LA CLINICA

A.A.A.cercasi . Clinica di nuova apertura cerca portantini di ambo i sessi ecc, ecc.

Con il mio pigiama blu con le stelle e i calzini bianchi sfogliavo con brama gli annunci di lavoro che ogni martedì Porta Portese pubblicava. Qualsiasi cosa !..cercavo disperatamente un lavoro.”portantina” . Non chiedevano titoli di studio superiore o lauree.

Era il 1976. Rimasta orfana di entrambi i genitori mi aveva adottato mia cugina Franca. La clinica era di nuova apertura e cercava personale, non mi sembrava vero. Preparo con cura il mio caro jeans e la camicia a quadretti rosa , i mocassini che adoravo ; era verso la fine del mese di maggio. Le ultime diecimila lire. E poi mi addormento con il giornale in mano.

La mattina non sento la sveglia, mia cugina era già uscita di casa per andare al lavoro. Mannaggia era tardissimo e dovevo attraversare la città, corro giù alla fermata dell’autobus, un ‘ora non passa , sono agitata le persone che aspetta vano con me vociferavano che forse c’èra uno sciopero. “Oddio proprio oggi “ il panico mi assale . Non volevo lasciarmi sfuggire questa occasione, attraverso la strada giro l’angolo a sinistra circa mezzo chilometro dove di solito si fermavano i taxi .

“E’ libero ?” chiedo al taxi giallo in prima fila :“Si per dove ? “”guardi verso la Cassia “ il tassista mi guarda con gli occhi spalancati “Ma è dall’altra parte di Roma le costerà parecchio” “Si lo so è per un lavoro mi ci porti per favore “..”Se va bene a lei signorì “..Paola sale dietro il taxi e si parte.

I primi chilometri erano spaventosi si andava a passo di lumaca ,Paola avvertiva un ansia terribile “Non arriverò mai in tempo addio lavoro” pensava ad alta voce. ”Eh signorì oggi è una giornataccia si parla di uno sciopero degli studenti universitari, poi ci sono stati alcuni scontri con la polizia” . “Si ho sentito ma devo andarci assolutamente”. Uscendo dal centro il traffico era più spedito, imbocchiamo la via Cassia , il tassista è più solerte. Paola guarda il piccolo orologio che gli aveva regalato la cara cugina: erano le undici “Quanto manca ?” chiedo al tassista”Qualche chilometro ..ma scusi signorì ma sta clinica è allo sprofondo ma come l’ha trovata ?””Sugli annunci di Porta portese”. “Però stia attenta a questi annunci delle volte solo ingannevoli; ho sentito certe cose “ avverte paterno l’autista. “Ma c’è scritto che è una clinica nuova che cerca personale “ obietta Paola ma la voce tradiva una certa insicurezza.

IL taxi era sempre più spedito, ma mentre avanzava di strada , cominciava a vedersi solo qualche abitazione sporadica e molta campagna. L’ansia accelerava il mio cuore di , il taxista non parlava più “quasi quasi gli chiedo di tornare indietro” ma era solo un muto pensiero . Poi in lontananza s’ intravede un edificio. ”Dovrebbe essere questa signori’ ma che numero è ?””1278” “1280 ,1284 , ecco è qui “esulta il taxista e si ferma , io guardo il palazzo un pò indecisa trattengo lo sportello del taxi.” E’ questo no? Meno male che l’abbiamo trovata” continua il tassista . Scendo un po’ perplessa “Quanto le devo ?” “Eh un ora e mezza settemila ” “Ladro “ pensai povera me . “Auguri allora “aggiunse il taxista e si affretta ad andarsene”eh grazie “mormorai.

Con timore mi avvicino al cancello era aperto , il cuore mi batteva a tamburo osservai l’edificio non era molto grande “nuova clinica Raffaella “ titolava la scritta in alto. Guardo l’orologio l’una e trenta “Tre quarti d’ora di ritardo , vabbè glielo spiego lo sciopero e poi è il primo giorno”mi consolai.

Salgo tre gradini apro la porta a vetri entro e si vede un corridoio , lo percorro e mi trovo davanti a una specie di portineria mezzo muro con due vetri aperti ad arco, “C’è nessuno?” nessuna risposta “E’ permesso? “ ci riprovo niente . Cerano delle sedie mi siedo e aspetto.

