Poesie
Azzurro color Zaffiro
Il colore del mare. Uno spettro di emozioni
dalle sfumature del cielo,
depositario di misteri
che solo tu sapevi raccontare, mio Saggio.
Ti adagiavi sui bollenti granelli della sabbia,
assaporando l’odore dell’alghe
in prossimità delle onde
e sussurravi le avventure
che avresti voluto compiere,
le inventate gesta dell’eroe
che avresti voluto essere,
la fantasia con cui imprimevi il bacio
sulla fronte dei tuoi cari nipoti.
Ricordo che, talvolta,
nelle prime ore del mattino,
l’azzurro delle acque del tuo Sud
si specchiava nella profondità
del tuo sguardo
e tu, inebriato dalla frescura
della brezza marina,
mi lasciavi giocare
con quel secchiello giallo
che tenevi nascosto
nella nostra cabina segreta.
Parlavi di castelli medievali,
di mostri da sconfiggere,
di cavalieri da amare,
di terre da conquistare,
di valori per cui battersi ed io,
come un fiore che attende l’ape
che ne estrarrà il polveroso polline,
aspettavo l’esito
dei tuoi dolci racconti,
ed è col miele di quel polline
che io ho plasmato la sabbia,
creando con l’acqua
un castello di desideri
di cui solo tu, Saggio,
conoscevi l’origine.
Sai, Nonno,
gli espressionisti ritraggono
lo stesso soggetto
in varie fasi del dì e della notte,
alternandone le fattezze
ed esaltando le diversità
dei dettagli.
Il tuo mare,
quello che il profondo blu
dei tuoi occhi
fissava ardentemente,
muta come un quadro
di quei pittori,
accompagnando le varie fasi della vita
dei nipoti
che tanto hai adorato
e che finora hanno scovato
le sue più bizzarre sfumature,
partendo dal verde cristallino
delle pietre sul fondale,
al nero intenso
delle acque più profonde,
all’oscura realtà del mare di notte
della nostra maturità.
Vorrei dirti
che quell’intensa tonalità di zaffiro
che contemplavamo insieme,
sdraiati sotto il Sole estivo,
l’ho ritrovata come un filo conduttore
della mia esistenza,
in una storia segreta tutta da raccontare,
come complici sono state
le tue favole dell’innocenza.
In un mondo asettico,
contornato dal bianco e dal nero,
ho trovato la luce,
con questo tono d’azzurro
di cui voglio parlarti.
Nel periodo più tetro
delle mie personali esperienze,
una donna,
china verso me in un autobus di città,
mi disse
che tutte le mie problematiche
si sarebbero risolte,
senza conoscermi,
senza avermi vai vista.
Da allora solo simboli,
segnali di colore blu zaffiro
mi hanno rincorsa per condurmi
alla serenità dei tuoi occhi
riversi sul mare.
Una suora
si perse per i borghi di Roma,
le indicai la strada,
mi fece dono del suo rosario blu,
ringraziandomi della cortese disponibilità.
Lo sai bene,
non sono mai stata una fervida credente.
Eppure quel gesto
è impresso nel cuore
di una giovane donna
che vive nel secolo della tecnologia
e dell’incomunicabilità sociale.
Qualche tempo fa sognai
una Madonna che,
adagiata su un altare,
aveva corpo e vesti
interamente azzurre.
Mi sovviene soltanto il senso
di pace e profonda tranquillità
con cui mi svegliai,
squarciando il grigio
dell’ordinarietà che mi opprimeva.
E’ stata la stessa sensazione
che ho provato
quando ho incontrato
il vero Amore,
mio Saggio.
Un Amore
che venero, canto,
dipingo, elogio.
Nel voler ritrarre una nostra foto,
come a voler imprimere
quell’istante di felicità
sulle mura del mio nuovo castello,
disegnai sulla parete
della mia stanza
i nostri due volti
all’interno del simbolo matematico
dell’infinito,
orientato in senso diagonale.
Qualche giorno dopo,
all’improvviso mi venne in mente
il sogno della Madonna
colorata di blu.
