Padre e figlio

Ed ebbe inizio.
Ebbe inizio mentre ero fermo, immobile, davanti agli occhi di un bambino.
Lui così piccolo, fragile ed indifeso come me alla sua età, ed io, grande, enorme ai suoi occhi che mi vedevano invincibile, protettivo e maestro: lo stesso modo in cui guardavo chi, com’io adesso, mi spiegava e regalava il mondo, il mondo che possedeva, il mondo che poteva darmi e che s’impadroniva delle mie emozioni di allora.
Quel mondo era tutto per me che non avevo altra pretesa diversa da quella di avere, il più possibile, lui che me ne faceva dono, accanto, e sempre sperando che non mi abbandonasse mai. Ricordo quell’ansia; un’ansia che mi accompagnò per gran parte della vita.
La sua età che avanzava, come la mia adesso, e che quasi dissolveva la certezza di una presenza che potesse prolungarsi.
Era il mio unico, imbattibile, nemico e quel nemico si ripresenta oggi.
Un nemico che assolve inesorabilmente il suo compito.
Un nemico forte di quella stessa certezza che sgretola la sicurezza ma non sconfigge la speranza e l’auspicio che accompagnano ogni vita.
E continua come ebbe inizio.
Mano nella mano, allora ed adesso, a seminare e raccogliere, discepolo e maestro, maestro e discepolo a raccogliere per poi seminare.

 


 

Il mio inverno

Il cielo che si tinge di grigio per poi risplendere di un nitido fucsia quando il vento irrompe per spazzare via le nubi, regala tramonti irripetibili.
Lo scintillio della cadente pioggia a chicchi che brilla e si colora delle calde luci della sera, ipnotizza il mio sguardo.
La legna che arde ancora in alcuni camini resiste al tempo e con i suoi profumi dispersi nell’aria si contrappone al progresso.
I locali luccicano, si affollano, e offrono un intimo riparo. Si ha più tempo per parlare e ascoltare cuori dirompenti di un calore che l’infreddolito corpo non riesce a contenere. Affiora il momento in cui riassapori l’essenza dell’anima che ha bisogno del corpo per sfamarsi di quella passione che ti accende. Sono i colori, i sapori dell’inverno che rimescolano ingredienti di vita e assopiscono animi belligeranti e trasformano novanta interminabili giorni in un sogno che ti prepara ad un nuovo risveglio.

 


 

Frammenti di vita

Vola il tempo.
Anche oggi è come un alito di vento che prova a spazzare via in un istante i residui di una vecchia vita. La ritrovo a Scampoli, dispersa e nascosta, in questi vicoli che attraverso, tra i quali avverto nostalgia e cerco ancora una risposta.
La tocco e mi cade addosso.
Con essa il ricordo, quello di una vita fa. Mi ci vesto di nuovo, la indosso
e mi commuovo e per pochi istanti mi ritrovo smarrito e solo.
Vola il tempo.
È come un alito di vento che soffia all’improvviso. Una voce irrompe nel silenzio di una stradina che percorro e mi strappa un sorriso.
C’è un uomo seduto sullo scalino di una vecchia abitazione, che grida il mio nome.
Mi volto, lo riconosco.
È lì e mi dice che solo per pochi anni si è mosso.
Da quegli scalini, gli stessi dove giocavamo da bambini, mi ha chiamato.
Il largo Rignano, così denominato, non è poi tanto cambiato.
È come i vecchi abiti ammucchiati e in vendita sulle bancarelle dell’usato, quelle che trovi ancora al mercato, che da anni si ripete con cadenza settimanale, da almeno cinquanta o più che io ricordi, ed è il più tradizionale. Usati o vintage come si usa dire per un indumento od oggetto del passato, che conserva il suo fascino immutato.
Un fascino rigenerato dai ricordi che regolano il volano del gusto.
E vola ancora il tempo.
È come un alito di vento che spazza via i frammenti di quella vita, anche dove resistevano ancora. È una continua emozione, quando rivedo le strade parallele alla mia vecchia abitazione. Situata a pochi metri soltanto, da quell’amico che andando via ho salutato e mi ha abbracciato tanto.
Mi hanno riportato in mente le cantine di un tempo.
Ne trovavi almeno due o tre per rione. Si riunivano per bere il vino con la gassosa, parlare e giocare a scopone. L’ambiente era poco variegato, in parte obsoleto e spesso frequentato, dal più molesto al più mansueto.
Era perlopiù composto da un sodalizio di gente,
non avvezza a vivere la famiglia in modo coinvolgente.
Locali o detti tali che esistono anche oggi ma con nomi differenti.
Hanno attinenza col passato ma il look è un po’ rivisitato. Pub, birrerie, wine bar i più in e ricercati e anche maggiormente frequentati. Al contrario di quelli che racconto, questi accolgono abitualmente una promiscuità di gente.
Si rivivono simili momenti ma rinnovati nella forma e nella sostanza. Amici, coppie e famiglie s’incontrano per bere, discutere e riempirsi la panza.
Non si gioca più a scopone, ma ad un nuovo gioco, fantacalcio è il suo nome, legato appunto al calcio, gioco che dei tanti resta una passione, ma che al contrario di tante vite fa si pratica al momento, con tensione.
Vola il tempo.
È come un alito di vento che arriva all’improvviso forte e deciso, a sradicare abitudini da anni consolidate, che gli eventi della vita oggi prendono a pedate. In tanti non si è disposti a perdere del limitato tempo che ci è concesso, un solo istante, anche se dispersa nell’aria c’è una mina vagante. Può sembrare pura follia, ma quell’istante di amnesia, che ti allontana, dalla routine quotidiana, lo cerchi sempre ed ancora, ma solo in una differente ora.
Vola il tempo.
È come un alito di vento che spazza via e rinnova e genera una vita nuova.

