Venezia 14 febbraio 2015

Vociferano tra le calli sciabordio de gondole e gondolieri e non lontani i gondolini in un disegno d’onde e riflessi mascherati. Confusione di allegria e allegorie, Incanalate tra i canali le maschere che mostrano celando… Mistero dell’acqua alta che Venezia non intimidisce, Tanto alta, quanto l’attesa di crepitii fotografici dei “carpe diem da raccontare”, Di una colazione col pescatore ciocco prima dell’alba… Di notti umidamente raggelate per una San Marco illuminata e deserta… Poi quell’alba ante carnevale, passata passo passo, Nebbia tra le calli e canali visibili per il solo rumore dell’acqua… Venezia è sempre uguale, Non vengo! Ce lo vedo el rustego a ciamar l’ombreta e tracanar a desmentego de la Bestemmia. Coraggio Casanova, Doge pazienza che tra una calle e l’altra – nuovamente arrivo…


QUATTRO PASSI SULLO SCAFFALE DEL FANTASY

Incrociai gli Hobbit che le pagine di Morgana erano appena frusciate via,oltre le mura. Avevano, credo, preso forma di corvi irriverenti e striduli nel loro irridente gracchiare. Merlino, s’aggirava indispettito dal gran chiasso e gli svolazzi ampi e ostinatamente bruschi del suo mantello ricordavano i gesti iracondi e inquieti di di un certo professor Piton mentre giungeva a Villa Malfoi per incontrarvi “tu sai Chi”.
Non serviva aspettare i Dissennatori nome romanzato di cacciatori ombra; dalle pagine di Cronache del mondo emerso una donna capace di spada ad inchiostro ingaggiava una lotta di pagine con la scrittrice regina del mondo dei maghi. “Saphira” incuteva un ombra di rassicurante terrore svolazzando sopra la rocca. Purtroppo gli stolti scambiavano la sua ombra per nubi passeggere troppo veloci nel loro viandare per potermi trarre in errore. Attendevo speranzoso di trovare Rubeus Hagrid, tra “non maghi” e maghi no, non ci si fa la guerra. Arya, principessa degli elfi scrutava Gandalf il Bianco e Albus Silente, che seguivano con lo sguardo Cassiopea. La tartaruga luminescente che attendeva Momo. Lenta come lenti e aggraziati erano i gesti e le movenze di Legolas. Avevo bisogno di maggior fortuna; e non certo di un fortuna Drago a svolazzarmi negli anfratti della mente. Falcor puntava deciso verso Gmork per puntare poi al giudizio dell’oracolo del sud. Era ormai giunto il momento di uscire dal Labirinto del Fauno e seguire Bilbo e Frodo verso una casa per nani in un mondo poco reale ma colmo di “Hobbit per letture a tutta Fantasy” Mi aspettava un pranzo elfico e poi mi sarei addormentato al sapor di sidro e idromele come un bimbo a cavallo del suo drago. ////// Marco Castoldi///


BINARIO QUATTRO… AMORI IN ATTESA

Li nel silenzio non silenzio
della stazione di notte
si trepida ansiosi
aspettando treni di tutta una vita…
E là in un canto…
Binario quattro – amori in attesa.

I POETI IN CERCA DI UN BACIO

Li trovai a passeggiare
mentre avanzavano a calci
versi a forma di lattina vuota
la cui effervescenza era svanita

Mi colpì l’espressione ebete
persa oltre orizzonte
tanto quanto quella
gelida e tagliente

Buia più della notte
l’ansia lacerava l’aria
il suono sordo del passo
il respiro affaticato.

L’impercettibile fruscio della penna
sbrecciava come brezza il nulla
mentre come un gabbiano
l’anima inquieta saliva su e più su

poeti creature strane
come saggi austeri e taglienti
giullari capaci di irridenti verità
innamorati perenni senza un bacio reale

fame foto impressa dallo schiocco di un clik
quello di un affermazione notturna
rubata ai riflessi giocati di un artista di strada
dalla monocromia multicolore di artista già oltre.


