Delia

“… scalino dopo scalino, l’emozione “tagliò il suo respiro”: quel luogo conservava una traccia indelebile nel suo cuore e quando quel respiro diventò il sottofondo dei suoi pensieri, Delia “apparve”, in cima alle scale. Aveva conservato quel fare che era ancora impresso nella sua mente. Con voce calda e accogliente, la invitò a salire.

Intorno tutto “sapeva” di lei: ogni cosa era una presenza significativa del suo modo di vivere. Poi i saluti…con un arrivederci “diverso”. Luca scese quelle scale portandosi dietro le briciole di un’attenzione “cercata”… e ora trovata per andare avanti … Delia aveva rimesso le ali ai suoi sogni”.

 

Caro Gloriano,

oggi ho qualcosa nel cuore… che mi fa tanto male: la vendita, forse, della tintoria, della “tua” tintoria.

Hai trasformato “il negozio”, come tu lo chiamavi, nella vostra seconda casa. Dico vostra perché lavoravate sempre insieme e senza fermarvi mai per creare qualcosa che vi facesse dimenticare la povertà delle vostre origini.

Io, che molto ho detto sui tuoi “errori”, vorrei dire molto…. e continuerò a farlo, anche sul tuo impegno.

La mia mente non può dimenticare quel “bagnato” sul marciapiede che, anche molto presto, mi parlava di te. Mi diceva che eri già lì per accogliere quei clienti che venivano a portarti i loro abiti e il “buongiorno”, come si fa con i vecchi amici.

E nessuno, dico nessuno, toglierà dai miei ricordi le tue lunghe dita che “cercavano” di togliere “quanto” una penna aveva fatto di danno.

Quel negozio era, per te, uomo di fede, il tuo “altare” e quel vecchio bancone il tuo tavolo da lavoro.

Quel negozio era anche altro. Parlavi allo stesso modo con i ricchi e con i poveri, con i “grandi e con i “piccoli” ai quali facevi conoscere i tuoi valori, quelli in cui avevi creduto da sempre.

Alto e sempre ben vestito, calzavi vecchie scarpe da ginnastica con la stessa eleganza con cui da giovane portavi le “duilio”.

In quel tuo piccolo mondo molti si fermavano… e non solo per far pulire un abito.

Molti cercavano te, uomo di altri tempi!

Ebbene, Gloriano, oggi stai non solo nei nostri pensieri ma in quella “memoria che non conosce la patina del tempo.

Alberta, la tua Albertin, vive “il tuo non esserci più” con la forza delle emozioni, quelle che portano la nostra casa quando con piacere viene a mengiare da noi.

Gloriano, io ti ho perdonato e tu sei diventato, con il tempo, una presenza nelle nostre scelte.

Ho solo il rimpianto di non averti perdonato allora.

E solo perché il dolore che mi poortavo dentro era più forte e mi faceva tanto male.


L’ESSENZA DELL’UOMO

E’ in quelle mani tremanti, in quella voce flebile che fatica a “parlare”. E’ in quel suo andare lento e traballante.

Donato, sì “donato” dal cielo per farci amare la vita.

Per lui è più difficile, perchè difficile è il suo parlare, difficile è il suo sentire, difficile è il suo trovare un posto tra noi. Ma nel suo essere esile, troppo esile, c’è un uomo che “soffre”. E’ un’ombra che ti segue … per “mordere” la tua anima.

Eppure i suoi occhi ti cercano, ti trovano. Sono occhi azzurri, profondi, che “scrutano” l’infinito, come infinita appare la sua distanza dal “vivere”.

La sua, è una fatica che vedrà sorgere il domani … e poi ancora un domani … un domani, fatto sempre e comunque di fatica di vivere.

Col suo sguardo cerca qualcosa da “afferrare”. uno sguardo profondo, lacerante. E’ uno sguardo che pesa, uno sguardo che occupa la coscienza di chi siede accanto a lui.

Stringo la sua mano … lo guardo. E lui, dolcissimo entra nel mio cuore.

Ora vedo l’uomo e ne colgo l’essenza. Ne vedo il passato, fatto di successo, di giorni felici, di facili conferme.

Ma ora, il suo, è un presente di solitudine fra la gente.

Col suo sorriso ci regala la speranza … che è già certezza di potercela fare.

 

p.s.: Donato è una persona disabile che ho avuto occasione e poi il piacere di incontrare in un centro di riabilitazione.


ASPETTA

Ho sentito volare la tua anima

più in alto della tua solitudine

più in alto della tua stanchezza di vivere.

Ho cercato di fermare quel volo

perché tu possa ripensare

a quel tanto che hai deciso di lasciare.

Ho amato ancora una volta le tue scelte

facendone un respiro per le mie fatiche.

Hai voluto lasciare una traccia

nel solco del tuo male di vivere,

ma ora sento che è tardi

per farti arrivare la mia voce.

Sento che è tardi, ma ti dico,

per amore, aspetta.

 

(dedicata alla ragazza che il 1° novembre avrà l’autanasia, vuole morire perché ha un cancro al cervello)