L’amore eterno

” Mi dai un bacio? ”
” Non so baciare ”
” Non sai baciare? Fa niente, t’insegno io! ”

Era cominciata così la mia storia d’amore con Armando. Cinquant’anni fa.

Ci eravamo conosciuti in un pomeriggio come tanti. Io, in compagnia dell’inseparabile amica Antonia, entrai nei Grandi Magazzini del centro di Cosenza dove, il caso aveva voluto, si trovavano anche Armando e Tony, suo compagno di scuola.

Eravamo figli del nostro tempo: gli anni settanta e ci nutrivamo di sogni e di musica. Credevamo di cambiare il mondo, ne avremmo voluto uno più pulito, libero da pregiudizi e compromessi. Ci accumunavano i sogni di libertà, le prime ribellioni di adolescenti, le lotte studentesche.

Due ragazzini: sedici anni io, diciotto lui, ma, per entrambi, fu la prima vera storia d’amore della nostra vita.

Fu in quel negozio che nacque il nostro amore, tra i banconi zeppi di sciarpe variopinte e la musica a tutto volume di Harry Nilsson con l’intramontabile Without you.

I mesi a venire, furono costellati dalla nostra ingenua storia, osteggiata dalla severità dei miei genitori che limitavano la mia libertà, com’era in uso all’epoca per le figlie femmine.

Pur di uscire con Armando, diventai una maestra nel raccontare le bugie alla mamma.

Una volta mi mancava un quaderno, un’altra andavo a studiare da un’amica, un’altra ancora era finito il detersivo che io stessa avevo rovesciato nel water per avere una scusa per uscire.

I vicoli della città, non avevano più segreti per noi, riuscivamo a trovare gli angoli più nascosti per abbracciarci, la mia testa sul suo petto. Potevo sentire il battito del suo cuore accelerato per l’emozione, per la voglia inconfessata di andare oltre ai baci.

Baci sotto i lampioni, sulle panchine della Villa Nuova; baci sotto il portone di casa mia, vincendo la paura di essere visti e puniti.

Carezze timide e innocenti, rubate dentro a un cinema.

Ti amo sussurrato all’infinito.

Promesse di non ci lasceremo mai e poi mai, staremo insieme per tutta la vita.

E invece ci eravamo lasciati. Lui mi aveva lasciata. Pur amandomi, era andato via dalla mia vita, lasciandomi in una sofferenza senza fine. Pur amandomi, la sua sete di conoscenza, la sua curiosità di esplorare mondi diversi, anche ragazze diverse, lo avevano allontanato da me.

Da me che, nonostante tutto, continuavo ad amarlo con tutto il cuore.

Uscivo nella speranza d’incontrarlo, parlavo di lui continuamente con la mia amica del cuore, chiedevo sue notizie agli amici in comune.

Il cielo si era strappato su di me. Trascorrevo intere ore chiusa in camera mia ad ascoltare la musica che avevamo ballato nei pomeriggi rubati allo studio.

E scrivevo. Scrivevo lettere d’amore che non gli ho mai inviato.

Quell’anno mi rimandarono in matematica e francese, le materie che amavo di più.

Gli anni sono come un fiume che scorre. Quando è in piena, porta via tutto ciò che trova sul suo cammino.

Il fiume della mia vita, aveva portato via il mio sorriso. Quando il fiume si calma, tutto ritorna come prima o quasi. Eraclito diceva che non ci si può bagnare due volte nella stessa acqua di un fiume.

Il mio fiume era tornato calmo ma nessun amore a venire, ha mai sostituto il mio primo amore. Come dice un vecchio proverbio, il primo amore non si sposa mai ma non si scorda mai.

Per me non ha fatto eccezione, anch’io l’ho custodito in una stanza segreta del mio cuore.

Il messaggio che mi arriva su Messenger ha l’effetto di uno tsunami: lo stomaco si stringe, il cuore batte all’impazzata e le gambe tremano. Quasi non capisco se sto dormendo o sono desta. Ironia della sorte, sto ascoltando” Non smetto di aspettarti “ di Concato.

