Dalmita.

Invetriate d’immenso,
nel miele delle tue pupille,
ogni volta,
ogn’istante,
ogni mio sguardo
dolcemente preso dal tuo.
Sorrisi d’antilope tra i giardini di Dio,
sul candore del viso tuo fiabesco,
ogni volta,
ogn’istante,
ogni mio stupore
teneramente preso dal tuo.
Armonie d’angeli in coro,
nel suon delle tue parole,
ogni volta,
ogn’istante,
ogni mio respiro
amorevolmente preso dal tuo.
Solo una volta con gli occhi t’afferrai,
solo una volta t’ascoltai,
solo una volta del tuo sorriso mi sanai,
eppur…
eppure sì,
quella sola volta mi bastò:
mi bastò a stupirmi di te ogni volta,
a guarire di te ogni volta,
a inebriarmi di te ogni volta!
Di te che mia figlia non sei,
ma che
ogni volta,
ogn’istante,
papà divenir mi fai:
nei miei rimpianti,
nel mio disilluso sognarmi padre
di una bimba che mai avrò
e mai carezzerò,
che tanto fantasticai
e tanto mi manca,
che tanto pensai mia
e tanto mi fu negata.
Così… ti penso,
ti cerco,
ti guardo,
rianimo la mia fantasia,
e ovunque nel mio petto,
penso, cerco e guardo la mia bambina:
quella che avrei voluto e che non ho,
quella a cui,
oggi,
se potessi,
darei i tuoi precisi,
fluenti
capelli,
le tue medesime,
incantevoli
pupille,
la tua stessa,
sagace
curiosità,
le tue identiche,
piccole
labbra di farfalla,
la tua di fatina ugual,
amabile
parvenza.
Così… ti penso,
ti cerco,
ti guardo,
rianimo la mia fantasia,
e ovunque in giro ti porto:
mi chiedi e ti rispondo,
mi rispondi ed io ti chiedo,
sorridi e mi stupisci,
ti stupisci ed io sorrido.
No, mia figlia tu non sei,
bensì tutto ciò che avrei scelto per lei:
un amore impensato,
inevitabile,
inarrestabile,
che,
tacito,
farà sempre rumore nel mio cuore,
poiché sì,
per la vita e per la gente
noi due non siamo niente,
e niente,
quindi,
dovrei mai provar per te,
tuttavia,
nessuno può negarmi tal poesia,
nessuno dirmi mai potrà che sbagliavo,
quando sol prendendoti la mano,
alla morte,
prodigiosamente,
scampavo.
Vedrai,
presto ti scorgerai
nella splendida donna che sarai,
io, però,
in questa o in altre vite,
sempre ricordarti così vorrò:
piccola e meravigliosa,
intelligente e garbata,
preziosa e radiosa,
col tuo bel faccino scolpito nella luna
e i bagliori dell’Eterno,
ovunque,
tersi,
in fondo al tuo sguardo.
No, mia figlia tu non sei,
ma giurar sempre potrei…
che… si!
Se avessi potuto disegnarmene una
tra le pagine della vita,
l’avrei ritratta proprio come te,
mia deliziosa,
incomparabile
dolcissima Dalmita.


 

Principessa Scricciolo.

C’è un sole bellissimo,
fra gli sguardi celesti del cielo,
una pupilla di Dio che mi guarda e mi riscalda,
che m’imbecca e mi tiene compagnia.
C’era anche ieri e ieri ancora,
e ieri, ieri, ieri,
fino all’ultimo ieri che serbo tra i ricordi,
ma qualcuno, ahimè,
me l’aveva spento,
qualcuno me l’aveva nascosto,
qualcuno me l’aveva rapito dal cuore e dagli occhi.
Qualcuno ancora, però,
oggi,
me l’ha riposto là:
in alto nel cielo,
nel profondo dell’anima,
nell’abisso ritrovato dei versi e dei sensi.
Sì, quest’immenso,
oggi,
ritorna nel mio stupore sol per te,
principessa Scricciolo!
Per te che mi riapristi lo sguardo alla vita,
mentre tutti m’accecavano,
per te che mi parlasti,
quando tutti tacevano,
per te che mi cercasti,
quando da me tutti fuggivano,
per te che il tuo sorriso mi donasti,
quando tutti m’intristivano,
per te che solo attesa m’esigesti,
quando, invece,
resa tutto m’imponeva.
Così… tuttor sole mi guarda,
e poi la sera,
e poi la notte,
e poi la luna,
e poi le stelle,
e poi l’aurora,
e poi un altro risveglio,
e poi un altro giorno ancora!
Ed io ancor di tutto ciò m’inebrio,
l’universo ancor ghermisco
per le mie poesie,
ancora amo, soffro e rimpiango,
e ancor mi sento vivo:
vivo sulla pelle e nei pensieri,
vivo tra i sussurri
di una vita,
ad ogni modo,
viva anche per me.
C’è un sole bellissimo
fra gli sguardi celesti del cielo,
una carezza di Dio che mi sfiora e mi rallegra,
un fulgido stupor
che ignorato ora di certo avrei,
se tu,
d’incanto,
non fossi giunta nel mio tempo,
se tu,
d’incanto,
nel petto amor seminato non m’avessi,
poiché sì,
l’amore è soltanto un piccolo seme di Dio
che germoglia nel cuore degli uomini
le gemme della speranza,
e tu mi hai offerto il tuo,
quando, ormai,
lo credevo solo un’utopia,
principessina mia.
Mi hai ridato gli occhi del cuore
per perdermi ancor oggi nel sole,
nella gioia di un domani che,
se pur vivere non dovessi,
intenso e radioso per te sognar vorrò,
per te che,
m’illudo e prego,
vorrai sempre mantenermi vivo:
vivo nei tuoi ricordi,
vivo nei tuoi sorrisi,
vivo nella tua vita,
dunque,
viva anche per me.


