L’angelo dagli occhi di ghiaccio

Era una calda notte d’estate. Alessandro non riusciva a dormire, un po’ per la calura che arroventava le lenzuola, un po’ per l’ansia che da qualche tempo lo attanagliava; soprattutto nelle ore notturne.- Dovrò decidermi a comprare un condizionatore d’aria – disse tra sé, anche se il dottore me l’ha sconsigliato per via dell’allergia che spesso mi affligge – questo caldo è insopportabile.
Accese la televisione, di solito lo aiutava a prendere sonno, ma invano. Continuava a rigirarsi nel letto cercando di posizionare il corpo in modo tale da intercettare la seppur minima brezza notturna quando d’improvviso, il sudore che copriva la sua schiena lasciò il posto a un brivido gelido: l’urlo di una donna lacerò il parziale silenzio della notte. Alessandro balzò dal letto e corse alla finestra: assolutamente niente, la strada era deserta. Pensò allora che quel grido sarebbe potuto provenire dall’appartamento del piano inferiore al suo. La proprietaria era solita affittarlo a strani individui, che non sostavano mai a lungo, ma si avvicendavano creando una galleria di strani personaggi. Ma sarebbe potuto giungere anche da qualche televisore, forse si trattava solo di un film. Decise di riprovare a prendere sonno e stava quasi per assopirsi quando un nuovo urlo lo svegliò completamente. Si, adesso era sicuro, lo strillo arrivava dal piano di sotto. Si vestì con rapidità, in modo sbrigativo, e scese le scale con cautela. La porta dell’abitazione era socchiusa, la spinse lentamente e rimase di stucco: una giovane e bellissima donna, dai lunghi capelli biondi e occhi di un chiarissimo colore azzurro sedeva, legata ed imbavagliata. L’uomo rimase per un attimo pietrificato, non riusciva a staccare lo sguardo da quegli splendidi occhi color cielo che lo fissavano e gli trasmettevano una muta richiesta di aiuto. Ma c’era dell’altro: i suoi occhi, trasmettevano anche una sensazione di freddo intenso, il caldo che un momento fa, rendeva madido di sudore il suo corpo, era scomparso, per lasciar posto a dei brividi intensi, a dei tremiti che non riusciva a controllare. E adesso cosa faccio? Devo provare a liberarla! – pensò in preda all’agitazione. Sentiva il suo cuore pulsare freneticamente, le tempie martellare senza sosta, il corpo squassato dai fremiti che l’improvviso freddo polare gli provocava. Ma chi sarà o chi saranno i suoi carcerieri? Sarà quell’uomo mingherlino che ho intravisto ieri mentre salivo le scale? Oppure quello robusto, dall’aspetto nordico? –si chiese, adoperandosi per cercare di controllare il panico che lo attanagliava. Alessandro cercò un luogo riparato dal quale osservare la scena senza farsi notare. Improvvisamente, vide l’aguzzino: era un uomo alto, dalla carnagione chiara, forte e vigoroso. Il giovane si arrovellava il cervello alla ricerca di un piano che gli permettesse di liberare la ragazza. Non riusciva a distogliere dalla sua mene gli occhi gelidi, simili a frammento di ghiaccio, dell’avvenente sconosciuta, come non riusciva neanche a smettere di tremare. Infine, dopo aver atteso per più di mezz’ora, decise di passare all’azione, approfittando dall’assenza del carceriere che, in un’altra stanza, sembrava parlare al telefono. Fulmineo, abbandonò il nascondiglio e liberò la ragazza. Non fu facile per il tremito che rendeva faticosi i suoi movimenti. Lei lo pregò, concitatamente, di andare via subito, perché l’uomo che l’aveva catturata, sarebbe tornato a momenti. Avrebbe recuperato la borsetta, che si trovava nella stanza da letto, e si sarebbe dileguata rapidamente. In seguito si sarebbe fatta viva con lui per ringraziarlo personalmente. Finalmente a casa! Si sentiva esausto, ma per fortuna, il freddo intenso che lo aveva colpito nel guardare gli occhi color ghiaccio della sconosciuta, lo aveva abbandonato e la temperatura del suo corpo ricominciava a salire. Lo assalivano mille interrogativi: chi era quella donna? Perchè l’avevano imbavagliata? Di sicuro, gli strani inquilini del piano di sotto erano delinquenti che volevano approfittarsi della giovane età della ragazza, della sua bellezza. Forse avevano intenzione di usarle violenza, di abusare di lei o di ucciderla; chissà… Maledetti! Avrebbe chiamato la polizia e avrebbe raccontato tutto! Quei mascalzoni dovevano pagare per quello che avevano fatto! Nel frattempo, rifletteva sull’inspiegabile impressione di gelo che gli aveva trasmesso, lo sguardo della giovane. Veramente strano. Aveva già la cornetta in mano per chiamare la polizia, quando lo speaker del telegiornale – con la fretta aveva lasciato la televisione accesa – annunciò: una pericolosa criminale è riuscita a evadere dal carcere di Regina Celi, si tratta di una giovanissima donna, molto bella e, a quanto pare, dotata di poteri paranormali. Un uomo aveva telefonato al 113 per comunicare che era riuscito a catturare la malvivente che, si era intrufolata nel suo domicilio con l’intenzione di portare a termine una rapina. Arrivata la polizia sul luogo rinveniva il cadavere dell’inquilino, ucciso con sei coltellate alla schiena e, purtroppo, non c’era alcuna traccia della donna. Gli inquirenti stanno cercando di ricostruire la dinamica dell’accaduto.- No, non è possibile! Non può essere vero! Dio mio! Ho aiutato una criminale! – l’uomo si disperava nel tentativo di capire. Passando davanti al grande specchio del salone rimase di sasso, impietrito: i suoi occhi, di un anonimo color castagno, erano diventati di un insolito azzurro, simili a due frammenti di ghiaccio!


