Acque

Delle acque del mare i colori cangiano
a giocar con le nuvole in autunno.
Tremolar di diamanti allegri dell’anticiclone
alla vista,
ma per sentirti ho da immergermi.
E poi dalle montagne a precipizio
a incontrare il più capace fiume.
Il tuo suono argentino tra pietre e sterpi,
armonia che arpeggia
la melodia del silenzio.
Quelle della pioggia a dissetare i campi,
dai pensieri a rinfrescar la mente e
dell’anima, a diradar la nebbia.

 

 

 

Fioriture

Dal grande cuscino verde del geranio stanno spuntando i fiori con una progressione geometrica simile al covid 19 prima del picco. La scorsa estate il colore dei fiori aveva coperto il verde delle foglie, ma poi con l’inverno erano diventati secchi, non ho aspettato che cadessero, li ho recisi. Bisogna aver cura di rimuovere ciò che non ha più vita né per sé, né per gli altri. Ho aspettato ed ecco di nuovo la fioritura. La bellezza, i fiori, non durano in eterno, sono caduchi, ma chi sa attendere ne può godere nella stagione successiva.

L’attesa è stata premiata con due splendidi fiori l’orchidea, e ne promette altri tre, a patto che non sbagli a darle l’acqua. Me la sono giocata con innaffiature abbondanti che hanno ristagnato e un fiore dopo l’altro, li ho visti prima marcire sullo stelo, e poi cadere. Le cose belle hanno bisogno di poco nutrimento sono narcisiste, vivono dello sguardo di ammirazione dell’altro, sufficiente l’umore prodotto nell’altro dalla loro bellezza. Un nutrimento sovrabbondante e delle azioni ripetute fino alla nausea certamente ripugnano a tutti gli esseri (Tao te ching). L’ho messa a dimora nella stagione invernale, le ho trovato il posto giusto per luce e calore, ed ecco di nuovo i fiori, ma adesso la paura che un altro mio errore possa comprometterne la vita e la bellezza. Quanto è ansiogena la bellezza!

Il melograno sta ricoprendo di tante tenere foglioline i rami color nocciola dell’inverno, so che verranno fuori tre o quattro fiori e solo uno o due frutti. Colpa mia averlo costretto in un vaso. Quando si vuole a tutti i costi una cosa non si può sperare in frutti copiosi. La mia vita somiglia a questo melograno, tante tenere foglie, promesse, qualche raro frutto, neppure certo in ogni stagione. Ma le foglie arrivano sempre ogni primavera.

Un comportamento simile il mio limone, tante brillanti nuove foglie e già intravedo la solita abbondante fioritura, ma so che i frutti al pari del melograno saranno due o tre. Che scoramento veder cadere tanti bellissimi fiori prima di diventare frutti, non perché mi senta privato del raccolto, i pochi frutti non li raccolgo, li lascio a fare bella mostra di sé sulla pianta, ma perché mi rimandano alla caducità della bellezza.

Solo la rosa mi nega la sua fioritura. Che debba smettere di aspettarla!

Da quel che ho scritto si capisce che da ognuno di queste piante mi aspetto la fioritura e loro giustamente decidono ognuno per proprio conto come corrispondermi. La rosa poi, non ne vuole proprio sapere!

Ma le fioriture più belle più sorprendenti sono quelle che non mi aspetto, in alcune rintraccio il mio seme che ho lasciato cadere durante il mio peregrinare di raccoglitore. Io non sono un agricoltore bravo a coltivare, né un cacciatore che si attrezza e sfodera l’arma più efficace per cacciare le prede, per soddisfare i suoi bisogni primari (poco), ma soprattutto il suo ego. A me piace nutrirmi della bellezza che il caso o il mio peregrinare, la mia apertura, il piacer di farmi sorprendere, mi si para davanti. Queste epifanie, questi miracoli da un lato mi confermano nella fiducia nelle fioriture, ma dall’altro mi pongono il problema di quanto prendere, di cosa prendere per lasciarle vivere nella loro bellezza e con la quale nutrire anche gli altri.

 

 

 

Briciole

Le briciole godono di una cattiva fama. Quando vogliamo autocommiserarci “mi devo accontentare delle briciole”, “i ricchi banchettano e ai poveri solo briciole”.

Le briciole non sono un avanzo, uno scarto, questi sì, potrebbero suonare offensivi per chi li raccoglie, sono invece ciò che sfugge di mano, o che cade dalle mani. Non c’è intenzionalità nel produrle. Le briciole non si offrono, si raccolgono, si prendono perché sono una parte della persona che amiamo ma che per noi non ha destinato nulla. Ma una superiore giustizia dà quel che non si vuole dare, non impegnano la scaturigine e alimentano il sogno. Le briciole sostengono il desiderio e ci preservano dalla ripetizione del godimento. Le briciole in poco, hanno tutto; sono l’essenza e con l’essenza si possono fabbricare pasti ricchi e fastosi, molto di più del banchetto da dove hanno originato. Le briciole che ho raccolto sono diventate perle preziose per foggiare il mio vaso cinese…. sono loro che illuminano il mio cammino a tratti faticoso, opaco. I pasti interi o sono stati vomitati o sono ancora lì come un peso, o al più come vago ricordo.

Perciò, che siano benedette le briciole! La produzione inintenzionale delle briciole potrebbe essere un monito a non trattenere, a non essere arpagoni di sé stessi, a non aver paura di donare, di far partecipare quante più persone possibile dei nostri beni. Ma gli arpagoni banchettano da soli o se invitano qualcuno è solo per investire, per un tornaconto, sono loro i più grandi produttori di briciole! E i consumatori? Devono stare attenti a non fare delle briciole il segno della loro pochezza, no, il loro valore non c’entra! Sono solo dei senza potere, ma non persone di poco valore.

Le briciole non si fabbricano, le briciole non si comprano, si possono trovare dove si banchetta o si è banchettato, e allora chi ha deciso (?) di vivere di briciole deve mettersi sempre in cammino. Non si può vivere delle briciole delle stesse persone, potrebbe turbare la coscienza di chi le briciole le lascia cadere, ma anche trasformarle in un’illusione. Chi vive di briciole deve assumere la postura del viandante, godere del viaggio, niente pellegrinaggi alla ricerca del miracolo!