Le parole che leggo sono come uno schiaffo in pieno viso: “Ciao, mi chiamo Luca. Non vorrei sbagliarmi ma io e te, anni fa ci siamo frequentati. Sei tu? Sei la Maria che ho frequentato? ”

” Si, sono io. Sono la Maria che ti ha frequentato, che ti ha amato, la Maria che ti cercava tra la folla, la Maria che ha dato a te il primo, goffo, puro e indimenticabile bacio della sua vita, la Maria che ha sempre sperato di rivederti! ”

Da quel giorno di tre mesi fa, liberi entrambi, trascorriamo molto tempo a raccontarci come siamo, a ricordare come eravamo. Anche oggi, ci accompagna la spontaneità. E la promessa di rivederci. Per ora è solo una promessa, entrambi dobbiamo abbandonare il timore di mostrare le rughe che il tempo ha lasciato sui nostri visi. L’uno ha visto la foto dell’altra.

” Sei carina ” mi ha detto.

“Anche tu ” gli ho risposto ma avrei voluto dirgli che, anche con i capelli bianchi, è il mio Armando di sempre. Il ragazzo che mi teneva per mano e che mi regalava le violette, promettendomi amore eterno. Chissà, eterno lo è stato davvero!?

 


 

A mio figlio

Il tuo treno arriva alle tredici ma io sono qui da un’ora. Sarei potuta uscire cinque minuti prima del tuo arrivo visto che la nostra casa non è lontana dalla stazione ma, come al solito, non ce l’ho fatta a restare ferma.
Mi succede sempre quando aspetto il tuo ritorno. Arrivo con molto anticipo, mi siedo sulla panchina che, stranamente, trovo sempre vuota, come se sapesse che quel posto è destinato a me.
La panchina sembra contenta di vedermi – mi dico – e sorrido felice perché questo tempo che ci divide, passerà in fretta e si porterà via la mia ansia di ogni qualvolta ti allontani da me.
In questo lungo mese che non ti ho visto, ho pensato le cose più assurde e, nei miei pensieri, c’era sempre qualcuno a farti del male.
Ho fatto fatica la sera, ad addormentarmi; mi rincuorava il fatto che tu sei un bravo ragazzo e non ti saresti mai cacciato nei guai.
La mia paura non era per il tuo comportamento ma per quello degli altri.
Ho temuto e temo per la stoltezza e ignoranza di chi punta il dito e regala giudizi affrettati, spinti da una ingiustificata rabbia.
Sei un ragazzo omosessuale o gay come ti sei definito il giorno in cui mi hai confessato quello che, in fondo, ho sempre saputo.
Per giorni ho pregato in ginocchio chiedendo forza e saggezza.
Ma, stabilitisi l’accettazione e l’amore, sentivo una tristezza che arrivava dal profondo e mi schiacciava. Ti partorivo per la seconda volta.
La notte, a tradimento, i sensi di colpa rubavano il mio sonno.
Sensi di colpa per la mia cecità, per averti, seppure inconsapevolmente, lasciato solo nel momento della tua scoperta. E mi venivano in mente i tuoi giochi da bambino: mai violenti.
I tuoi atteggiamenti sempre dolci che ti fecero meritare l’appellativo di bambino buono.
Nelle mie notti insonni, mi chiedevo quali erano stati i tuoi pensieri, se avevi avuto paura quando hai scoperto la tua natura, se ad accettarti avevi faticato.
E qual era stata la tua prima cotta? Il tuo primo amore ti aveva deluso? Avevi sofferto?
E mi chiedevo se qualcuno, scoprendo il tuo orientamento sessuale, ti avesse ferito.
Si, ferito! Perché , ancora oggi che stiamo per andare su Marte, l’amore di un ragazzo verso un altro ragazzo, suscita ribrezzo e, a volte, sconfina nella violenza. E non di rado viene messo al bando come se Dio fosse estraneo e distante, come se non potesse far parte della vita di un gay. Ma il Dio che conosco io è il Dio dell’amore. E l’amore non ha sesso, non conosce discriminazioni.
L’omosessualità non è un problema.
Il treno arriva portandosi via le mie paure.
Ti riconosco subito in mezzo a tanta gente e non è per la tua polo verde che risalta in mezzo a tanto grigio.
Riconosco la tua aria seriosa, tipica di quando sei alle prese con qualcosa di importante.
Quell’aria che ti contraddistingue: perbene, elegante, sicura ma anche umile.
Quello che fa di te un grande è quel tuo saperti spogliare del ruolo che occupi, non appena concludi un lavoro, per tornare il ragazzo educato e semplice che sei.
Non sei da solo. Al tuo fianco c’è un ragazzo che, a prima vista, mi appare bello, educato.
Vi avvicinate verso di me e noto gli sguardi che avete l’uno per l’altro.
Capisco.
Capisco e spalanco le mie braccia.