Decisi di fare una ricerca su internet.
Scrissi sul motore di ricerca:
“Sognare la Madonna blu”,
comparve tra le immagini
il quadro di Chagall,
identico al mio disegno,
con la raffigurazione di due amanti,
dipinti d’azzurro.
Nonno,
quand’ebbi le mie prime delusioni
e tu eri ancora in vita,
scrissi una poesia
su quello stesso muro della mia stanza,
dove decantavo la speranza del futuro
ed esaltavo le mie sole forze.
Accanto a questo testo, sulla destra,
disegnai un angelo,
e firmai la mia poesia
“Angel”,
come a richiedere la protezione
di un’entità celeste,
lasciando un riquadro bianco
da riempire
quando la mia anima
sarebbe stata invasa
da nuova luce.
L’Amore che ha reso
colma d’azzurro la mia esistenza
si chiama Angelo,
mio vecchio Saggio.
So che durante il suo cammino
una sensitiva
gli disse ch’ era protetto
da una luce blu, color zaffiro.
Il mio mondo ora è cullato
da tutte quelle sfumature di azzurro
dei tuoi occhi,
mio dolce Nonno,
ed ogni volta che ripenso
alle casualità
della mia giovane vita,
porto nei meandri del mio cuore
le tue flebili parole,
pronunciate nell’esalazione
degli ultimi respiri
macchiati dalla malattia,
cantando una canzone tutta italiana:
“Azzurro, il pomeriggio è troppo azzurro per me… Volare !”
Il gioco del nascondino
Certe volte ci nascondiamo. Ci nascondiamo dietro un sorriso di circostanza, una parola di troppo o dietro un paio di occhiali da sole. Certe volte ci nascondiamo nei nostri pensieri e pensiamo di non essere capiti, così capiamo che è meglio nascondersi. Ci nascondiamo per il semplice gusto di farlo, perché è affascinante scoprire ed essere scoperti, così scoprendo che è inutile nascondersi se è così difficile farsi scoprire. Ci nascondiamo perché abbiamo paura dell’azzardo, e così azzardiamo una nuova personalità, perché, in fondo, l’azzardo ci piace. Ci nascondiamo perché amiamo e temiamo troppo l’attimo fuggente ed abbiamo paura che, fuggendo l’attimo, questo ci trascini via con sé, in qualcosa che è attimo, ma che fugge dalla nostra portata. Ci nascondiamo dietro azioni compiute ripetutamente, compiendo la nostra inerzia che, inerte, ci stanca e cerchiamo nuove emozioni che, emozionandoci, non ci facciano stancare. Ci nascondiamo, perché ogni santo giorno cerchiamo noi stessi cercando di non stancare.
Il mio racconto
Ti regalo il mio racconto, perché non ho niente,
ti regalo il mio racconto per il sorriso della gente,
tante parole dette senza ipocrisia,
tante poche citazioni e nessuna fantasia.
Allo studente si regala solo la teoria,
col peso delle tasse e la testa ferma sulla scrivania,
pensa di cambiare il mondo cambiando un po’ se stesso,
pensa di non veder discriminato più nessuno per il sesso,
guarda il suo futuro e si vede laureato,
guarda la realtà ed è un disoccupato,
barche di immigrati accorrono alla Nazione,
valigie di cartone arrotolate senza più destinazione.
Ti regalo il mio racconto, perché non ho niente,
ti regalo il mio racconto per il sorriso della gente,
tante parole dette senza ipocrisia,
tante poche citazioni e nessuna fantasia.
Alla mia mamma ho detto che me ne devo andare,
lei piange nel suo petto ma non posso più restare,
“Vivi pienamente”, mi ha risposto con dolore,
“Vivi per amare, non portare mai rancore”,
ma la rabbia che io ho dentro non la posso cancellare,
in un Paese senza cittadini liberi non si può più respirare,
e tu che mi mandi via in un altro continente,
sappi che un giorno riuscirò a vedere il sorriso della mia gente.