SPIETATI
Arrivano silenziosi inaspettati
i giorni difficili e spietati
dove la sofferenza ti colpisce
e ogni ragione e logica sparisce
ti trovi impotente davanti a tutto
senza le forze e la volontà di reagire
il mondo inquieto diventa brutto
e avresti magari voglia di sparire
ma poi con infinita pazienza
senza sapere né dove né come
riesci a fare nuova resistenza
superando ogni condizione
nascondendo anche la fatica
perché se chiamano rispondi
alle molte sventure della vita
e con un sorriso non affondi.
DEL TUO AMORE
Del tuo amore sono ostaggio
sei sulla pelle come un tatuaggio
l’aria dei miei giorni e sospiri
e molti di questi versi ispiri
più volte amore te l’ho detto
mi piace stare con te a letto
ma soprattutto come sei e ragioni
i tuoi pensieri e le conclusioni
il modo di essere forte e gentile
e di vedere quello che mi sfugge
ma quale superiorità virile
se l’uomo di solito distrugge
del tuo amore sono ostaggio
e mi fa piacere averti vicino
sei tu che dai forza e coraggio
e permetti di affrontare il destino.
ARRIVA
Il buio arriva prima
quando è ancora giorno
e si perde ogni stima
non ha senso il ritorno
si confonde il cammino
per la noia ci si ferma
non c’è nessuno vicino
e nemmeno una conferma
le parole perdono senso
le verità poi svaniscono
così tutto diventa denso
e anche le storie finiscono
non serve essere socievoli
e nemmeno comprensivi
i pochi momenti piacevoli
sono riservati solo ai vivi.
TERREMOTO
Il 29 maggio, ero in bagno e stavo lavandomi la faccia, quando un onda attraversò il pavimento, dandomi la sensazione che fosse liquido. Terremoto! Chiamai mio figlio che dormiva e che non si era accorto di niente, la scossa a Bologna si era sentita ma non aveva fatto all’apparenza danni. Telefonai a mia madre novantenne, a Crevalcore, allarmato dalle notizie del telegiornale. “Una scossetta.” Disse, contraddicendo ciò che avevo sentito. Mi raccomandai che uscisse di casa, presi l’auto e mi misi viaggio per raggiungerla, con il cuore in subbuglio. Trenta chilometri di preoccupazione e ansia. Il terremoto si era già fatto sentire e aveva minato le nostre certezze. Quando arrivai mi accolse la disperazione dei paesani, c’era chi piangeva chi spaesato camminava trascinandosi una valigia con le poche cose che era riuscito a prendere dopo la scossa, gli occhi erano pieni di domande senza risposte e la disperazione stava impadronendosi di tutti. Trovai mia madre seduta su una sedia davanti casa che discuteva sul fatto di andare via o di restare e ovviamente lei era per la seconda possibilità. Non era per niente spaventata, e ci misi un bel po’ a convincerla di lasciare la casa. Infine accettò, venne con me, in ciabatte e con la borsetta da passeggio e soprattutto poco convinta dell’arrivo di una seconda scossa. Raggiungemmo una panchina sui viali del paese, dove presto arrivarono due signore come noi in fuga dalla probabile seconda scossa. Una signora lamentava il crollo della scala, l’altra parlava poco con gli occhi sperduti nel vuoto. Mia madre si lamentava per la panchina troppo bassa, avrebbe fatto fatica ad alzarsi. Dopo un paio d’ore, di disperazione e persone preoccupate, il pensiero dei maccheroni e le polpette che ci attendevano a casa, si impossessò di mia madre. “E’ mezzogiorno, andiamo a mangiare. Tanto non tira più.” Ho tentato di oppormi inutilmente. Così siamo tornati a casa, che per fortuna non segnalava danni. Ho apparecchiato, mangiato i maccheroni e le famose polpette. La seconda scossa ci colse a tavola. La casa urlava, i muri scuotevano, gli oggetti vacillavano o cadevano, tutto tremava in un rumore inquietante. Furono secondi eterni. Non potevo fare nulla, se la casa crollava vi saremmo rimasti sotto senza possibilità di scampo. Quando tornò il silenzio, stordito guardai mia madre, che dopo un attimo di esitazione, tranquilla, disse: “Non fai mica il caffè?” “Caffè? Bisogna scappare!”, risposi, mentre dal vicolo voci concitate ci urlavano di uscire. Mi madre per niente turbata, sempre in ciabatte andò in terrazza a vedere chi era. “Venite subito fuori!” Ordinarono due carabinieri accompagnati da due pompieri. “Cosa volete?” Chiese mia madre, “Dovete uscire subito. Lo sa chi siamo noi?” “Due carabinieri e due pompieri e allora. Adesso vado in bagno poi vengo.” Si girò e sparì dal balcone. Io riuscii a dire ai soccorritori una frase che rappresentava la mia impotenza e sconfitta su mia madre e il terremoto. “Oh, se la volete prendere a mano voi.” Ma anche loro non dissero nulla. Comunque il caffè quel giorno non lo facemmo.
