Poesie
LIBRO IN 10 RIGHE COMPATTE
L’INCIDENTE
Col suo violino, Iva salì sul bus per andare
alle prove. Era stata scelta come violino di
fila. Pensava contenta a questa sua prima
esperienza, quando, ad una brusca frenata
caddero tutti. L’autista, scendendo vide un
ragazzo escoriato, ma vivo con la moto giù.
In un soffio dalla vicina boutique ecco una
sedia, da un bar poco avanti un po’ d’acqua
e la farmacista con garze e bende per ferite.
Iva, in quella, capì cosa fosse un’orchestra.
LIBRO IN 10 RIGHE COMPATTE
TRA LE MONTAGNE
La montagna si mostrava su col broncio,
mentre Antonio e Gino riprendevano gli
zaini per guidare il gruppo in un altro dì
ancora in marcia. Gino, che tra i due era
il più piazzato,aveva gli strascichi di una
tenace influenza. Pieno del suo orgoglio
non avrebbe mai rinunciato al challenge.
Lo zaino gli pesava sempre più. Antonio
se ne accorse e subito gli prese il carico.
Lì, l’orgoglio di Gino conobbe l’umiltà.
TANGO
Come fiducia suadente
si posa ed avvolge morboso
il corpo femmineo all’nclino
e pronto al maschio comando del ritmo argentino.
Il passo, assorbito dal senso sagace
manovra l’incanto serale di gambe filtranti
dal collo di piedi intriganti
sfrontati col tacco severo dal gusto procace.
Del gioco che porta all’oblio
sono già intriso; così il viso sudato nel tuo
s’accompagna al seno del cielo
che allatta meraviglia formosa
del senso di pace in un pugno di stelle
con sensualità voluttuosa.
L’AMPLESSO DEL TRAMONTO
Si spoglia la luce all’orizzonte.
e tra i seni del caldo raccolto
mi dà ascolto.
Mi tocca
sensuale
e i pensieri,
in un gioco
di loquace amplesso
di preghiere,
mi colgono acceso.
(Marco Loria)
LUNGOMARE
Lungomare,
oggi nudo del sole,
con gli occhi salati di sabbia
nel fiore d’autunno,
ti svegli col fiero maestrale
che vale di un salso spumoso
bramoso di liberi spazi.
Le tue palme filanti,
arruffate da scuffie folate
scapigliano la visuale.
Il mio sguardo si fonde
col tuo dipanato fluttuare,
pur fermo e orgoglioso
di vivere al vento del mare.
(Marco Loria)
LA PANCHINA
Ritorno, velato di sogno,
nel parco vestito di foglie
che un fiato di vento disegna.
Cammino, con sincrono amore
del passo col tuo,
poi il nostro fluire in sordina
su quella panchina
si avvolge al bambino tuo sguardo.
Il sole, già tardo, ci rade di luce
e, nel primitivo coraggio
che quella panchina solfeggia,
la mano s’inchina al tremore
dell’invaso tuo vivido ardore.
Il bacio allontana dal mondo
la nostra panchina,
divina e, ancor oggi,
di un verde coraggio d’amore
che ci aiuta a riprender le forze
mentre lacrima di sol ti sorride.
(Acromorali)