La rosa selvatica e il giunco

Tu, rosa selvatica, vellutata,
odorosa, fragrante, profumata
nella terra rugiadosa, brulla.
Il forte vento del sud, inclemente,
aguzzò le tue spine, indifferente
al tuo dolore, e dalla corolla
lacerò, strappò i soavi petali.

Io, giunco dall’alto fusto, saldo
nonostante la fanghiglia, il limo,
svetto forte, sereno, gagliardo.
M’inebria e rapisce il tuo profumo,
mi esaltano i petali freschi
coperti dalla rugiada mattutina
non m’intimoriscono i tuoi aculei,
avvezzo …so come eluderli.

Io e te, un uomo e una donna,
una rosa selvatica e un giunco,
sempre insieme, sempre insieme
avvinti nel ritmo di un tango;
sedotti da una milonga,
nell’acquitrino rumoroso della vita,
finchè la corrente impietosa,
i nostri lunghi steli non strapperà,
e ci porterà via…via…via per sempre.


Argentina, oggi piango per te (1)

Il dolente suono del bandoneon (2)
è, oggi, più struggente che mai,
perché tu, Argentina, agonizzi
in un mare di fango e sterco.
Ieri, eri la terra dell’abbondanza,
dono degli dei, luogo di delizie,
rifugio per profughi e diseredati,
dispensatrice di speranza, di sogni.
Sempre in bilico tra Civiltà e Barbarie,
per metà Caino, e per metà Abele,
oggi, sei sprofondata negli inferi.
La tua storia è costellata di storture,
di diritti calpestati, di olocausti,
di prigioni segrete, di cimiteri anonimi.
I tuoi sventurati figli, afflitti,
stanchi di urlare al sordo vento
il loro dolore e la loro rabbia,
ora ti abbandonano; sconfitti.
Portano con sé l’amaro mate, (3)
gli indimenticabili tanghi di Gardel (4)
e i labirintici versi di Borges.
Andranno ad ingrossare
le infinite fila dei nostalgici;
di coloro che non potranno mai
dimenticare le tue meraviglie,
la tua straordinaria bellezza,
il tuo profumo, i tuoi sapori…
Mi chiedo se dopo il castigo biblico
potrai sconfiggere il seme del male,
se riuscirai a rinascere dalle ceneri;
come la mitica araba fenicia.
Chissà…la speranza vola sulle note
di un tango o di una milonga. (5)
Mia amata e vagheggiata Argentina,
terra prescelta dai miei avi,
terra della mia primavera,
oggi piango, piango per te.

(1) il titolo rievoca la celebre canzone“Dont’cry for me, Argentina”, dal musical “Evita”.
(2) sorta di fisarmonica stretta e lunga inventata dal tedesco Band, che divenne, per il suono nostalgico e tragico, il simbolo stesso del tango argentino.
(3) bevanda nazionale argentina, simile al tè. Si ricava dalle foglie di un albero, l’ilex paraguayensis ed ha la stessa azione tonica, stimolante e nervina del caffè. Il mate si beve in recipienti tondeggianti, ricavati da piccole zucche essiccate e trattate, aiutandosi con una sorta di cannuccia di metallo, chiamata “bombilla”.
(4) è il cantante più famoso della storia del tango argentino. Nato nel 1890, a Tolosa, in Francia, si trasferisce giovanissimo a Buenos Aires. Dopo una carriera straordinaria, muore nel 1935, a Medellin, in Colombia, in un incidente aereo. Dopo la tragica morte nasce il mito inossidabile e sempre vivo, di questo straordinario interprete.
(5) ballo popolare della zona del Rio de la Plata simile al tango, ma dal ritmo più veloce e marcato.