 

IL FARO E LA LUNA

 

La scala che scendeva dalla lampada del faro

era sufficiente  – a fare barriera – per occhi di uomo

in cerca di solitaria attesa della notte

 

ma quella seral’aria salmastra

chiamava l’inquieto spirito all’aperto

lasciata la sala dove regnava il silenzio

lo scrivano

cercò la luce della luna

 

l’uomo

non aveva altra fonte

a scolpire le forme

con giochi d’ombra

nella notte che sospese a veglia

per un sogno

 

ciò che ardeva l’anima

non era – l’abitudinario della notte -

dove immagini – corrono alla mente

da sé e di per sé – scollate al reale -

nell’inerpicarsi  alla pensante

scivolando tra le coltri.

Desto  – alquanto –  

lo sguardo

 

oltre il tratteggiarsi d’ombre e luci

per un orizzonte azzardato corvino

ad incastonare  occhi iridescenti

alla luce della luna

 

e fu lì  – che scatenasti –

forsennare di pelli

battute con foga di caccia

da cardiaci ritmi   – tu! -

l’ignara pantera  – facesti del tachicardico suono -

musica da richiamo

al cui cospetto opponesti

come -al dardo – desiderio -

la luce

di un fuggiasco sorriso

chiaro come l’alba…

poi

nuovamente il buio

al  ticchettare

di un’antica

macchina scrivente


 IL CRISTALLO

 

Pone resistenza alla pressione

e l’uomo preme per ammirarne il valore

gioiello sfaccettato da madre natura

impreziosito da mano d’uomo

minuscole inestimabili iridescenze

che gioiello già sono di per sé

caleidoscopia di meraviglie

e riflessi che come una danza

mutano ad ogni voltura

o cambio luce che il cielo imponga.

Non  arsura, ma il divampare vitale

In un gioco danzato di riverberi.


Una partita a scacchi  

(19 Marzo di tanti anni fa—festa del papà)

 

 

Pà mi insegni a giocare a scacchi?

Figliolo perché proprio oggi?

Semplice! Oggi è il giorno in cui il tuo lavoro e la mia scuola non esistono per un po’ di tempo l’orologio si ferma per dare del tempo a noi.  

Sono stanco di regalarti una scatola di sigari e la bottiglia di liquore.

Voglio che tu possa condividere il mio tempo e insegnarmi una cosa dove so che sei davvero bravo…

Il papà prese dal cassetto la scacchiera e depostala sul tavolino cominciò a disporre i pezzi sulle caselle bianche e nere spiegando al bimbo l’esatta posizione di ogni singolo pezzo.

Il figlio osservava in silenzio con una mano sul mento, più serio che mai; più attento che a scuola.

Dopo la spiegazione delle varie possibilità di movimento di pedine, torri, cavalli, alfieri, regina e re la partita ebbe inizio.

Ma, qualcosa di strano attirò l’attenzione del genitore: suo figlio ascoltava le istruzioni ma sembrava essere già capace di gestire la situazione… Entrambi col mento poggiato a palmo aperto, sembravano la controfigura di se stessi intercalata negli anni.

Laddove poi il “toscanello” giocava rivoli di fumo sembrava di leggere filiformi pensieri. Non creedo fossero domande, tuttalpiù quesiti indagatori che un noto investigatore londinese perdeva in svolazzi da pipa oppure in quel commissario da gialli francesi magistralmente impersonato da un certo Gino cervi…

Si insomma perché richiesta di tempo e perché il notorio silenzio di una scacchiera? Normalmente durante la scelta della mossa il silenzio vige imperioso e a parlare sono solo smorfie, sguardi e gesti. Un inserto di messaggi cifrati che passano da un giocatore all’altro, Da uno stratega allo sguardo indagatore seduto all’altro lato della spianata bicolore teatro della contesa.

