I poeti

Non mi meraviglio. Anch’io
inutilmente faccio parte
di un popolo indivisibile e perenne.
Parlo e sono muto come loro
passano le ere e canto con
la lingua immortale di Babele.
Nascono e spariscono pianeti
raggiunti o meno da quel progetto
SETI e tutto è uguale a ciò che
non è detto, così diverso
da ciò che è ripetuto.
Come galassia che danza
l’abbraccio dei suoi bracci
così il poeta traccia sul foglio il segno
e il latte nella notte il verso versa.


Spirale

Quando ti volgerai
per ritornare da dove sei venuto
stringi più forte il bandolo.
Potresti perdere l’orientamento
come accade al funambolo
quando balbetta sul filo
che lo vorrebbe muto.
Direzione e destino, il verso
dunque, e la sua origine.
Così andare avanti
è tornare a capo, dove si
è già stati. Già. È solo raggirarsi.
Guardo indietro come
l’angelo di Klee. Superfici
bifronte sono inizio e fine,
membrane tra mondi vecchi e nuovi
forme che emergono dallo scorrere
di parole versate su un foglio,
come le stelle che ruotano intorno.
Ne vado incontro e mi allontano
voglio o non voglio.
Verso, volgere, rivoluzione.
Spirale.

Così procedi al monte
col verso giusto,
rivolta verso quel volto
che non rivolge
l’ attenzione al mare
ma al posto dove
tutto tace, dove anche
Dio trattiene il fiato
e vuole essere lasciato
in Pace.


Il funambolo muto

Per quanto m’immerga nel vuoto
le mie mani non si vuoteranno mai.
Per quanto affoghi nel silenzio
i battiti restituiranno l’eco
del cuore, e i passi quella del respiro.
Sono impermeabile e invisibile al nulla,
un funambolo muto in un cielo
che indossa lo stesso colore.
Quando avrò percorso tutto il filo
la luna risponderà al mio sorriso
come per chiudere una parentesi
o per sgusciare dall’asola schiusa
e sfilarsi di dosso il vestito.