 


 

Amo la notte

Amo la notte, da sempre intensa e
profonda per la luce che sprigiona nei miei
pensieri mentre oscura tutto intorno.
Amo la notte, per il suo rigenerante aiuto
perché Spegne le tensioni e prelude la
rinascita.
Amo la notte perché pone fine alle lotte
quotidiane ed aiuta ricostruttive riflessioni.
Amo la notte e l’atmosfera che si crea,
densa di colori e di profumi in ogni
meandro che attraverso ricco di vocii .
Amo la notte per le luci fioche e perché
calda come i cuori che s’incontrano dopo il
vagare mattutino.
Amo la notte perché mi travolge con suoni
scintillanti e con melodie suadenti che
accompagnano i gusti che assaporo.
Amo la notte perché ritrovo in essa la
serenità che rinnova in me la forza per
affrontare nuove sfide.
Amo la notte, perché libera i desideri,
perché aiuta a cavalcare i sogni, perché
mettendo a nudo le nostre paure ci rende
più vulnerabili ed umani.

 


 

Natale a Foggia

Tra mille affanni anche quest’anno il Natale è giunto e come sempre si respira un clima denso di emozione in tutti i paesi, in tutte le città ed in particolare nella mia dove tutto si colora di una mistica atmosfera.
Le vie trasudano di luci scintillanti.
Alberi addobbati nelle piazze centrali fanno da cornice ad uno degli scenari più belli che io ricordi.
È il momento dell’anno che maggiormente attendo ed è quello che più velocemente svanisce per trasformarsi in una nuova ed estenuante attesa: il Natale successivo. Come ogni anno, come sempre, il giorno della Vigilia è quello vissuto con maggior trepidazione. È il giorno in cui grandi e piccoli, complici d’intenti si riversano anche per strada, dando vita a festosi caroselli fino a sera.
È il momento in cui ci si ritrova con i legami del passato, con volti familiari che ritornano, ridando vita a ricordi assopiti. È il giorno in cui il frenetico via vai verso i negozi, viene saltuariamente interrotto da pause nelle quali ci si dedica alle bollicine, alla musica dal vivo che impazza ed esplode per tutte le vie principali ed alle stuzzicherie tradizionali del periodo che alleviano la fame in attesa del classico cenone. Il tutto diventa la rielaborazione moderna di un’attesa che prende spunto da un passato che rievoca nostalgici ricordi, le preparazioni in casa.
Tra mille affanni, anche quest’anno il Natale è giunto e vorrei per tutti che il tempo si fermasse a questo giorno che ci fa sentire e ci rende migliori, e per me anche che il tempo restasse fermo al Natale per poter scorgere negli occhi dei miei affetti più profondi le emozioni che ricordano ciò che sono stato, rivivendole attraverso loro.

 


 

Diabolica-mente

Sei il diavolo che spinge per portarmi a sé.
So che in mezzo a te, brucerei tra le fiamme dell’inferno ed è il mio dilemma: barattare attimi di piacere intenso che mi farebbero sprofondare in un fiume di lava ardente,
con la certezza di una felicità eterna se vi rinunciassi. Sono fermo, inerme, in preda al panico ed al dubbio assillante: soffocare questo incontenibile, indomabile istinto lussurioso o liberarlo per rendermi schiavo del peccato, lo stesso nel quale proverei a farti precipitare.
È grande il dolore che non posso descrivere.
Un dolore che vivo ogni volta che incontro quello sguardo
che a volte fingo d’ignorare nell’insicurezza che mi venga proposto, destinato, con lo stesso fine. Provo a staccarmi dal desiderio e tutte le volte in cui ho la sensazione di esserci riuscito,
ricompari più spumeggiante, raggiante e famelica a ricordarmi che ci sei ancora. Sei il diavolo che spinge per portarmi a sé e so che in mezzo a te, brucerei tra le fiamme dell’inferno.

