Scontro con la realtà

 

Cocci di vetro.

Pezzi della mia anima indurita dal tempo.

Ferita, andata  in frantumi,

come la speranza

spezzata

dall’illusione di riaverti.


 

Il bacio della luna

 

Notte, sei tu donna

misteriosa ed elegante.

 

I miei raggi timidamente ti illuminano.

Un bacio di sfumature,

confonde gli sguardi di passanti innamorati.

 

Invidiosi della nostra unione,

abbagliati dalla nostra esistenza.


 

Nuvole galleggianti dipinte nel cielo, un vento leggero che accarezzava i capelli. Poi, oltre la mia immagine, in quella pozza cristallina vidi il riflesso di qualcos’altro, incuriosita mi sporsi e caddi dentro.

Del viaggio che mi condusse in quel posto che ora so chiamarsi  inferno, non ricordo nulla. Quello che ricordo invece, sono quei piccoli occhi di ghiaccio che mi fissavano da lontano, mentre, ancora confusa, a stento mi reggevo in piedi.

Era un uomo, o meglio questo ciò che sembrava. I lineamenti del suo viso erano delicati e decisi allo stesso tempo, incorniciati da lunghi capelli bianchi, anzi no, quasi argento che si sposavano perfettamente al mistero della sua esistenza.

In tutta la mia vita non avevo mai visto nulla di più bello, eppure tanta bellezza portava con sé tanta disgrazia e oscurità. La si poteva percepire ovunque; persino nell’aria che respiravo.

Si avvicinò a me con passo sicuro, fiero.

Quando mi raggiunse mi porse la mano.

Ciò che vidi in quell’esatto momento, però, fu molto diverso. Quella mano non era certamente umana ed una figura più scura e tenebrosa si era cucita su di lui: metteva i brividi. Mi sollevò con una stretta tale farmi pensare che di lì a poco la mia mano si sarebbe staccata.

Poi un cambiamento stravolse le mie idee ancora una volta. Una voce calma  mi disse: “Sei caduta? Anch’io. Per favore rialziamoci insieme.” Era la sua voce. Ancora un po’ impaurita provai a rispondere  in qualche modo, ma tutto quello che ne uscì non fu altro che un misero verso “Mmm…”

“Seguimi, bisogna fare in fretta se vuoi tornare su.”

camminai dietro di lui in silenzio per un tempo  che sembrò infinitamente lungo; davanti ai miei occhi quella strana figura rosso cremisi mi guardava con un sorriso che sembrava il ritratto del male.

Percorremmo lunghi tunnel bui, dall’atmosfera sempre più pesante e nella mia testa le immagini di ciò che ero iniziavano a svanire.

Non ricordavo più da dove venissi, né chi fossero i miei genitori. Il mio corpo si trasformava a mano a mano in un macigno e le forze venivano meno: quanto sarei durata?

Più questa domanda si faceva spazio dentro di me, più sentivo la risata   di quell’essere diabolico(che potremmo tranquillamente chiamare diavolo tanta è la sua malvagità) percorrere il mio corpo ed il suo sorriso eclissare i miei occhi di terrore, sempre di più.

Lui invece continuava a camminare fiero, dalla sua schiena non si intravedeva nessun cenno di paura, niente smarrimento.

Fu in quell’istante che iniziai a chiedermi chi fosse realmente(probabilmente lo dissi ad alta voce) perché un attimo dopo il suo sguardo era su di me senza la minima esitazione disse: “Non lo so, non so chi sono . Sono caduto.”

Poteva essere che lui si fosse trovato a vagare lì per così tanto tempo da dimenticare definitivamente tutto? Persino il suo nome?

Ormai era maledettamente chiaro che avrei dovuto fare qualcosa, per entrambi.

“Lo troverò” dissi. “Troverò il tuo nome e ce ne andremo di qua insieme!”

L’espressione sul suo volto si addolcì, poi si girò e tornò a camminare.

Quella mia frase, però, fu udita anche da quel rosso essere, in un istante un’intensa pioggia di sangue ci bagnò. Scendeva con violenza tale da far sembrare le gocce taglienti come lame tagliente sulla nostra tenera carne e faceva male, un male da morire. Stavo per soffocare immersa in quelle lacrime rosse e amare, ma lui mi protesse.

Mentre ero riparata dalle sue braccia vidi brillare qualcosa per terra: era un minuscolo frammento di specchio e sopra c’era inciso un nome: “LUCIFERO”

“Ecco” esclamai. “ E’ questo il tuo nome, tu ti chiami Lucifero, questo frammento ti appartiene.”

“Nooooo!”Sentimmo esclamare da una voce sorda e agghiacciante.

Era chiaro chi era, ed altrettanto chiaro cosa voleva, o non voleva.

Mi apprestai a restituire il frammento a Lucifero, ma quel demonio si mise davanti dipingendo ancora una volta la sua figura di oscurità.

Questa volta però sapevo come affrontarla: con decisione andai verso di lui, pronunciando queste esatte parole: “ Ti dono questo frammento e ti restituisco il tuo nome affinché luce e tenebre possano finalmente coesistere. Torna ad essere chi sei.”

in quell’istante il mostro sparì per sempre nell’iride dei suoi occhi, un immenso fascio di luce si sviluppò attorno a noi, poi il buio.

Mi svegliai di nuovo accanto a quella pozza d’acqua; come vi arrivai non so dirmi, ma nella mia mano una bianca piuma era spuntata.