Insomma dietro lo sguardo ancor quasi fanciullo dardeggiava una luce di vittoria che sembrava venire ben più di lontano che non dal fatto di maneggiare le pedine con una certa misteriosa padronanza.

E questo non era certo sfuggito al genitore ormai involontariamente già incappato in più di un errore di gioco.

Le mosse nell’uomo avevano preso forma di quesito e la strategia si era avviata da se a cercare dietro la contesa giocata le reali movenze di quel tempo condiviso.

Alla fine fu comunque il genitore a porre il re sotto scacco,

Erano trascorsi più minuti di quanti normalmente ne avrebbero impiegati per una normale discussione da pasto o da rientro serale.

 

Il silenzio il fruscio e il lieve posare delle pedine avevano finalmente regalato al giovane un padre da indagare e respirare tutto per se.

Un giro di clessidra della vita che sarebbe rimasto loro e solo – loro-

Una gemma da padre a figlio da incastonare in serenità.

 

A dimenticavo era un 19 marzo di tanti papà or sono.


Bab a Natale (il dispetto di un naso rosso)                         (Racconto Natalizio )

                           

Avevo appena posato sul pianoforte il volumetto

del “Canto di Natale di Charles Dickens che Charles aveva scritto nel1843. Mi ero ripromesso di leggerlo una buona volta. Dovevo!  Se non altro almeno per smascherare il dubbio che lo spirito del Natale presente fosse in qualche modo impersonato da Babbo Natale.

Non ero già più dove Babbo Natale appariva sotto            il nome di “Spirito del Natale presente”…il libro giaceva aperto e capovolto poggiato sui tasti di un pianoforte colmo di storie non solo musicali…

                         

Io catturato da un’improvvisa frenesia stavo ormai scendendo a balzi la scala che porta in cantina alla ricerca di un vecchio baule che doveva custodire molte cose legate ai Natali passati. Uno scrigno colmo di leggende narrate e mai verificate legate a oggettini natalizi calendari dell’avvento e no che di anno in anno posavano il loro vissuto tra le spalle di legno antico.

 

Stavo saltando    gli scalini a due a due …      volavo. Quando

il mio pensiero venne rapito dall’immagine di un Babbo Natale rubicondo più che cicciotto e Bonario,

Decisamente alticcio più che allegrotto. Non certo il babbo Noel dei bimbi la mattina di Natale. Era fatto di stoffa cucita a mano “Panno lenci” credo. Arrivato, da chissà quale fiera o regalo in tempi lontanamente non sospetti. Nato per ricoprire e addobbare il dolce della cena della vigilia o tuttalpiù per nascondere un dono non incartato. Ma in una cantina dove i muri sanno di fresco antico, storie di reali e selvaggina di bottiglie che raccontano di invecchiamenti d’annata… e mica una sola!!! Anche “Noel” da buon nonno può adeguarsi al suo personale fiaschetto!

Certo che visto su un fiaschetto di cantina anziché a coprire un panettone faceva pensar male…  Già il faccione rubicondo di cartapesta ricordava più uno di quei vecchietti incalliti dominatori del “tresett”, de la “Sçùa” o del “Ciapa Nò” seduti ai “Circolini” del paese ( Cuc, Cumunisti  e sucialisti) col fiasco a centrotavola e le carte da gioco serrate nella mano quasi a spaccare il mondo… In quel mondo dove finita la fatica quotidiana gli abituè sopravvivevano grazie al “Campari col bianco” ma “ Mez e mez per mja sbagliass”…  Per mja rivà a cà in “parfumm de ciocch”

San Fruttus La court da la pesa e la court di sciatt i tri circulitt, punt de agregazion viff compagn che vardà ol don Camillo e Peppone al cinema de l’oratori!

