Poesie e Racconti
Maria
Stupore di essere io Madre ignorando contatto d’uomo
stupore per voce d’angelo che disse luce e vita in un soffio di respiro
ed io, il capo levato verso il cielo, chino gli occhi al divino che mi prende
ed ho voce solo per dire ‘eccomi’
ed ho parole solo di silenzio.
Nel mio cuore di fanciulla promessa sposa
non so cosa accadrà la fuori
quando dirò che attendo un bimbo
e ancora non ho varcato la soglia della casa dello sposo.
Non so quali sguardi macchieranno la mia veste bianca.
Ma io ho visto la luce
che ora pulsa dentro il mio grembo
che è il grembo della storia.
Ed io sono la Madre
per sempre
fresca colomba alzatasi in volo
nell’alito dello Spirito
che in questo momento scende su di me
e mi avvolge nel suo abbraccio.
Giuseppe
Il mio sonno era tormento e angoscia
filavo tra le mani
l’amore per Maria
in una tela di dubbi
la sua parola irreale
il mio orgoglio di uomo forse tradito
la sua innocenza
nei grandi occhi vergini
smarriti
davanti alla mia rabbia.
Mai questa mano
sollevi una pietra contro di lei.
Mai questa bocca offenda il suo candore.
Pensavo di mandarla via in segreto
ma il distacco era più forte dell’ira
finchè nel sonno lo vidi
e lo udii
ed accettai il mistero
il dono dello Spirito
per lei e per me
il figlio di Dio
nel corpo di donna.
Ed io muto custode
di un amore immenso
talmente profondo e puro
che è già in cammino
nel centro della storia
affidato a queste mani di falegname.
Il Verbo
Ecco:
non era di questa terra
e cammina sulla terra.
Non aveva sagoma
ed è in forma di uomo.
La sua voce era la potenza del vento
ed ora è voce di Figlio.
Il suo volto
era l’alba del mondo
ed ora è creazione incarnata.
Ed è bellezza e vita
è forza e vigore
è lo stesso Padre
ma è anche Spirito
ed abita la mia fatica
abita la mia battaglia
abita in tutti i miei vuoti
per renderli colmi
d’acqua di fonte.
Non era di questa terra
ed ora è qui
per trapassare la morte
da una culla di mangiatoia
ad un sepolcro
dal legno alla pietra
dalla paglia alla roccia
per passare attraverso
ogni istante del mio affanno
per purificare ogni attimo di tenebra
ed avere la mia stessa struttura
per donarmi la sua
ed essere con me una sola cosa
fino alla fine del mondo
in un patto di vita
più forte di qualunque morte.
I Magi
Giungemmo in tre
cavalcando cammelli.
In alto brillava la stella.
Quante notti nel deserto
nel gelo della notte
la sabbia sollevata dal vento
avvolti nei manti di lana
al riparo l’uno con l’altro
a fissare un cielo colmo di luce
nel silenzio dell’anima
immenso nel deserto di notte.
Ma una sola era la mia stella
quella che tracciava la strada
ed io muto studioso
di arti antiche
Re e Mago
ho seguito la profezia
ho seguito la stella.
Io Re e Mago
ho lasciato il regno
con un forziere di doni
insieme ai miei compagni
per cercare il mio Dio
qui nel deserto
il solo luogo
dove potessi vedere me stesso
come una cometa
e mi lasciassi guidare
verso una povera stalla
dove tutte le povertà del mondo
si vestono di gioia immensa
e la mia reggia
nel ricordo
fu poca cosa
davanti a quel giaciglio di paglia
dove splendeva la Grazia incarnata
con occhi di bimbo
che mano tenera di giovane madre
cullava cantando
a bassa voce
mentre un uomo
avvicinava un bue ed un asinello
per fare tepore.
E lì mi sono inginocchiato
dopo tanti inginocchiati davanti a me
io stesso ho piegato le ginocchia
perché il Re che avevo innanzi
non era un mio pari
è il Re dell’Universo
è il principio e la fine
di ogni ricerca
il principio e la fine
di ogni deserto
l’imbocco di ogni strada
dietro una stella
che segna il percorso
per chi abbia cuore
per sentire
il potente richiamo dello Spirito.
La speranza
Michael correva sul prato contro vento.
I capelli biondi splendevano nel sole alto, i calzoncini corti mostravano le sue snelle gambe di bimbo.
Scavalcò un muretto a secco di pietre scure messe ad incastro, scostò un cespuglio di more selvatiche, rotolò in mezzo ad un filare di spighe gialle protese in sù verso il cielo azzurro e, sorridendo, abbracciò il suo amico che lo attendeva.
‘Come stai, piccolo?’ gli chiese lui, rugoso e antico nella grande pianura.
‘Quando ti vedo sto bene. Tu sei un luogo sicuro’, gli rispose sedendogli vicino.
‘Non mi troverai sempre qua’, disse lui con voce mesta.
‘Ma io ti proteggerò e ti difenderò’, replicò il bambino.
