SOSPETTO

 

Lena, con un moto di rabbia, scagliò il pacchetto regalo ben infiocchettato,  appena ricevuto, ridusse

a minuscoli frammenti il biglietto di accompagnamento, suo marito, come al solito, le dava buca,  avevamo appuntamento nel ristorantino sul mare, di fronte al Castello Svevo, lei era  a Termoli già da tre settimane, una vacanza per due sognata da tempo, ora andata in fumo.

Lavoro, lavoro, almeno quella era il refrain della loro vita matrimoniale ma ormai lei non ci credeva

nemmeno più, troppe volte lui aveva addotto quella scusante.

Negli ultimi sei mesi Giorgio, il marito, trascorreva più tempo fuori che con lei, persino quando stava a casa era assente, lo sguardo come navigasse  perennemente nel vuoto, il cellulare troppo spesso tra le sue dita, non poteva nemmeno controllarlo, per entrarci occorreva un pin, ma il numero

lo sapeva solo lui.

Si ora le era chiaro lui aveva una storia con un altra donna, rabbiosa prese il pacchetto di sigarette dalla consolle dell’ingresso,  con rabbia lo strizzò tra le dita, vuoto, pure quello.

Stordita dall’apprensione infilò la leggerissima giacca sopra il prendisole, uscì sbattendo la porta,

l’ascensore, come sempre occupato, prenotando all’ultimo momento,  l’unico posto trovato libero in quella zona di Termoli, sulla costa Nord, vicino al Castello, era quella suite al quarto piano, un vero porto di mare il palazzo, quasi tutti gli appartamenti affittati ai villeggianti e l’ascensore  un optional.

Prese le scale, mentre scendeva, ci provò, due tre volte fece il numero di Giorgio, la risposta, ogni volta, numero inesistente o non  disponibile.

- Quando torna mi sente, ultima volta che credo alle sue chiacchiere-. Disse ad alta voce, parlando a se’ stessa.

Fuori la brezza fresca proveniente dal mare la calmò un poco, si avviò lesta verso Corso Nazionale, lì un brulicare di vita,  i bar all’aperto disposti ad entrambi i lati del corso, pieni di gente che gustava aperitivi e stuzzichini, il corso interdetto  alla circolazione, per ordinanza comunale, ora divenuto salotto.

 Lena, stava per ritornare alla suite di Via Milano  ma, cambiando repentinamente idea ,si avviò verso la  lunga scoscesa scalinata che porta alla passeggiata a mare, una vera oasi di pace, si cammina a lungo, alle spalle la terrazzata a mare, poi via per un lungo mare delimitato da un lato dalle antiche mura di Termoli  che si fondono con il Castello Svevo.

Passeggiando, la donna si calmò leggermente, il sole picchiava insolente sulle sue spalle nude, si era tolta la giacca, faceva troppo caldo, scelse  una roccia quadrangolare, ai piedi delle mura, silenzio nell’aria, solo qualche grido di gabbiani, le persone preferivano i comodi sedili dei bar o il pranzo nei ristorantini all’aperto, i profumi del desinare salivano  a stuzzicare le sue narici, si ricordò ad un tratto che non si nutriva dalla sera prima, pazienza non era  di certo quello il problema.

Presa dall’incanto del luogo, dal vasto orizzonte, dal lento sciacquio delle onde  si scordò persino del pacchetto di sigarette nel fondo della borsa, prese di nuovo il cellulare, provò il numero, le rispose una voce di donna, ecco pensò non ho sbagliato nulla.

Ma il tono  imperante della donna la scosse, – Chi parla, qualche familiare del Dott.Toni, parli, stiamo cercando un parente, chi è lei?-

Lena, sbalordita  balbettando – Ma ma che succede, mio marito dov’è?-.

- Signora per telefono non posso darle nessuna spiegazione, suo marito è ricoverato qui, le sue condizioni non sono ottime , se vuole vederlo deve venire qui  e  il medico che lo segue la aggiornerà -

Ora impaurita Lena prese i dati, il marito era  ricoverato all’Ospedale S: Raffaele Turro a Milano, in effetti suo marito lavorava spessissimo in quella città ma, che nesso poteva avere, proprio quell’ospedale.