Insomma come canterebbe il caro vecchio Bob Dylan: roba da old man rubando le parole a Neil Young, si  “old man” Uomini di un’altra epoca gente di tutta un’altra pasta… vero Mr. Tambourine Man?

 

Uomini dal sapore forte dove il vissuto ha il colore dorato del sole e bruno delle pelli abbronzate dal lavoro dei campi e dal calore forte delle prime acciaierie e fonderie. Il fischio del primo turno della Falk e della Breda…

Babbo Natale infiaschettato mi guarda e sento i suoi occhi seguirmi giù verso il baule dei ricordi infondo alla cantina bislunga sotto la grata sigillata che serviva a calare ceste di carbone quintali di nera legnaia fossile portata dal carbonat. Un uomo, nero fuliggine in volto, ma con una parlata             da Milanese colto e dal sorriso luminoso. Quando lo rivedo, mi ricorda i minatori del Belgio e la loro birra che scende a lavare le polveri dalle loro gole riarse e un po’ anche i minatori irlandesi delle prime rivolte dove la birra lasciava il posto a un altro nettare dorato whisky si scrive se mi ricordo bene e altre gole stanche da riacchiappare… la lampada della cantina fa una luce fioca e se non fosse per la poca luce che filtra dal pertugio della carbonaia, sarei dovuto scendere con le candele come facevano quando sopra c’era l’osteria di caccia del re.

Già perché a Monza e in Brianza n’è passati galletti e importanti… Napoleone, I re, Teodolinda, La Monaca           del Manzoni…

Su uno di quegli strani aggeggi per posare le bottiglie di vino   ci sono ancora delle bottiglie non sono molte ma ci sono.

Bene adesso “slucchetto” e sollevo il coperchio dei ninnoli e   dei ricordi prendo qualcosa per cambiare gli addobbi di Natale poi acchiappo le bottiglie e me le porto a casa.

La lampada oscilla e Babbo Natale ancora rubicondo sorveglia.

 

Il rumore dell’antica chiave, lo scatto del lucchetto e il cigolio delle cerniere operazione Natale ha raggiunto il forziere, appendo una lanterna a olio come quelle dei marinai accendo   lo stoppino e affondate le mani nel baule comincio a cercare delicatamente.

 

Rudolph la renna guida quella col naso rosso la guardo              e guardo Noel rubicondo e rido come un matto pensando: “AAAAHHHHHH ma qui si sbevazza alla faccia mia e mo’ chi glie lo racconta alle cinque leggende e alla regina degli elfi cosa combinano babbo Natale e renne quando la cantina tace”? Divertito, mi metto alla ricerca delle altre otto renne che ben presto emergono dal resto degli oggetti racchiusi in una scatola ornata con delle etichette incollate con cura, ma la cui chiusura ormai arrugginita non tiene più.

Estraggo le renne e le metto in fila mi mancano la slitta con      il babbo Natale e i sacchi dei doni.

Cerco rovisto e ri-rovisto di nuovo ma dei sacchi nessuna traccia. Posiziono la slitta dispongo le renne e come quando ero piccino, penso che andrebbero protette con una coperta fino     al momento di spiccare il volo per circumnavigare l’intero mare stellato del mondo nello spazio di una sola notte.

Ormai non abbiamo tempo di far cucire delle mini coperte. Mamma ormai è una stella di questo cielo luminescente            e domani è la vigilia di Natale! E poi devo trovare il modo di fare anche i sacchi della slitta. Altrimenti che ci fa               un Sinterklass senza doni? Mica posso lasciare Santa Claus al verde che ormai lo conoscono tutti come rosso e panciuto…

Rido di me stesso e dei miei pensieri da fanciullo… meno male che in cantina sono solo e nessuno può prendermi per matto!    Solo? Un “babbo rosso vestito” col viso da vecchietto alticcio. nove bottiglie di liquore, Nove renne infreddolite e nove etichette variopinte sulla scatola.