Passano quindici minuti sento dei passi mi alzo , vedo arrivare una ragazza sui ventanni vestita con pantaloni a quadri e maglietta bianca capelli lunghi castani legati a coda di cavallo . “buongiorno “ la saluto “buongiorno “ risponde , entra nella guardiola “Mi dica “”Sono un po’ in ritardo ma sono qui per quell’annuncio di lavoro” faccio per mostrarle il giornale (un po’ stropicciato per l’ansia ). “ah si come si chiama quanti anni ha ? è infermiera? “. “No c’è scritto che cercate dei portantini .”si non si preoccupi riempia questo modulo e aspetti qui io torno subito “..e scompare di nuovo nel corridoio.
Dopo circa dieci minuti ritorna la ragazza facendo molto rumore con i tacchi delle sue chanel bianche. “Signorina venga con me” La seguo come un cagnolino attraversiamo il corridoio, poi a sinistra saliamo una rampa di scale. Mi porta davanti a una porta chiusa di legno bianca con una piccola finestrella di vetro ,”aspetti qui””si “ obbedisco, mi compongo e mi guardo attorno trepidante ,do uno sguardo in alto alla porta “sala operatoria”. Avverto un colpo al cuore”sala operatoria ? “ma dove mi ha portato questa ? e lei è entrata così liberamente?” “.Non ho tempo di darmi una risposta , che la vedo riuscire con una altra ragazza sui vent ‘anni credo ; con un camice bianco aperto dal quale si intravede una minigonna , occhi celesti capelli lunghi biondi sciolti sulle spalle. “Allora lei è qui per l’annuncio? “ chiede gentile e sorridente “si “ rispondo in un sibilo” Quindi vuole lavorare qui “”Si se non ci sono problemi “sottolineo ”, Quando vuole cominciare ?””Per me prima comincio “.. “Va bene oggi magari non è preparata però venga domani alle otto e trenta puntuale va bene?” la collega Daniela le spiegherà tutto a domani allora “ “Certamente sarò puntuale “mi affretto ad assicurare.

La bella bionda sparisce dentro la sala operatoria lasciando una scia di profumo.

Stordita seguo Daniela fino alla porta principale “ti chiami Paola giusto? L ‘ho letto nel foglio” “Si è tu Daniela ? “ rispondo notando la confidenza .”Allora Paola lei è la dottoressa Raffaella ,la moglie del chirurgo, a cui fa capo la clinica , io sono la capo sala puoi rivolgerti a me per qualunque cosa portati un camice bianco e ci vediamo domani alle otto e trenta va bene? ciao “ “Ciao Daniela a domani”. Dopo essermi fatta spiegare gli autobus che portano alla clinica esco .

Mentre sono alla fermata sono pervasa da un cumulo di sensazioni e domande: mi sento felice perché non mi hanno detto no per il lavoro, lo stupore con cui Daniela è entrata nella sala operatoria senza gli indumenti adatti e la stessa Raffaella sembrava una manchen. I dottori io li immaginavo ricoperti fino agli occhi con le tute verdi e la mascherina davanti alla bocca e i guanti ; ai piedi le scarpe ricoperte da garze sterili.”forse non stavano operando e poi io devo fare tutt’altro quindi affari loro “ mi rassicuro.

Mentre l’autobus andava ; lascio andare le considerazioni negative e mi cullo al pensiero che forse ho trovato un vero lavoro e non vedevo l’ora di dirglielo a mia cugina . Mi distraggo guardando fuori dal finestrino e comunque per i primi tre quarti d’ora si vedeva solo campagna. Poi finalmente arrivo alla fermata del secondo bus che mi porterà alla stazione Termini , un’altra mezzora circa . E finalmente l’ultimo che mi riporta a casa altri venti minuti sono le quattro avevo una fame terribile e ed ero molto stanca. Trovo mia cugina in ansia “Paola stavo in pensiero” “Si hai ragione Frà ti spiego tutto “ “Aspetta che ora ti riscaldo lo spezzatino “si prodiga gentile mia cugina . Mi siedo e mentre mangio

le racconto tutta la storia non tralasciando nessun particolare. La sera tardo a prendere sonno dall‘eccitazione.

La clinica era distribuita su quattro piani.

Piano terra con l’ufficio accettazione, al primo piano la sala operatoria poi avevo visto altre tre porte ma mai aperte quindi non so a cosa fossero usate. ; il terzo e quarto piano per i degenti. Poi un seminterrato nel quale si trovava la sala della radiologia , un ripostiglio e altre due stanze.

