Vorrei amarti quando il giorno si spegne, 

quando non c’è bisogno di aggrapparsi 

a cose da fare, 

quando le energie si fanno più deboli 

e certe antenne più attente. 

Vorrei amarti nell’estate 

che brucia ogni ricordo 

e tra la neve che copre desueti sentimenti. 

Vorrei amarti quando si spezzano le promesse 

per aver nuovi propositi da mantenere 

e vorrei stringerti nella stanchezza 

che mi riporta alla mia resiliente imperfezione. 

Vorrei abbracciarti quando sbocciano le possibilità 

e rincorrerti per rendere grazie 

alla vita della tua presenza. 

Vorrei amarti quando di nuovo sboccio, 

nelle mie primavere, 

perché sopra ogni cosa vorrei 

che tu superassi con me questi inverni. 

Vorrei darti la vita, 

donarti secoli di bellezza con un semplice sguardo 

e prendere coraggio da un timido sorriso 

stampato tra i ricordi del cuore. 


 

 

Ho amato l’idea del padre 

e della madre. 

Ho amato l’idea dell’amicizia 

e poi dell’amore. 

Ho amato l’idea del Dio 

che è fuori e dentro di noi. 

Ho amato. E poi odiato. 

E poi superato. 

Oltre tutte queste idee da amare, cosa resta? 

Quello che è. 

Una stagione che cambia, 

un abbandono, una delusione, 

un sorriso, un tono di voce. 

Viaggi in auto. 

Percorsi interiori. 

Nuove scoperte e vecchi sapori. 

La luna. 



Sono così stanca, amore mio, 

con la penna sanguinante 

sul callo tra le dita. 

Sono così stanca, amore mio, 

per non aver più cambiato vita, 

fatto follie e preso treni. 

Sono così stanca, amore mio, 

mentre agosto muore e 

ho compiuto un altro fresco anno da scartare. 

Sono così, amore mio, 

mentre nessuno sa come io sia 

quando il tramonto scende e non ho più visioni 

da condividere. 

Allora riposo in una stanza 

a caso di questa casa a caso. 

Ma non riesco a riposare bene. 

Ci sono ancora pensieri 

che hanno voglia di restare.