Bene! Faremo coperte caldo whisky per tutti!

Sono sicuro che mentre staccavo con tutta cura le etichette dalla scatola delle renne i miei occhi brillavano felici come quelli di un bimbo e le mie mani operavano con delicatezza degna del più grande chirurgo. Non una sgualcitura non       un graffio ma Nove coloratissime calde whisky coperta per nove renne di cui per fortuna solo una col naso brillo vero Rudolph?! Te e quel signore sul fiasco non me la contate giusta!

Per la cronaca furono Questi gli abbinamenti della mia squadra di renne volanti alcoolicamente rivestite e scaldate.

 

Rudolph                           Puni alba italia

Saetta (Dasher)                jack Daniel’s Tenensee usa

Ballerino (Dancer)          ballantine’s Scozia

Schianto (Prancer)         Canadian Club Canada

Guizzo (Vixen)               glen grant Scozia

Cometa (Comet)            La Bowmore  Scozia

Cupido (Cupid)             Nikka Giappone

Tuono (Donner)            CHIVAS REGAL scozia

Lampo (Blitzer)             Maker’s MARK Kentucky

 

Non credo Babbo Natale me ne abbia mai voluto male anche perché la squadra era davvero ben assortita             e qualitativamente quotata insomma erano davvero un bel vedere – Calde colorate e con un profumo ben lontano da quello di una renna accaldata!  

 

Adesso restavano da trovare i sacchi per i doni e            ben ricordavo che erano uno per continente ma rovista, rovista, nemmeno l’ombra nè del Santa Claus originale nè dei sacchi dei doni…  

 

Pensa e ripensa bisognava trovare una soluzione.

Cerca e ricerca e rovista di nuovo tutto fuori e tutto dentro dal baule. Niente da fare, e intanto il tempo era volato e dalla carbonaia si vedeva ormai uno spicchio     di luna a rischiarare il cielo.

Dicono in Kentucky che ad accarezzare la barba                 e centrare le botti coi tappi di sughero

Si allena la pazienza ad aspettare la fermentazione             e l’arrivo delle cose buone e delle annate dei whisky migliori…

Già e intanto però dei sacchi per i doni nemmeno l’ombra!

 

Se quella cantina era storia viva, il tempo in realtà sembrava essersi fermato

Diedi un ultimo rapido colpo agli oggetti ripensando alla leggenda di ognuno

Poi risalii la cantina e non nascondo che passando sotto   il papà Noel rubicondo mi parve che gli si fosse spento il sorriso. Avevo la strana sensazione che qualcosa animasse in modo fiabesco quel luogo di ricordi

E che non era un caso che la sotto io fossi tornato bambino…

Rientrato in casa, mi accorsi che era ormai giorno            di vigilia l’ultima notte prima della notte dei doni sacra ad ogni bambino.

Tutto era come lo avevo lasciato prima di scendere         in cantina. Il pianoforte aperto con il Racconto di Natale posato sui tasti

Il cesto natalizio con alimentari e una selezione di birre arrivato in dono la mattina sulla credenza antica,            sul desktop del computer ancora acceso facevano bella mostra Le foto di due dolcissimi pastori maremmani Morgana e Merlino adorati “bimbi di pelo” di una carissima amica. Era a loro che immaginariamente ogni anno affidavo le mie renne.  Nell’angolo accanto alla stufa a carbone un cappello da Gandalf appeso giusto dietro alla porta.

 

Mi sedetti deluso e pensoso… Se non trovavo il modo   per fare i sacchi dei doni, la slitta quest’anno sarebbe rimasta in cantina anche se la mia intenzione                   era tutt’altra…

Mi servivano sacchi come quelli per le granaglie                 e le sementi… chissà pensai:

Magari Mastro birraio Giuliano ne aveva qualcuno          in un cantuccio della sua birreria di Erba! Erba, renne, granaglie…birra, luppolo, Lapponia, casa di babbo natale… la fatica mentale combinava disastri disegnando nella mia mente momenti di feste sotto l’albero e davanti al presepe che rischiavano di non vedere la slitta arrivare.