La mattina sono sveglia alle cinque,mi alzo in silenzio mi preparo e alle sette sono in strada. Per fortuna niente intoppi con gli autobus alle otto e trenta arrivo puntuale in clinica.

Daniela non è nella portineria , passo il corridoio e salgo le scale che mi portano davanti la sala operatoria, e incontro Raffaella senza camice,”Buon giorno dottoressa “ dico “Ah buongiorno bene sei già qui, come hai detto che ti chiami?” “Paola “ “Bene Paola, Daniela è occupata vieni con me ti dico io cosa devi fare “, la seguo e scendiamo al piano di sotto circa dieci gradini , facciamo un lungo corridoio poco illuminato.

Qualche porta a destra o sinistra e si ferma davanti a una porta con su scritto”deposito”, apre con la chiave, entriamo, un disordine spaventoso :macchinari ospedalieri ammucchiati sedie a rotelle cartoni tutto messo alla rinfusa e pieno di polvere. Mi dice “ se puoi metti in ordine e comincia a pulire le mattonelle in una parete poi passa all’altra se finisci vieni su va bene? “ “va bene “ che altro dire?. Se ne va chiudendo la porta.

“Oddio “ mi assale lo sconforto le pareti erano spaventosamente sporche non so di che alzo gli occhi ragnatele spesse e pendenti. Da dove comincio? Mi metto il camice bianco trovo il detersivo e con buona lena comincio a strofinare le mattonelle dovevo insistere poiché non veniva via tanto facilmente lo sporco poiché era molto vecchio . Cominciavo a sudare e mi faceva male il braccio destro, era circa un’ora ed ero riuscita a fare “solo” mezza parete, mi stavo riposando un po’ quando sento dei passi nel corridoio la porta si apre “Ciao Paola come va il lavoro ?” era Daniela “Eh c’è molto da fare come certamente sai “ rispondo. ”Si questo deposito è stato trascurato comunque per ora lascia tutto e vieni con me”.

Tiro un sospiro di sollievo ,rifacciamo i dieci gradini che portano al primo piano, poi altri dieci che portano al secondo piano entriamo in un ampia stanza;”mi devi aiutare a fare questi letti, intanto che prendo le lenzuola pulite tu togli le sporche , mettile per terra che poi le portiamo in lavanderia”. Alzo le coperte grigie per togliere le lenzuola, erano otto letti, c’era un cattivo odore di urina e alcune erano macchiate di sangue. Mi chiedevo da chi fossero occupati quei letti, poi rientra Daniela , rifacciamo i letti con le lenzuola pulite mi dice di spolverare i comodini con un disinfettante e lavare il pavimento. Obbedisco , guardo l’ora erano circa le due mentre scendo dico a Daniela che sale che ho finito . “Va bene ci vediamo domani” risponde frettolosamente.

Mentre tornavo a casa mi massaggiavo il braccio “certo mi dico ho dovuto strofinare quel grasso vecchio, ma l’annuncio non diceva “clinica nuova apertura ?”un altro mistero . A casa cado subito nelle braccia di Morfeo.

La clinica era distribuita su quattro piani.

Piano terra con l’ufficio accettazione, al primo piano la sala operatoria poi avevo visto altre tre porte ma mai aperte quindi non so a cosa fossero usate. ; il terzo e quarto piano per i degenti. Poi un seminterrato nel quale si trovava la sala della radiologia , un ripostiglio e altre due stanze.

Per circa una settimana il mio lavoro consisteva sempre nello sgrassare le mattonelle del deposito, che non finivano mai , poi Daniela mi chiamava per cambiare le lenzuola e rifare i letti e

La cosa strana è che non vedevo mai nessun paziente e tanto meno persone che venissero alla clinica . Mi dicevo tra me “forse io non vedo nessuno perché la maggior parte del tempo sto in questa catacomba “di seminterrato. Ormai mi era divenuto familiare ed ero quasi riuscita del tutto a mettere in ordine le cose del deposito . Su un’altra porta c’era scritto “radiologia “ e Daniela una mattina aveva aperto la porta chiusa a chiave per pulirla. C’era il classico lettino di metallo freddo nel quale ti fanno sdraiare per farti le lastre e il bagno. Comunque li sotto non scendeva nessuno ero sempre sola.

La domenica ero di riposo . Ho dormito fino a tardi . La sera io e mia cugina siamo

andate al cinema a svagarci .