PASSEGGIATA
Una passeggiata nel paese ferito
A Malpighi immobile e seduto
La visione di un palazzo guarito
Lo guardo e con il capo lo saluto
Probabilmente non ha capito
Quel bronzo sotto cui giocavo
Perché parte del paese è sparito
Mancano portici in cui passavo
Altri interrotti, chiusi e inaccessibili
Così passo per piazza attento
E i ricordi ritornano visibili
Rivedo volti, anche le voci sento
Amici, conoscenti, odore di paese
I passi sono più incerti, stanchi
Qualcuno mi salute cortese
Forse rispetto per i capelli bianchi
Vedo gli spazi con le case sparite
In alcune sono stato dentro
Ripenso alle persone a quelle vite
E con la mente ancora vi entro
Salgo scale, apro porte, finestre
Che ora son fatte solo di aria e luce
È strano non ci sono vie maestre
Non so dove l’emozione mi conduce
Tra nuovo e vecchio mi consolo
Ci saranno nuove occasioni
Forse sorrido e prendo il volo
Con un chiassoso stormo di piccioni
COME
Come potrà il mio amore
Essere uguale al tuo
Così sincero e incondizionato
Giocoso, folle e gentile
Mi riconosci dall’odore
Ascolti quel passo: è il suo!
Ringrazi per ciò che non ti è dato
E soffri abbandonato in un canile
Il tuo cuore è troppo grande
Per noi uomini distratti
Pieni di presunzione vuota
Scivoliamo su ogni buccia
Abbiamo un animo brigante
Compiamo tremendi atti
Inutilmente l’universo ruota
Non vediamo l’amore nella cuccia
Nello sguardo riconoscente
La coda gioiosa si muove
Il cane non pretende niente
La sua sincerità commuove
Come potrà il mio amore
Essere uguale al tuo
Non è un potere umano
E tu mi lecchi la mano.
CONFIDENZE
La sera incalza il ritorno
un altro giorno si allontana
si alza sorniona la fumana
chiude anche l’ultimo forno
sotto il portico l’aria è strana
splendono le insegne luminose
nella consueta umidità padana
le immagini diventano fastidiose
sotto gli archi solo vuoti e assenze
e si calpestano gli stessi passi
è la stagione delle confidenze
delle parole che diventano sassi
amici che discutono sul futuro
senza sapere nulla del presente
la nebbia si confonde con lo scuro
l’inquietudine diventa divertente
finita la piazza si torna indietro
ma il tempo continua a passare
un riflesso di vita su un vetro
con una donna da poter amare
una sera autunnale diversa
adatta ai sogni alle confidenze
in una strada vecchia persa
che costringe alle partenze
il tempo non si può fermare
rimangono i ricordi condivisi
emozioni vissute da ricordare
che suonano ora come incisi
confidenze date ai luoghi cari
speranze immaginate irreali
e di tutto ciò eravamo ignari
poco importa avevamo le ali.
OMBRE
Nel silenzioso spazio delle ombre
Dove cammino con una flebile luce
E ogni illusione spesso soccombe
Il destino dispettoso mi conduce
Non ho nessuna idea di cosa accadrà
Cerco con fatica un piccolo equilibrio
O un’altra debole luce che si accenderà
Solo una voce, una parola letta sul libro
Il discorso di un umano che mi spinge
E guida e stimola ancora nuovi pensieri
Nel mio bel mestiere si recita e finge
Siamo improbabili assurdi cavalieri
In lotta contro troppi mulini a vento
Ma non ci guida prepotenza o avidità
Anche nel buio inquietante lo sento
Il bisogno, il calore della creatività
Non mi rassegno a vivere nell’oscurità
Nell’odio indiscriminato, nell’ oppressione
Non credo alla vittoria della crudeltà
Le ombre non hanno luce né passione.
SVUOTATO
Dopo una prima mi sento svuotato
Nel debutto si materializzano emozioni
C’è il fatto che vieni dal pubblico valutato
Non sai mai quali saranno le reazioni
Eh, il teatro è sempre infido e crudele
è un amico molto esigente, non perdona
con piacere soffia con forza sulle vele
la fantasia viaggia, parla, canta, suona
Nella finzione presenta un’assoluta realtà
Farlo è difficile, impegnativo davvero
Nella commedia, nel dramma c’è l’umanità
La critica, la comicità, la forza del pensiero
Sono il vero senso della nostra esistenza
C’è quella follia di volere essere attori
Di provare e capire l’umano conoscenza
Nei sentimenti, nelle gioie e nei dolori
E nel comunicare con gli spettatori
Le idee, quello che si è preparato
Dopo lo spettacolo svaniscono i clamori
E tutto può essere solo ricordato
Se ne parla con gli amici, di discute
Per questo alla fine mi sento svuotato
Però so che la scena è la mia salute
E che è il teatro che mi ha salvato.