Non perse tempo, di corsa, trafelata torno’ alla suite, prese poche cose, non le importava nulla di lasciare anche tutto, le importava solo sapere.

Decise per l’auto, guidare le piaceva e la rilassava, poteva andare in treno ma avrebbe pensato troppo era meglio mantenere il cervello sveglio con la guida, in autostrada in sei ore sarebbe arrivata.

 Lena, contrariamente alle sue previsioni arrivò con ben due ore di ritardo, il traffico, l’uscita dall’autostrada e la ricerca del luogo abbastanza infruttuosa, nonostante il tom tom inserito, nel display ma arrivò.

All’ufficio accettazione non v’era nessuno a quell’ora tarda, chiese alla guardiola informazioni di dove fosse ricoverato il marito,  esibendo le proprie generalità:

L’addetta di turno, stanca e svogliata, diede una rapida scorsa all’elenco dei ricoverati e, con una certa incuranza – Signora Toni, si suo marito è ricoverato al reparto psichiatrico, stanza 11, ma non può vederlo, deve parlare con il medico di turno questa notte, le darà ragguagli – Reparto psichiatrico, a quale titolo, suo marito, un uomo sicuro di sé, apparentemente senza problemi poteva essere lì?

Ma mantenne perfettamente la calma non dando adito a dimostrazioni di apprensione.

L’addetta all’accettazione, compose il numero della caposala, poco dopo la stessa accompagnò Lena

allo studio del medico di turno.

Dichiarando di esserne moglie Lena chiese informazioni su suo marito, il medico, senza preamboli le comunicò che Giorgio Toni aveva ingerito un’intero flacone di barbiturici mentre era ricoverato al reparto urologico, per esami, il flacone non era stato trafugato in ospedale ma il signore in questione se lo era portato, ora stava in rianimazione, lavanda gastrica effettuata si ma con  ritardo ora era privo di conoscenza e molto debilitato.-

Reparto urologico si chiese Lena che mai poteva fare ll suo Giorgio poi, si ricordò che ultimamente era spesso assente con lo sguardo, consultava sovente il cellulare, non si perse d’animo e insistette per sapere di più.

- Signora non dovrei , ma la vedo troppo agitata, ho moglie anche io, suo marito ha subito una serie di analisi per  la ricerca di patologia oncologica alle vie urinarie, si calmi, suo marito non ha nulla, una semplice infiammazione ma deve avere afferrato qualche inopportuno discorso da parte dei medici che non si riferivano a lui, bensì a qualche altro paziente, la cosa dispiace a tutti noi e chiediamo venia, suo marito spaventato ha preferito  annientarsi invece di sincerarsi e combattere -

Lena, mortificata per i sospetti che avevano attraversato la sua mente si accascia, perde un attimo il contatto con la realtà, il dispiacere e l’angoscia sopravvengono in un tumulto di emozioni e, finalmente piange, di un pianto liberatorio.

Ora l’unica cosa che conta è il ritorno alla vita del marito, Lena prega il medico di  vederlo, almeno attraverso il vetro, ma no, tutto è rimandato – Signora deve attendere, lei è troppo scossa, domani lo potrà vedere e speriamo …con le terapie di supporto ce la può fare-.

La donna si avvia alla sala d’attesa annessa, accompagnata e sorretta dal medico colpito dalla  sua fragilità emotiva, trascorrerà lì la notte con nel petto tumulto e speranza.

Si siede, occhi chiusi, la fatica del viaggio e lo stress si fanno sentire, in un dormiveglia profuso di immagini, scorrono nella sua mente i momenti di gioia, le attenzioni, le promesse scambiate di condivisione nel bene e nel male, la risata argentina del suo compagno, la premura verso gli altri e lei si sente piccola piccola, piena di vergogna e di colpa per il suo inqualificabile sospetto. Che non gli dirà mai.