Poesie
Motus Terræ
Spoleto 2/XI/2016
Sono giorni furiosi
di trepidante attesa,
di animi bui e sospiri,
di storia sepolta in cumuli.
Stridono nell’aria le voci,
i volti impolverati di chi scava,
la boria di chi promette,
il dolore muto di chi non ha più nulla.
Come la pietra, dura e fragile,
così l’anima della gente;
mentre la terra, stanca,
in un brivido,
ancora,
tutta si scuote.
Frattali
Tra spirali riavvolte di schegge minute,
cause d’immani esiti,
per ogni ignoto che appartiene al reale,
tale che non sia il nulla
nella naturale tendenza all’oblio,
esisti.
Dal cosmo caotico
di materia,
metronomo tridimensionale
nella buia luce,
esisti,
impotente potenziale creatore
di infiniti mondi possibili.
Paradossali universi,
oltre l’orizzonte degli eventi,
ove il tuo sguardo sovrappone realtà,
stabilisce il vero.
Esisti, tu,
infinitesimo ai limiti,
contro l’entropica indeterminazione
di tempo, di energia,
nell’asintotica ricerca
della felicità.
Istanze
Nel respiro delle mie mani,
sporche di calce e pensieri,
stesure modanate di parole
intrecciano stanchi fili di futuro.
Incantevoli volti, estatici,
sudore di tocchi antichi,
restano di stucco
al rombo degli eventi:
tutto muta in nuove vesti,
si rinnega il passato,
se ne ignora il gusto,
la fatica, il dolore,
il lavoro…
Apparire. Splendidi, efficienti.
Nessun timore. Solo grandi nomi.
In nuvole di polvere
e profonda indifferenza,
marcisce la materia e lo spirito.
Mi consumo.
Candela al freddo,
di un mestiere
venduto a due soldi.
Ultimo saluto
Nello stagno del quotidiano, vedi,
tutto galleggia torbido e consueto
con le sue retoriche in versi
pescate con occhi sordi nella rete.
Qui tutto procede al solito, sì,
senza onde e perturbazioni,
perché le parole sono acqua di canto,
mentre il tempo sedimenta i ricordi
e la memoria ne consuma i bordi.
Sai, tutto procede al passo, ora,
in questa esistenza fra risa e fischi,
oltre il ribollire caustico dei sentimenti
col passato in risacca sui suoi scogli taglienti.
E poi c’è il tempo; e chi ce lo rende?
Nubi di distanze, spruzzi di istanti:
col cuore in mano, sull’ultima nota
il riflettore tace all’inchino stupore
nella nostra tenue, audace, disperata,
umanità.
Predicato non lineare
Amare, essere;
è copula con qualcuno.
Radici di emozioni…
un nome, due voci
- ellissi di coscienza -
due fuochi, un destino…
Iperbole di parole
e parabole di azioni
e integrali di sensi
e umori,
e sapori…
e periodi infiniti,
e brividi,
e paura…
e derivate di sintagmi,
e asintoti di sguardi.
Dies irae
Rieti 18/I/2002
Lacrimosa dies illa,
qua resurget ex favilla
judicandus homo reus.
Huic ergo parce Deus.
E senza riposo e senza respiro
che erra il non morto, rifugge la vita
che egli non ha, ma il bisogno bramoso
di sangue e calore, di gioia, dolore,
di vita, speranza, d’affetto, d’amore
e sì, sentimento: sentire qualcosa
nel petto che vacuo di morte s’affoga.
Fu dopo il boato del dì maledetto
che l’ira superba d’un nume mortale
il mondo distrusse: metafora ch’arse
pian piano la terra, ma cenere ormaï
è ciò che rimane.
E vaga per strade
che piene di gente – deserto ai suoi occhi-
è schiava del tempo e riempie i locali…
E vaga nel gregge, tra luci di strade,
macerie affollate e balli gruppo,
chiunque lui incontri nel tempio dell’ïo
è solo ed insieme. E vaga il non morto
rifugge la vita da cui è incluso
e soffre una sorte che pace non dà.
Il giorno fatidico, il giorno crudele
Giudizio…
Eleison! Pietà!
E arrivò..
E forse ci fu, …e passò… …e svanì:
i buoni ora sono nel cielo, in alto;
bruciati i cattivi; restiamo qui noi.
Ed ecco il non morto che popola il mondo,
non morti indifesi, ignorati da Dïo,
cadaveri vivi nel feretro “Terra”.