 


 

La strega Celestina

C’era una volta, in un paese lontano lontano, una strega che, per via dei suoi capelli celesti, tutti chiamavano Celestina.

Lei non era come le sue colleghe, cattive e sempre pronte a fare sortilegi e incantesimi d’ogni tipo.

No no. Celestina era buona, garbata e sempre gentile con tutti.

Preparava solo filtri d’amore.

Nel suo pentolone di rame, mischiava: ali di rondini, pipì di rospo, qualche foglia di rosmarino e acqua del fiume in piena.

L’intruglio, dopo averlo sciolto sul fuoco, lo metteva in tante bottigliette di vetro verde e lo regalava agli innamorati perché, secondo lei, se lo avessero bevuto, il loro amore sarebbe durato per sempre.

Sospirava Celestina quando pensava all’amore!

Non l’aveva mai detto a nessuno, ma in cuor suo, anche lei sognava un principe azzurro che la portasse via con sé.

Nel frattempo, osservava gli amori degli altri, senza mai decidersi a preparare un intruglio per lei e magari per qualche bel giovanotto del paese.

Anche se le streghe vivevano a lungo e non invecchiavano mai, Celestina stava per compiere cento anni.

– Devo maritarmi – pensò – Se non voglio rimanere zitella devo darmi da fare e trovare subito un giovane bello, forte e coraggioso. –

E così andò alla ricerca di un giovane da sposare.

Prese la sua sgangherata scopa e cominciò a perlustrare il paese palmo a palmo.

– No, troppo vecchio. Quell’altro troppo grasso e quell’altro ancora troppo basso – borbottava Celestina tra sé e sé.

– Mi sa che dovrò cambiare paese- pensò.

La sua attenzione fu catturata da un giovane alto, biondo e con gli occhi azzurri che stava mietendo il grano e che tutti chiamavano Noah.

– Questo fa al caso mio – si disse – Preparerò un filtro speciale! –

Tornò a casa e si mise subito all’opera.
1) Erbe aromatiche raccolte al chiaro di luna
2) Piume di rondini appena nate
3) Pipì d’uccello grifone

– Ecco, può bastare – pensò.

– Aggiungo anche un po’ di latte d’asina, non si sa mai! – parlò ad alta voce.

Non restava che mettere la pozione in una bottiglietta verde, berne metà e, l’altra metà, con una scusa, farla bere al giovane.

L’occasione si presentò allorquando vide Noah nei campi, provato dal duro lavoro e dal caldo opprimente di quel giorno.

Celestina pensò: – Ora o mai più! –

Corse subito a casa, e, dopo essersi lavata e improfumata, indossò l’abito più bello che aveva. Poi prese la bottiglietta verde e scappò via.

Noah era seduto su una balla di fieno e imprecava per il gran caldo, inoltre l’acqua era finita e, prima del tramonto, non poteva andare via.

Che fare?

Celestina gli apparve all’improvviso, lasciando il ragazzo senza fiato.

– Che creatura meravigliosa! – pensò il giovane – Non ho mai visto una ragazza tanto bella. –

E, mentre pensava che forse non esisteva nessuna ragazza, forse la sete gli dava le allucinazioni, la voce di Celestina parlò: – Giovanotto, siete stanco e assetato. Posso offrirvi una bevanda che porto sempre con me quando fa molto caldo. Tenete. –

Gli porse la bottiglia e sparì.

Noah , non fosse stato per la bottiglietta verde che aveva in mano, avrebbe pensato di aver sognato.

Ma, mentre si accingeva a bere, la bottiglietta gli sfuggì di mano e il decotto finì sul fieno.

Il giovane si era innamorato perdutamente della bella strega e non vedeva l’ora di rivederla per dichiararle tutto il suo amore.

La rivide il giorno seguente e non perse tempo a chiederle se volesse diventare sua moglie.

Naturalmente lei acconsentì e vissero felici e contenti.

A proposito: Celestina è convinta che sia tutto merito del suo filtro magico.

Ma l’amore quando arriva, non ha bisogno di sortilegi!