Cara la mia cugina Franca, quasi quarant’anni , sposata con uno più giovane di lei , ma che ha preso il volo dopo due anni. Ora faceva l’inserviente in un albergo e raccoglieva i cocci della sua vita, mi voleva molto bene ed era felice di avermi con sé le piaceva farmi da madre.

Lo shock arrivò il lunedì che ritornai al lavoro, il deposito era quasi tutto pulito lo avevo lucidato a puntino , alle undici ,come al solito dovevo salire al primo piano per aiutare Daniela a fare i letti. Entro nella stanza e rimango senza fiato, paralizzata sulla porta, c’erano delle vecchiette scheletriche semi nude sedute sui letti o sdraiate ma con le lenzuola scoperte. Ero paralizzata , ammutolita arriva Daniela con le lenzuola “dai sbrigati non stare li impalata togli le lenzuola sporche che quelle disgraziate luride se la fanno sempre sotto”. Mi avvicino al letto e dico a una di queste “signora per favore si deve alzare “ la prendo sotto braccio e piano la sposto dal letto , era scalza con una sottoveste leggerissima , balbetta qualcosa ma io non la capisco , un’ altra si alza dal letto portava solo le mutande , ma cade io mi affretto ad aiutarla “si è fatta male signora? “ chiedo preoccupata “Paola ti vuoi sbrigare a rifare i letti invece di perdere tempo con queste decrepite che io ho molto da fare ?””Ma

Daniela queste vecchiette sono mezze nude prendono freddo non possono stare in piedi così “ “Sbrigati e non discutere “urla velenosa Daniela .

Non vedevo più la Daniela gentile dei primi giorni era diversa , brontolava imprecava con quelle povere vecchie era una macchinetta ; io avevo difficoltà pure a starle dietro. Non parlavo e guardavo con pena quelle sotto specie di esseri umani, occhi incavati, senza denti con camiciole leggere senza biancheria intima , maleodoranti. Mentre rifacevo il letto abbozzavo piano “scusi signora mi sbrigo “ Non rispondevano una parola mi guardavano imploranti , poi mostravano terrore quando Daniela si avvicinava a loro e le spingeva insultandole. Quando Daniela andava via , mentre spolveravo e lavavo il pavimento ne approffitavo per coprire bene le vecchiette.. senza parlare temendo che all’improvviso arrivasse Daniela .

Terminato il turno, scendo nello spogliatoio mi tolgo il camice e vado via ,passando

nella portineria non vedo nessuno .

Mentre ero nell’autobus di ritorno ero frastornata non riuscivo a spiegare quel comportamento di Daniela ,poi chi erano quelle vecchiette? Come mai non le avevo viste prima? Non sapevo che spiegazione dare a quella situazione. Tornata a casa feci finta di niente e non ne feci parola neanche a mia cugina , andai a letto presto adducendo la scusa di essere stanca. Passai una notte insonne.

Il mattino dopo entrando alla clinica , non provavo più tanto entusiasmo,piuttosto timore. Incontro Daniela:”Ciao Paola vai al terzo piano e comincia a pulire le stanze.

Qui non ero ancora salita , c’erano una quindicina di singole stanze , il letto era fatto , c’era un armadio ,un comodino il tavolo e la sedia . l’ambiente era più confortevole . Dovevo spolverare e lavare i pavimenti. Poi il corridoio centrale.

Era circa l ‘una , sale Daniela : “Paola hai finito ?” “Si “ rispondo . “Senti le sai fare le iniezioni?””Io? no ho paura solo a vedere l’ago” rispondo spaventata. “Beh devi imparare vieni ti faccio vedere !” ribatte con autorità. Ho il cuore che batte forte “Ma che cosa devo vedere?” mi chiedo, scendiamo al secondo piano e ci fermiamo davanti ad una porta, entriamo ed era un cucinino ; c’era la ciotola d’ acciaio con l’ago , c’era una mela in un piatto e dice “Devi fare così “ con un colpo deciso infila l’ago nella mela .”Prova tu” e mi mette l’ago in mano. “Ma io non ci riesco “”Ti ho detto di provarci “insiste senza mezzi termini. Non ho scampo prendo l’ago e do il colpo ma non è deciso , prendo la mela di lato e non entra . “Riprova “insiste spazientita . Stavolta insisto con forza e l’ago entra . “Vedi non è difficile allenati a casa e quando sei pronta dimmelo che cominci a farle sui c. delle persone “ “Ma se sbaglio ?” “Che ti frega il c. non è tuo!”. Attonita continuo a bucherellare la povera mela non sapevo se ridere o piangere.