‘Michael! Tu corri nel vento, io il vento lo accolgo tra le mie braccia da sempre, ma sono costretto a stare immobile e non potrò fuggire quando verranno a prendermi’, osservò lui con la stessa tristezza
‘Ma tu sei rigoglioso e forte. Vedrai che resisterai’, obiettò il piccolo sfregando la guancia accesa dal sole su di lui.
‘Non credo. Ero forte, anzi fortissimo. Tutto è trascorso su di me impallidendo davanti alla mia potenza. Poi una sera giunsero uomini con camici bianchi, mascherine sul volto e guanti alle mani. Vennero in tanti, come si va a catturare un criminale, con auto marchiate da simboli ed armi in pugno’, disse lui.
‘Questo non me lo hai mai raccontato’, osservò il bambino.
‘Te lo racconto adesso, piccolo mio, te lo racconto adesso’, e, sospirando, continuò: ‘ si piegarono ai miei piedi senza una parola e senza una spiegazione, mentre ero immobile, fermo, inerme. Con una grossa siringa mi iniettarono un liquido amaro. E fecero così per una settimana intera. Io avevo capito e soffrivo, ma non fiatai. Guardai l’orizzonte e chiesi al mio spirito di lasciare questo corpo bellissimo per fuggire altrove, dove ci fosse amore e non sterminio’.
‘Io sono solo un bambino, ma comprendo ciò che fecero. Ti hanno fatto ammalare, non ti sei ammalato da solo’, commentò Michael mentre una lacrima trasparente, gonfia di luce, scendeva lentamente dagli occhi blu sino al centro del suo cuore.
‘Dopo quei giorni oscuri io ed i miei fratelli iniziammo a cedere. Il nostro sistema immunitario perse consistenza. Iniziò un combattimento senza precedenti. Qualcuno di noi è già morto, qualcuno come me resiste ancora’, spiegò lui.
‘Perché lo hanno fatto? Perché distruggere ciò che è bello e buono? Spiegamelo perché capire questo è troppo per me, che sono ancora piccolo’, chiese Michael con rabbia.
‘Vorrei essere piccolo come te ed avere tanta vita davanti per poter portare altrove la mia esistenza, cercando uno spazio sacro dove luce e terra fossero nido per uccelli festanti, lontano dai laboratori e dalla scienza incupita dall’avidità di denaro’, disse lui, ‘forse vogliono spostare l’asse dell’economia, forse vogliono sostituirmi con cose nate dalle loro provette, forse hanno solo crudeltà nell’anima e vogliono fare esperimenti. Chi lo sa, Michael, chi lo sa’.
‘Ma è mostruoso’, osservò il bambino sfregandosi gli occhi con le manine sporche di terra.
‘E’ mostruoso anche quando fanno del male ai bambini come te o quando uccidono i cuccioli degli animali, o quando gettano veleni sulle verdure che poi servono in cucina o vendono come prodotti bio’, osservò lui.
‘Cosa intendi fare?’ chiese Michael
‘ Quando verranno a prendermi troveranno solo il mio corpo. Il mio spirito partirà presto da qui per non tornare mai più. Ci hanno abbandonati, piccolo. Noi abbiamo servito, custodito, protetto, sfamato, abbiamo portato bellezza, calore, abbiamo colmato il focolare di bontà. Ma nulla ci è stato dato in cambio. Siamo stati dimenticati e trascurati. Infine ci hanno trattati come cose senz’anima e ci hanno colpiti con la malattia’, disse lui amareggiato.
Si alzava la brezza lieve lieve. Poco distante il mare sussurrava contro gli scogli bassi parole d’amore.
‘Quando qualcuno per te è prezioso lo curi, lo rispetti, lo accudisci. Io sono un bambino e mi comporto così. Perché i grandi fanno diversamente?’ domandò Michael
‘Perché si sono allontanati dalla radice. La purezza non sempre è legata all’età, piccolo mio. Si può essere giovani, molto giovani, ed avere un covo di serpenti nell’anima; si può essere vecchi, molto vecchi, e conservare nell’anima un brillio lucente, un punto di limpidezza dove nessuna piaga ha attecchito. Mancano maestri, Michael. Mancano esempi. Mancano persone che mostrino alle persone il valore dei principi. Tutto si baratta, tutto si vende e tutto si compra. Si parla molto e si fa poco. Soprattutto si è impoverita la capacità di amare. Chiamano amore il desiderio di possesso, di prendere. Mentre l’amore è dare’, disse lui.
‘Cosa resterà in questa pianura quando non ci sarai più? Vedo solo una terra piatta e brulla, cessati i fiorellini della primavera e le piantagioni di grano all’inizio dell’estate’, commentò il bambino.
‘Faranno palazzi. Tante case in cui appenderanno quadri con paesaggi che furono un tempo, perché fuori non ci sarà alcun paesaggio da guadare’, mormorò lui.
‘Io non voglio rassegnarmi!’ disse Michael stringendolo più forte.
