL BOVARO

Buoi miei
che incespicate gongolanti nel terreno vischioso
potrò mai essere debitore con voi per aver fatto volare via
il giogo che gravava sulla mia nuca?
Non sono mai stato indulgente
e indicandovi il cammino con tono burlesco
bramavo solo il denaro
scordandomi del mielato
profumo del raccolto.
Ai bordi della strada una farfalla
ebbra degli effluvi fioriti
ondeggiava come la fiamma di una candela,
tra la Celidonia a perdita d’occhio
e il manto gridellino del cielo,
dove pascolavano nembi lanosi e lattiginosi.
Stasera toglierò le catene
e per ogni anello reciterò una preghiera.
Buoi miei
che il fauno vi protegga!


IL PARADOSSO DEL FUNAMBOLO

Con zelo appoggiò il piede nudo sulla fune tesa
che era sospesa sopra il laghetto di ninfee fluttuanti
e alle sue spalle un’ombra invertebrata,
dall’aspetto raffaellesco,
lo seguì con veemenza,
noncurante del riverbero del cavo.
Con lo sguardo colmo di letizia
e come unico barometro quello dell’equilibrio
camminò fino al punto mediano
e come in una notte di plenilunio
l’ombra se ne stava bellamente a mezz’aria
come una crisalide prima della metamorfosi.
Quand’anche il funambolo si fosse deciso
a riprendere il percorso,
l’ombra non avrebbe mutato la sua posizione.
Immoto attese che la terra girasse
finché il sole non prese per mano
l’inscindibile silhouette
e l’adagiò davanti a lui.
Il funambolo fece gli ultimi passi,
precisi e lesti,
ma quando completò la corsa
lei non c’era più.
L’unica cosa che udì da certi passanti fu:
“Cè un fantasma sulla corda!”