A mia cugina non mostravo la mia preoccupazione e nella mia camera prima di dormire continuavo ad allenare la mano bucherellando la mela con la siringa che mi aveva dato Daniela, pensavo a quelle povere vecchiette e a quei sederi scarni” ,:come avrei fatto a trovare il punto esatto in quelle quattro ossa ?, questi sono matti “ pensai “io non farò mai le iniezioni”!Mormorai .ma continuai a buccare la mela “per il bene delle natiche delle vecchiette”, provai a consolarmi.

Un’altra settimana: scopro il letto dopo aver fatto alzare un vecchietta, tutto sporco di feci decisamente maleodorante , la guardo i suoi occhi erano terrorizzati, instabile nell’equilibrio, la sottile camicia da notte celesta sporca anch’essa di feci, sto per ammucchiare il lenzuolo in fretta ma, la situazione non sfugge a Daniela che conosce la sua recidività , apre il lenzuolo e urla”Brutta vecchiaccia, quante volte ti ho detto di suonare il campanello? Adesso stai tutto il giorno sporca “ le grigna vicino al viso e le molla uno schiaffo , la vecchia barcolla e cade .

Mi si spezza il cuore ma non posso dire niente, faccio il letto con le lenzuola pulite. Poi Daniela con uno strattone la rimette in piedi e la butta sul letto come un sacco vuoto , io vedo la vestaglia sulla sedia la prendo e gliela poso sopra. Le altre povere vecchie intimorite stanno ferme e zitte dalla paura.

Mi chiedevo spesso chi mai fossero quelle povere vecchie e come mai nessuno le venisse a trovare e naturalmente non osavo chiedere niente. E stranamente solo quella camerata era occupata da “pazienti”. “Forse gli altri devono arrivare , la clinica ha aperto da poco “ provai a dare un senso.

Avevo terminato di pulire la camerata ,scendo e Daniela mi fa”Paola vai davanti alla sala operatoria aspetta li che ti vuole parlare il primario ”va bene “dico.

Passo il corridoio e mi fermo davanti alla sala operatoria domandandomi chi fosse questo dottore che non avevo ancora visto. Si apre la porta ed esce la bionda Raffaella, senza camice bianco , senza cuffia con i capelli lunghi belli sciolti. “Ciao Paola adesso ti porto dentro, devi stare ferma, non parlare ,devi solo guardare”mi prende il braccio e mi porta dentro, chiude la porta e mi ferma. Si avvicina al dottore e gli parla all’orecchio.

“Il dottore”aveva solo il camice bianco aperto e si vedeva la camicia a righe grigia e celeste semi sbottonata , baffi sottili ,abbronzato già (per essere ancora giugno).

Si gira e mi guarda. Abbasso lo sguardo su un lettino stretto, c’era semi coperto con un lenzuolo verde un uomo, pareva sui 50 anni. Si vedeva solo il viso. Dal naso usciva una cannula dalla quale si vedeva scorrere il sangue e veniva raccolto in una sacca ; un altro macchinario aveva appesa un’altra sacca con un liquido trasparente(ora credo si trattasse di una soluzione fisiologica).

Il lampadario a dieci faretti sparava luce sul paziente. il dottore in mano aveva un arnese simile a uno scalpello che affondava con decisione in una narice del naso dell’uomo. LI per li alla vista del sangue hoavuto un mancamento e mi sono appoggiata alla porta dietro di me, al che la bionda mi viene vicino “come va stai male?se stai per svenire esci,ma se puoi resisti e guarda”.”Non so “…balbetto. “Dai resisti” m’incoraggia e torna vicino al dottore: lui mi accenna a un sorriso e a uno sguardo compiaciuto e continua a scalpellare.

Anche se sotto anestesia il paziente ad ogni affondamento dell’arnese fa dei lamenti. “ti lamenti? Vuoi cambiare il naso? Lo vuoi più bello? E allora soffri “e affondava con sarcastico piacere lo scalpellino nel naso del pover’uomo. E i due se la ridevano .