Stanco Morto mi ero addormentato in poltrona leggendo poche righe del signore degli anelli…

Per la barba di Insegar!

Ci voleva la dolce Chiara che come al solito illuminata      e bella come una Lucia il tredici dicembre avrebbe trovato modo di farmi trovare i sacchi , magari in dono    o per magia come la bionda dama del lago fece con la spada di re Artù. Sonno o dormiveglia agitato come un mare in tempesta, Mi svegliai di soprassalto come colpito da un lampo.

corsi alla credenza presi  dei vasetti in cui rovesciare          i sacchetti di legumi contenuti del pacco dono posato sulla credenza che era arrivato la mattina prima. Infatti erano confezionati con dei sacchettini di juta chiusi        da una cordicella. Abbastanza adatti a fare da sacchi dei doni per la mia slitta… adesso bisognava trovare il modo di distinguerli tra loro uno per ogni continente. Ma… !?

Non ci volle molto feci bollire un po’ d’acqua                     e col vapore staccai le etichette delle cinque bottiglie di birra e le posai sui cinque sacchi in quest’ordine           e colore:

La rossa  per le Americhe –          

La nera per l’africa –

La Flaca per l’asia –          

La bianca per l’Oceania –

Quella di Natale  per l’Europa

 

Tornai in cantina di corsa e affidai i cinque sacchi          agli elfi. No non scherzo proprio agli elfi e lasciai che compissero il loro lavoro riempiendo ogni sacco     con un dono per ogni bambino…

Tolsi il mantello dal fiasco di vin santo per la messa    della mezzanotte e indossato il mio costume natalizio, accarezzai la barba soddisfatto

Ragazzi cinque bottiglie per cinque continenti e persino una dedicata a me.      Roba da elfi non da umani!

Credo proprio che sia arrivato il momento di compiere   il salto e andare a tutta birra verso la consegna dei doni.  AH dimenticavo vogliate scusare il mio scrivano, lui   è un menestrello e non un elfo. E non aveva capito che delle cinque birre della BAB quella col cappello rosso non è di Natale ma di Babbo Natale quindi mia,

Un’ultima cosa questa non è leggenda ma una semplice fiaba ed io per chi non l’avesse ancora capito sono Babbo Natale.

E adesso via in volo a tutta Birra che le renne sanno già dove volare!

 

Il menestrello di corte  Marco Castoldi “Zamo”.Dedicata a “Bab” di Natale

 Dicembre 2015

n.b.   fatto salvo per i nomi delle birre che sono quelli originali nomi e riferimenti a persone sono volutamente casuali.


DIETRO LE QUINTE

 

Ti sei mai seduto piedi a penzoloni

nella buca del gobbo?

Li quando una storia finisce male

e una fiaba da sogno sfiorisce nella mente

strappata e gettata sui legni del palco…

Sono quegli amori che l’anima dipinge eterni

quelli che non hanno che la tecnologia

e le parole da lontano a renderli infiniti

come una ferita dentro che nessuno vede

e che sgorga fino a dissanguare uno è stato gettato

la dove sul palco l’aria ne disperde  i frammenti

e si sporca della polvere di un addio

come se domani nessuno

ne avrà parole ne pensieri accesi.

colpa di un musico di strada

menestrello

che recitante non è

dello stolto ferito che si getta dalla torre

planando in un sogno a palco ancor chiuso

strappando il copione tanto amato

perché non sapeva che di parole.

Idiota apostrofa il gobbo

l’arte non svanisce

SOSPENDE

ma un cuore vivo

nel dolore si infrange

non avevi recitato

ma alzato le vele di un sogno

che per teatrale vendetta

hai reciso con lo schiocco

di un bacio affilato.