 

L’amore.

Non esistono amori grandi o piccoli, sbagliati o indovinati, peccaminosi o innocenti, legali o clandestini, ricambiati o unilaterali, possibili o inarrivabili, tardivi o precoci, fortunati o sventurati… esiste l’amore, punto e basta! Quello vero, irresistibile, inarrestabile, irrinunciabile… quello che ti fa battere il cuore una sola volta, nel corso della tua esistenza… quello che ti toglie il respiro, la parola e ogni altro pensiero, desiderio o emozione, quando si rinnova il prodigio di imbattersi stupendamente in esso! Quello che lo incontri e finalmente nasci davvero, cambiando, altresì, te stesso e ogni cosa in un batter di ciglio! Quello che t’incendia invulnerabilmente la carne e l’anima, che ti accende la mente, lo sguardo, il destino e la vita! Quello che, durasse anche un solo istante e unicamente dentro di te, finisce per dare un senso a tutta la tua, altrimenti, inutile presenza nel mortale tempo degli uomini. Non si sceglie quando, dove e di chi innamorarsi, poiché l’amore è nel nostro DNA, come una qualsiasi malattia genetica e, dunque, inevitabile. Sì, l’amore fa parte di noi, ma non è una malattia genetica, piuttosto un dono genetico, su cui gli esseri umani non avranno mai alcun controllo. L’amore è un fulmine a ciel sereno che ti coglie all’improvviso, indipendentemente dalla tua volontà… poco conta se finirà per scaldarti tutta la vita o per bruciarti; ciò che conta, invece, è perdersi anche un solo attimo nei suoi infiniti bagliori: guardare dritto il sole negli occhi, pur correndo il rischio di rimanerne accecato per sempre! Ad ogni modo, meglio rimanere accecati dal sole di un solo istante, che l’assoluta cecità del nulla! E fu cosi, dunque, che lui la trovò, la vita che cercava: la percepì, l’ascoltò, la respirò… non importa se soltanto per un istante, un minuto, qualche ora o un giorno intero… lui la sentì, comunque, col corpo e con l’anima. Sì, il malconcio cagnolino finalmente spezzò la catena legata con un anello d’acciaio a una rigida corda e, dunque, conobbe cosa si nascondeva dall’altra parte dello steccato che da sempre lo teneva recluso; quindi, ora e per tutto il tempo che rimarrà ancor prigioniero, ricorderà sempre quel momento di assoluta felicità, e quel meraviglioso giardino in cui assaporò per la prima e l’ultima volta il gusto della libertà. Rammenterà, inoltre, quella bellissima donna che accompagnò per un po’ le sue uniche corse libere, la stessa che, però, non lo amò abbastanza da tenerlo per sempre con sé; e con questi dolci pensieri nei ricordi del cuore, mitigherà la sua condanna e ogni attimo che ancor gli resterà da patire, di nuovo, tristemente, irrimediabilmente in catene! C’è chi ha avuto tutto, in questa vita, eppure li vedi tristi, sempre alla ricerca di un appagamento che, però, non arriva mai, e la ragione di ciò è che, il più delle volte, gli uomini non sanno neanche a cosa voler ambire, e, dunque, a prescindere da qualsiasi cosa riescono concretamente a raggiungere, non saranno mai felici, e seguiteranno a rincorrere il tutto senza mai arrivare a niente. Lui, invece, conosceva fin da bambino la sua unica ambizione: cercare, trovare e conoscere il suo amore! E per questo l’aveva inseguito ovunque, soprattutto nei suoi sogni e nelle sue poesie; mai però, avrebbe potuto sperare d’incontralo davvero, in carne, ossa e respiro, lungo gli ultimi metri del suo straordinario ma avverso destino, quando, invero, neanche più ci sperava. Nemmeno una soddisfazione ebbe dalla sua tribolata esistenza, tranne una che per lui, altresì, divenne tutte le soddisfazioni dell’universo: il sorriso sacro, abbacinante, impareggiabile e prodigioso del suo incantevole amore. Sì, in un meraviglioso ed irripetibile mattino, quel sorriso fu sul serio suo, unicamente suo, per pochi sublimi istanti, e lui in quei medesimi istanti nacque e morì. Fu essenziale per la sua carne e la sua anima, sapere finalmente che il suo amore esisteva, e scoprire, appunto, nella sua esistenza, che egli avrebbe potuto veramente incarnare quell’uomo che mai era stato, ma che poteva, doveva e voleva essere. La speranza di poter vivere concretamente non finisce quando, pur avendo tutto, si va