Io ero paralizzata con gli occhi fissi sul viso dell’uomo sdraiato e non riuscivo a muovere un muscolo. il cuore mi batteva forte. Non sentivo più il sangue circolare, mi sentivo come fuori dal mio corpo e che vedessi la scena dall’alto. Ogni tanto Raffaella , scuotendo i suoi capelli biondi mi lanciava uno sguardo e mi sorrideva compiaciuta del fatto che non fossi svenuta. Come in un gioco macabro passava gli attrezzi al dottore, tamponava con delle garze il sangue sulla faccia dell’uomo, ignaro di come si svolgevano le cose sul suo naso. Se avesse potuto prevederlo penso che forse avrebbe apprezzato di più il suo naso aquilino!

Quella scena da film di Dario Argento sarà durata un ‘ora , due non so dire ;io ero ormai fuori tempo.” Eccoti il naso nuovo” dice il dottore con ironia, mi viene vicino “brava davvero non sei svenuta,sono soddisfato. Puoi andare ci vediamo domani abbiamo un altro intervento da fare e quando arrivi vieni direttamente giù in sala operatoria”.

Senza una parola esco dalla sala operatoria cammino come un automa vado allo stanzino mi tolgo il camice bianco , senza fretta e mi avvio, do uno sguardo alla portineria ,tanto Daniela non c’è !.

Faccio il viaggio in autobus ubriaca guardo gli altri passeggeri che parlano, ridono, ma non sento niente ho le orecchie ovattate, come quando vai in alta montagna.

Arrivo a casa mia cugina è in bagno. M i butto sul letto vestita e sto al buio .

”Paola sei tornata? “la voce allegra di mia cugina, “si sono in camera”rispondo con un fil di voce.

Franca viene in camera”che ti è successo perche stai al buoi? Stai male ?” , “No ,si , non lo so “ e scoppio a piangere”Paola Oddio che è successo ‘ parla” .”Franca io non ci vado piu il sangue ,il martello,quelli sonomatti”, “ma chi’ il martello ? il sangue ma che farnetichi’?”;”Franca quelli mi hanno fatto entrare nella sala operatoria”…e tutto d’un fiato le racconto tutto..

Sono trascorsi tre anni , un giorno mio marito torna dal lavoro, mi porge il giornale “leggi la notizia segnata con la penna”. …”arrestato il dottore della clinica Raffaella copertura per traffico d’organi , false lauree maltrattamenti a persone anziane..” mi sento gelare.

Dopo che mi riprendo un po’ faccio il numero di mia cugina.”pronto Franca, sono Paola, ti ricordi la famosa clinica Raffaella?……”

 


 

Maledetta puntualità

“Se anche questa volta scende tardi , non l’aspetto me ne vado !”Sbotta decisa

Erika mentre si appressava nell’ingorgo mattutino ,alla casa di Sonia.

Doveva sempre aspettarla quei regolari quindici, venti minuti di ritardo . Lavoravano insieme come segretarie in un ufficio legale presso un giudice Loconte e la scusa del traffico di Roma ormai stava perdendo di credibilità. Per fortuna ,il giudice stesso q ualche volta arrivava un po’ in ritardo e quindi le giustificava.

Erika era stufa , lei così maniaca della puntualità ,arrivava sempre quei dieci minuti in anticipo ad ogni appuntamento in qualsiasi posto, era più forte di lei si sentiva male a far aspettare gli altri . Magari si aggiustava il trucco si metteva in ordine alcune pratiche d’ufficio o ascoltava la radio della macchina.

Al contrario Sonia : comoda ,lenta , non si mortificava nemmeno di far aspettare gli altri. Tra gli amici era soprannominata “Bradipo” .Rendeva chiaramente l’idea.

Erika già smaniava per il traffico in quella mattinata con la pioggia, era uscita mezz’ora prima per cui sperava proprio che Sonia avesse un po’ di comprensione. Si ferma in seconda fila con le frecce d’emergenza accese e spegne il motore guarda l’ora: quindici minuti d’anticipo..”Dio fa che oggi Sonia scenda prima “pregò Erika .

D’improvviso si aprì lo sportello sinistro “Zitta non gridare e parti “un ragazzo le puntava una pistola alla tempia dentro la sua auto . Erika si gira verso di lui impietrita “parti t’ho detto o ti sparo”. Senza dire una parola Erica avvia la macchina “sbrigati vai più veloce”insiste l’uomo spingendo la pistola sulla testa di Erika.”ma dove vado “balbetta lei i .”Tu guida te lo dico io dove” ; chiaramente impaurita comincia a pregare c on voce tremante.”Che stai borbotando”?” chiese l’uomo seccato insistendo nel premere la canna della pistola alla tempia.“Sto pregando “ rispose lei .”Va bè fallo a bassa voce ,stai tranquilla non voglio farti del male mi interessano i soldi”.

