Di amanti

E’ quando te ne vai,
la tua immagine rapita da una porta che sbatte;
strappata ai miei occhi.
L’inesorabile danza dei tuoi tacchi
spegnersi pian piano sul marmo consunto delle scale.
Ne assaporo il ritmo infinito
come musica bella
goduto sino all’ultima nota.
E’ quando te ne vai
che il vuoto deflagra
riempiendo questo silenzio bastardo
di mille frammenti di te
che il cuore raccatta e combacia
a formare il mosaico del tuo ricordo.
Posacenere trabocca di filtri
ombrati di rosso vermiglio
autografi
di labbra tue suadenti.
Vessilli di resa
queste bianche lenzuola umidicce
che torchio con mani bramose
ricavando
dalla tua profana sindone
stille di desiderio
che assaporo
mischiando lacrime e umori.
Profumo tuo che strangola
è desiderio effimero,
baratro purpureo
dove la mente affoga.
Vorrei sbranare il segmento di vita
che da te mi separa
mentre sanguina il tuo spettro palpitante.
Riannodo la trama di quest’ultima notte
pigiando dal cuore il tasto rewind
di un amore in apnea.


Luna d’aprile

Diafana falce
corolle di luce sparpagli
e gelosa nascondi.
Eternamente mieti
impalpabili, eteree lanugini
infestanti propaggini
di vapore fluttuante.
Vergine dea
eri
nel tempo remoto
dove i sogni videro l’alba;
quando terra era terra
ed il cielo dimora divina.
Ora
che blasfemi il tuo ventre abusammo
resti,
del sacro spogliata,
rifugio struggente
di cuori che annaspano
tra i grigi liquami
che ragione ha creato.


Dopo la piena

Scivola
adesso placido
tappeto liquido
srotolando velenosi arabeschi di schiuma
che screziano la trama cinerea.
L’acqua lambisce gli argini
gargarismi tra spoglie d’alberi
dita di scheletri
che avvinghiano residui laceri
di civiltà cromatica.
Parte un allarme silente
teorie d’ali corvine
graffiano il cielo plumbeo
puntando a un rifugio consono.
Io resto seduto
appesantito
nell’angoscia di un presente infinito.
Alieno
ormai avulso da atavici ritmi
antidoti estremi alla nostra follia.
Questo cosmo d’armonia
mi giudica e ripudia
come sgradito ospite.