incontentabilmente alla ricerca di un qualcosa che sfugge perfino a noi stessi, bensì quando, pur non avendo niente, sai benissimo ciò che ti servirebbe per vivere con letizia: sai che esiste ma che, purtroppo, non avrai in nessun caso! Quando, in definitiva, hai bisogno di una cosa soltanto: la cerchi, la trovi ma, subito dopo, ti persuadi di non poterla in alcun modo, tangibilmente, mai avere. Chi non desidera davvero una Ferrari, non ha alcun piacere nel tenerla parcheggiata in garage o di guidarla senza neanche saperlo fare; non sa neppure apprezzarla per quello che realmente è ma che lui nemmeno sa, mentre chi la desidera più di tutto, tutti e la sua stessa vita, conoscendone ogni pregio e sapendola potenzialmente condurre al meglio, finisce col provare la più sterminata letizia soltanto nell’ammirala un attimo, pur guidata inabilmente da altri o ferma in vetrina. Così la sua ricerca, iniziata tra le stelle e, ovunque, nelle meraviglie dei sogni e dell’immenso, terminò qua sulla Terra, nel sorriso del suo amore finalmente negli sguardi stupiti del suo cuore attonito e innamorato; e, dunque, fu questo il suo unico appagamento: un dolcissimo e stupendo ricordo che lo terrà, tuttavia, ancora in vita fin dove gli sarà possibile, e, quindi, accompagnarlo nell’eternità senza paura, quando la stessa vorrà anche ufficialmente pretenderlo, ritenendosi, ad ogni modo, un favorito della sorte, nell’aver sentito proprio un infinito stupore altrui, dallo stesso, inconsapevole beneficiario neppure ambito, individuato, goduto e percepito. Nessun altro, in sostanza, avrebbe mai potuto provare gli identici, meravigliosi turbamenti, partoriti dal suo cuore, invece, solo per un sogno che, perciò, per tutti e per chi ebbe l’inutile privilegio di averlo effettivamente in dono, sarebbe sempre rimasto una gioia non vissuta, una sublime melodia orchestrale per i padiglioni auricolari di un sordo: in ogni caso, difatti, meglio ascoltarla e recepirla da lontano, quella musica, che possederla per tenerla vanamente sigillata in un disco! A chiunque si chieda cosa sia l’amore e la maniera con cui esso usa palesarsi, ebbene, sappia semplicemente che i suoi indubitabili caratteri sono stampati con inchiostro di sangue sul nostro cuore, per cui non c’è possibilità alcuna di imbattersi nel dubbio o nell’errore! L’amore, infatti, è come l’interruttore di un banale apparecchio televisivo: lo premi e miliardi di spettacolari immagini si accendono d’incanto sul suo schermo, lo ripremi e quelle medesime immagini, all’improvviso, si spengono nuovamente tutte! Si può forse confondere un televisore acceso da uno spento? No, l’amore non si confonde con nulla, poiché quando finalmente arriva è come un uragano! Puoi forse non accorgerti di un uragano? A volte, finisce per dare un senso alla nostra vita, pur non accompagnandola realmente, come accade per le grandi emozioni dello sport in genere, quando uno dei suoi miti, compiendo l’ennesima grande impresa, oltre la propria, riscalda anche l’anima di ogni suo sostenitore che, appunto, gareggia e trionfa al suo fianco: così lui, pur non potendo mai, effettivamente, averla, godrà, comunque, di lei, unicamente nel saperla e nel vederla, proprio come quando la tua squadra segna un goal e tu gioisci come se a segnarlo fossi stato tu stesso. L’amore è come il sole: Dio non lo ha certo parcheggiato in cielo per te, tuttavia esso illumina e scalda l’immensità anche per i tuoi occhi. Così lui, ogni notte, pur rassegnato a non dover mai realmente vivere, seguiterà sempre a rubare nuove stelle per ravvivare la sua bellezza, poiché la sua bellezza, ad ogni modo, ravviverà per sempre anche la sua esistenza, e, altresì, spenderà tutte le sue preghiere e i suoi versi affinché lei debba sempre essere felice, in quanto le donò il suo cuore, in quel mirabolante mattino, e, dunque, desidererà sempre sapere il suo cuore battere idealmente nel petto della donna più bella, raffinata, dolce, sensuale e radiosa di tutte; illudendosi, inoltre, di averla resa tale lui stesso, con il suo amore, le sue poesie e i suoi scippi al firmamento per lei. Sì, l’amore… un prodigioso dono genetico. Tu, il mio prodigioso dono genetico!