Mentre guidava cercando di divincolarsi nel traffico cittadino con la pioggia lui la tempestava di domande :dove lavori se sapeva a che ora apriva la banca che si trovava proprio sotto casa di Sonia, se conosceva il direttore, quanto denaro poteva esserci. Lei cercava di rispondere come meglio poteva non conoscendo molti particolari dato che l’ufficio dove lavorava era a qualche chilometro fuori mano. Mentre parlava mi voltava a guardarlo .”Girati non guardarmi e guida più svelta”. Dopo quindici minuti presero una strada che conduceva fuori Roma ,in una piazzola la fece fermare e scendere ;la portò dietro la macchina , apri il bagagliaio e disse”Entra dentro guido io” “Oddio no”supplicò Erika ”Dai non fare storie entra sbrigati “ e la spingeva . Erika si arma di coraggio , aveva i pantaloni e il cappotto ; se lo tolse lo stese nel portabagagli e ci si misi sopra. Lui chiuse con decisione il portello.

Aveva un po’ paura dei luoghi chiusi ,in fatti non prendeva mai l’ascensore, ma forse nel panico pensava solo se si sarebbe salvata . Nella paura se la prese con Sonia “Tutta colpa sua se fosse scesa puntuale io non sarei qui. D ‘ora in poi non andrò più a prenderla andrà sa sola.” Promise arrabbiata; poi i pensieri si spostarono al mio marito si telefonavano sempre appena arrivati al posto di lavoro.

Scoppia a piangere e prega , non potendo guardare l’ora , si rese conto del tempo trascorso; sentiva solo gli scossoni della macchina e le curve che faceva veniva sballotata qua e la e sbatteva la testa.Poi l’auto si fermò, Erika si sentiva a pezzi e mi mosse per sistemarsi un po’ fecendo rumore , l’uomo apri il portabagagli e le chiese come stava. Gli rispose che era chiaramente a pezzi, se poteva scendere a sgranchirsi le gambe. “Va bene ma non fare scherzi ti tengo d’occhio con la pistola”.

Minacciò lui.

Scese sollevata, guardò l’orologio: le dodici. “Ormai sapranno tutti, avranno avvertito la polizia “sperò. Lui andava avanti e in dietro nervosamente e diceva “ma dov’è come mai non è ancora qui “ imprecava e fumava rabbiosamente . Si guardava in giro guardava Erika.

Lei col capo chino per non guardarlo capì che qualcosa era andato storto per luie comin ciò a temere per la sua vita , aveva la schiena dolorante e la speranza di salvarsi si stava affievolendo ; Poi dove si erano fermati c’era un estesa campagna .”Qui se mi fa del male non se ne accorge nessuno” pensò con terrore Erika. “Rientra nel portabagagli ti lasco libera” disse lui all’improvviso. Incredula lei rientrò nel bagagliaio e pregò che finisse presto. Ricominciò a guidare nervosamente lei respirava a fatica e cercava di tenersi come poteva.

Non aveva idea di dove stesse andando sperava solo di essere liberata. Il viaggio sembrava interminabile poi la Peugeot si fermò all’improvviso. Il portabagagli si aprì “Scendi ritorna a casa “ disse l’uomo e le gettò le chiavi addosso, cominciò a correre fino a che sparì dalla vista di lei.

Erika stordita e dolorante scese piano dal bagagliaio, guardò l’orologio erano le due. Si trovava in campagna ma non riusciva a capire dove . Sotto shock si mise al volante e mentre guidava cercava di orientarsi , dopo circa dieci minuti vede una villetta. Scende e si avvicina al cancello, il cane da guardia comincia ad abbaiare verso di lei, esce un signore di mezza età : avvicinandosi al cancello tenendo il cane lupo chiede a Erica cosa desiderasse,lei con un filo di voce dice” Può chiamare la polizia sono stata sequestrata e non so dove mi trovo” nel fratempo esce anche una donnina avanti con gli anni l’uomo gli riferisce l’accaduto. Senza esitare la donna anziana dice al figlio di aprirmi con fare pie,toso chiede a Erika come sta la fa entrare in casa e le offre acqua da bere .Erica ringraziando sentitamente chiede di poter avvisare il marito senza indugio la gentile signora la porta vicino al telefono. Erica compone il numero di casa e risponde il marito , trafelata spiega tutto e dice di avvertire la polizia .Circa tre quarti d’ora dopo arriva una volante con il marito . Si abbracciano ed Erica esausta scoppia a piangere .

