“Amore mio lontano”

Era una fredda notte d’inverno.

La finestra chiusa sembrava tremare per il forte vento.

L’acqua della pioggia nevrotica che sbatteva sui vetri facendo un rumore tremante.

E lei … sola e rannicchiata fra i suoi pensieri.

Era avvolta da vecchie coperte, con l’odore vecchio di chi in certe cose ci lascia il cuore.

Un tempo, fra quei tessuti stanchi aveva conosciuto l’amore, quello vero e profondo di due corpi che non sanno distinguere più gli odori.

Faceva freddo fuori e il suo letto era il migliore rifugio in cui annegare pensieri lacrimanti.

Era sola, immensamente sola, con il cuore in gola e il viso triste avvolto da acqua e sale al profumo di ricordi.

Gli alberi si muovevano,sembravano danzare e il cielo fra tuoni e lampi rispondeva al subbuglio del suo pensare.

Dov’era lui? Dov’erano quelle braccia morbide, solide e perfette, che sapevano coprirla più di ogni coperta?

Dov’erano quelle parole sussurrate al vento “non ti lascerò” e “io ti proteggerò piccola mia”.

Dov’erano?

Lui era partito, andato, si era allontanato.

Era un uomo strano lui, cresciuto fra dubbi e perplessità sulla vita e le relazioni.

Lei, dolce creatura, semplice e ancora meravigliata da sogni ingenui come il vero amore.

Partita anche lei in un viaggio mentale, sola verso una migliore fantasia, voleva solo immaginare di abbracciarlo ancora.

Non riusciva a dormire.

Si alzò, prese un foglio, il più bello che aveva, colorato con dei fiori a stampo.

Impugnò una penna e scrisse …

“Amore mio lontano ….”


“Al centro del suo cuore”

Camminava per le vie del centro, era una città in movimento.

Tante luci, rumori e passanti che facevano da cornice a un momento spento della sua anima.

Le piaceva arrivare al punto di smarrirsi ogni tanto, camminando per vie ignote fino a provare sdegno.

Forse si perdeva come lo era davvero, persa, con la speranza di ritrovarsi poi tutta.

Tanti pensieri confusi annebbiavano la sua testa stanca.

Quante parole non dette e quante frasi inutili avevano fatto baldoria…

Lui, forse troppo timido o indifferente, chissà … lei, persa già a questo primo dubbio, figuriamoci a quanti altri.

Chissà se poteva ritrovarsi ancora fra inaudite risposte e certezze troppo lontane!

Avrebbe voluto stringerlo, invece aveva dovuto spostarsi.

Avrebbe voluto capire, ascoltare, restare, invece era stata frenata.

Avrebbe voluto scoprire invece aveva intuito un non amore forse palese e freddo, o un’amicizia tenera che solo per lei poteva chiamarsi “amore”.

Al centro di quella città lei stava come cercando il centro del suo cuore.

Trovò di tutto ma quello no, lo aveva smarrito …

Triste si rese conto di quanto può delirare una donna sola, vicina a tanta gente circondata da presenze differenti da quell’unico sapore.

Questo era per lei l’amore, un sapore raro, unico che nessuna presenza riusciva a imitare.


“Nada”

Bussò, col suo tocco impetuoso e il suo rumoroso respiro affannato.

Era un uomo stanco, a volte troppo pensieroso e con la testa un po’ in aria, non si sa il perché.

Il suo volto era scavato e i suoi occhi avevano lo strano colore di chi aveva visto tanto fuoco e, pur toccandolo, lo aveva sfidato.

Era alto e possente, con quelle spalle grosse, fatte robuste dai troppi pesi sostenuti e trascinati senza remore.

La sua pelle era spessa, resa scura dal suo lavoro pesante, quasi diventata repellente ad acqua sole e venti impetuosi incapaci di spostarlo.

Lui era saldo su quelle gambe robuste e ben equilibrate.

Aveva i capelli arruffati dal colore sempre più grigio.

I suoi anni passavano e la sua vita anche, fra campi da arare e raccolto da curare, come se fosse una creatura, la sua dolce creatura da amare.

Era il signor Nada, che nome curioso!

Bussava ogni giorno al solito orario per affogare in un po’ di vino.

Era un uomo solo.

La sua famiglia era il suo campo, il raccolto i suoi figli e il vino di quell’osteria era il suo migliore confidente.

Nada era il suo nome, un destino dietro a un nome da niente, come chi lo ascoltava.

Niente come niente erano i suoi affetti, Nada come la felicità che non conosceva.

Lui aveva solo il vento a fargli una carezza, la pioggia un po’ di solletico e la terra gli dava doni, mentre lui a quella terra aveva donato la vita e l’anima.