‘Ma non ti accorgi, che tu, bambino, sei il solo uscito dalla tua abitazione per corrermi incontro, mentre nessun adulto è venuto a chiedermi come sto?’ sussurrò lui a bassa voce.
‘Sono certo che altri come me stanno pensando. Sono certo che altre menti brillano di luce contro il buio delle intelligenze oscure. E non importa se vengono o non vengono qui. Importa che studino il modo di difenderti e proteggerti. Sono certo che sta già accadendo. La terra è la nostra culla, amico mio. Io corro a piedi scalzi sulla terra rossa come fosse un velluto. Sento nel suo calore la vita. Guardo come accoglie alberi, piante e animali, giungo le manine inginocchiato al riparo dal vento, alzo il volto in aria e prego Dio che protegga tutto questo da chi non vede e non capisce. Sono entrato di nascosto nella chiesa del paese quando stava per chiudere e ho acceso una candela per te. Andavo di nascosto perché non avevo soldini da mettere nella cassetta delle offerte. Così sono scappato in fretta prima che qualcuno se ne accorgesse e ho sentito che è più bello pregare dietro il muretto al riparo dal vento che nelle mura chiuse dove siedono anche quelli che hanno riempito le siringhe nel laboratorio’, disse il piccolo tutto d’un fiato.
‘Tu sarai un uomo che si prenderà cura degli altri uomini e del Creato’, commentò lui.
‘Perché ho parlato a lungo con te, perché la tua compagnia mi ha insegnato molte cose, forse farò meno errori di quanti ne avrei potuti fare se non avessi mai carezzato la tua mano’, disse il bambino.
‘Non so come tu abbia fatto ad accarezzarmi. Sono ruvido, il mio tronco è gigantesco, le mie radici sembrano zampe di elefante aggrappate alla terra, formano archi e sedili in cui è possibile accomodarsi, i miei rami sono robusti e protesi al cielo così numerosi che è difficile contarli e le mie foglie argentee si muovono nell’aria come una miriade di stelle’, sorrise lui.
‘Tu sei l’ulivo sacro. Sei il mio ulivo, il mio rifugio quando i grandi litigano, offendono, maltrattano, diventano impazienti. Resti qui, mi aspetti, mi fai sedere su di te e mi permetti di ascoltare il canto degli uccelli in silenzio’, disse Michael.
‘Ci fu un tempo, bambino, in cui riempivamo le terre del sud. Dove c’era tepore c’eravamo noi, senza bisogno di grandi cure del contadino. Però era bello quando l’uomo lavorava sotto la nostra ombra e raccoglieva con le mani o nella rete le nostre ulive. Lui taceva e noi tacevamo. Ma quanti discorsi scorrevano in quel silenzio benevolo, quanta gratitudine ci si scambiava!’ricordò lui.
‘Ci fu un tempo, bambino, in cui persino il figlio di Dio entrò nella sua città mentre una folla sterminata lo osannava con i nostri rami in mano, brandendoli contro il cielo terso come simboli di pace e di accoglienza. Noi eravamo la festa e l’abbondanza. E quello stesso Dio scelse noi perché lo circondassimo nel momento più arduo della sua lotta contro il male, quando nella preghiera il suo sudore divenne sangue e cadde sulle nostre radici, dove Lui era inginocchiato in attesa che i soldati venissero a prenderlo per la crocefissione. Come ora attendo io, senza possibilità di fuga, e la mia linfa salvifica non nutre più rami rinsecchiti con foglie nere agonizzanti nel sole’, disse lui.
‘Non disperare. Ho sentito parlare mamma e papà degli ulivi. Erano preoccupati, ma sollevati’, aggiunse Michael.
‘E cosa dicevano?’ chiese lui.
‘Che ci saranno provvedimenti della magistratura per impedire che voi siate toccati, sia che siate malati sia che non lo siate’, disse il bambino.
‘Se sarà cosi, vuol dire che ci sono ancora uomini liberi dai padroni’, osservò lui.
‘Se sarà così, io correrò qui a dirtelo. Ma devi farmi una promessa’, disse Michael con la faccina seria seria.
‘Cosa vuoi che ti prometta?’ domandò lui.
‘Che a quel punto il tuo spirito rimarrà qui con te e tu rimarrai con me. Così mi vedrai crescere e tornerai ad amare gli uomini’, pretese lui con voce ferma.
Il sole stava nel mezzo del cielo. L’ulivo secolare brillava in tutta la sua antica bellezza, imponente e fiero come il primo totem, simile ad un menhir, ritto sulla terra. Un gregge si avvicinava lentamente circondato da cani bianchi indaffarati a contenerne la direzione, ed il suono di un organetto di levava dal vicino trullo di pietra.
‘Te lo prometto, piccolo mio, te lo prometto. Ora abbracciami ancora forte forte, e poi torna a casa perché si fa tardi. Io ti aspetto qui domani, e poi domani ancora. Ti aspetto, Michael’.