Dopo aver fatto alcune domande la polizia si offrì di portarla all’ospedale dei dintorni .scortata dalla polizia fu visitata in breve tempo; niente di grave alcune escoriazioni e tanto spavento. Poi nuovamente con mio marito al commissariato e rispondere alle domande di rito se lo conoscesse come era cominciata la vicenda ecc. e firmare una dichiarazione . Finalmente a casa dove Erica si concede un bagno caldo , una buona cena e coccolata dal marito cade in un sonno ristoratore.

Certe vicende capitano sempre agli altri e non ci si preoccupa mai .Quando le vivi in prima persona però ti cambiano la vita e lasciano l’amaro in bocca. Ma una morale positiva ha avuto  luogo :Sonia ha imparato ad essere “puntuale!”


Il Vasaio

La madre terra si diletta a dare disegno a sé stessa generando innumerevoli

sagome, trasformate in vasi, ora grandi ,ora piccoli, ora forti ,ora deboli, dalle forme più svariate. Si fa vanto di questa sua produzione e li espone ogni dì al bacio del sole quotidiano e al tenero abbraccio della mitigata atmosfera, affinchè ci sia unione di corpi. E con il suo beneplacido essa affida questi suoi figli alle capaci mani di un Magno Vasaio.

Il quale dall’alto della sua somma magnificenza li tiene sotto osservazione benevola ,stendendo su di essi il suo manto protettivo affinchè non siano inghiottiti da qualche avversità. Li nutre teneramente , mescendo dentro di essi liquidi vitali per la loro esistenza. Versa acqua , olio, vino; in quantità consona alla loro forma argillosa.

Li monda da ogni impurità che l’alito del vento trasportando pulviscolo li investe ogni giorno. Plasma la loro fattezza di ogni perlaceo colore che alla vista dell’iride appaiono come un immane serra di fiori dai mille colori.

Oh! ..che splendore! Che diamante dalle mille sfaccettature! Oh! C’è il color zaffiro!..c’è il turchino!

C’è il cremisi! Il diaspro! ..che arcobaleno!..Il Magno Vasaio lieto di tanta beltà , unendo tra loro i vasi , dirige il loro suono come un maestoso direttore d’orchestra.

Che dolce melodia s’innalza al trono regio del Vasaio, che stende su di essi un manto di rugiada!

Ma fra gli onorevoli vasi ve n’è uno piccolo, fragile ,un po’ insicuro nel suo piedistallo, con sottili venature il quale particolarmente si nota per il suo cauto contegno. Si distanzia curioso ,lentamente dagli altri vasi e dal Magno Vasaio.

Oh che evento infausto!

Cio’ lo rende disponibile a contenere liquidi non adatti al suo scopo.

Le venature si estendono come radici fino al punto che quel vaso cede al peso superiore di codesti liquidi..causandone la sua tragedia!

Il vaso è in frantumi,e i suoi pezzi come petali di fiori sono volati alle intemperie.

Alla vista di ciò lo stupore colpisce gli altri vasi:”Oh!

Guardate che disfatta ,ma si è allontanato da noi, dal Vasaio!..””Oh si, era pieno di venature”, “Ha accolto nel suo grembo liquidi estranei”!”Si non era degno di stare con noi!”. E si allontanano inoriditi.

Solo un vaso tra essi sta in silenzio, guarda con cordoglio ciò che resta di quel misero vaso in frantumi , si distanzia dagli altri vasi e con lentezza si avvia verso i petali sparsi del vaso: li raccoglie e li unisce insieme con la forza dell’affezione ,lo ricompone e gli da decoro!

Versa in esso un po’ del suo olio balsamico e lo aiuta a tornare alla suprema presenza del Vasaio; fra la perplessità degli altri vasi che attendono il verdetto .

Il Magno Vasaio con nobiltà stende la sua mano e lo invita a lui, lo dipinge nuovamente con colori vivaci per coprire le notevoli venature e lo riscalda con la fiamma dell’amore.