 


 

Filastrocca di Natale

L’albero di Natale con le sue palline e luci, rosse, blu, verdi e dorate, mi riporta tutti gli anni nel passato, rievocando immagini ed episodi, che non ho più dimenticato.
Addobbarlo, era considerato come un momento di festa che aveva inizio dalla scelta dell’albero.
Non c’erano alternative, solo alberi veri che cercavamo nei vivai o nei grandi magazzini e per accaparrarsi il più grande, anche il mio papà faceva a gara come i ragazzini. A lui piaceva guardare il mio volto pieno di stupore, lo stesso che poi notavo negli occhi di mia madre quando tornavamo a casa, dopo aver anche raccolto terra ed acquistato, il vaso dentro il quale veniva piantato.
Una credenza bassa in legno, era già pronta per fare da sostegno. Intorno alla base si era soliti usare,
la carta da presepe per dare l’impressione più o meno, che fosse piantato nel terreno.
Diventava un’opera, un’autentica creazione da esibire a tutti gli amici del palazzo, con soddisfazione.
Ognuno di loro pensava di avere il più bello nella propria abitazione. Gli alberi veri coi giorni perdevano gli aghi e perché non si presentassero spogli e per non vedere i bambini affranti, tutte le mamme usavano le stelle filanti.
Si aspettava l’otto Dicembre, il giorno dell’Immacolata e a quel punto, anche in casa si dava il via alla fiaccolata. Una fiaccolata intermittente che per molti anni ha accompagnato anche le mie sere e le mie notti da ragazzo. In realtà le accompagna anche adesso, da adulto, nello stesso modo: le sere, quando vado in giro a fare la conta di quanti ne vedo illuminati dietro ai vetri dei balconi.
Le sere e le notti, quando in casa spengo tutto per lasciarmi ipnotizzare dalle diverse sfumature zaffiro, oro, smeraldo e rubino che riflettono sulle pareti che in parte diventano una galleria d’arte. Per me è diventato un fedele amico, un compagno di viaggio per due mesi nei quali le mie notti non hanno fine e per gioire più di un’ora, sul divano dove steso ed addormentato, aspetto l’aurora.
Non rinuncio ad un attimo.
L’albero di Natale che con le sue palline e luci, rosse, blu, verdi e dorate, resta il simbolo di tutti i miei desideri anche quelli più blindati che solo io so essersi avverati.

 


 

Riflezioni

Buio: un termine che racchiude anche il significato della vita che in tanti scelgono.
Tra loro te, che ho ascoltato mentre ti avevo di fronte. Le tue parole piene di rabbia e povere di verità, hanno spento improvvisamente quella luce che ti avvolgeva e l’oscurità si è impadronita del tuo volto. Ho guardato attentamente il suo evolversi, ho guardato attentamente te, il tuo sguardo.
Hai incominciato a vagare insensatamente, a guardare nel vuoto. Ho visto il tuo corpo trascinarsi da un tavolo all’altro, un po’ per smarrimento, un po’ per noia e perché alla ricerca di qualcosa che sembrava sfuggirti o dalla quale sfuggire.
Era scritto nei tuoi occhi che continuavano a cercare.
Il nemico tempo aveva lanciato da poco, anche a te, la sua sfida. Una sfida che io raccolsi in passato e che mi spinse in quel baratro nel quale, adesso, sto vedendo te precipitare. È puro delirio, follia, osservare una vita come la tua, spegnersi e consumarsi in modo indegno.
Non è accettabile.
Non è accettabile che una tale intelligenza, si sprechi per un materialismo che non ti proteggerà dall’usura che ti raccoglierà tra le sue braccia.
È solo questione di tempo.
Un tempo che adesso non ti spaventa ma che t’investirà inesorabilmente perché così è scritto nelle nostre vite.
Sei più di quello che vedono.
Emergi ed abbandona il buio, c’è tanta luce in te pronta ad abbagliare: ed è adesso.
Ed è adesso, mentre le mie dita accarezzano, che percepisco nuove vibrazioni che inondano la mia anima di emozione.
Ed è adesso, che il lungo letargo sta terminando.
Ed è adesso, che avverto i sussulti di una nuova primavera prossima
all’arrivo, che da alcune sere bussa con inspiegabile violenza alle porte dell’inverno.
Timidamente chiede il permesso di entrare. La neve ed il freddo non resistono più all’irrompere di questo nuovo sole che con il suo calore ha ripreso a riscaldare il mio cuore. C’è soltanto una porta da aprire, una porta che separa da una nuova vita ancora da scoprire.
La serratura è posta poco più in basso degli spioncini. La ritrovo inaspettatamente accanto, vicina e sulla sedia, davanti all’entrata, ci sono delle chiavi:
non so cosa fare, non so se prenderle, non so se sono lì per me che sembro essere quello scelto per impugnarle ed aprirla, per oltrepassarne la soglia.
Ed è adesso.

 


 

I miei occhi: la mia vita

Mi sporgo e dal balcone della vita osservo come scorre il tempo. Un frenetico via vai fa da cornice ad un quadro che si ripresenta simile in molte sfumature, ma mai identico anche se sono sempre io a dipingerlo. Mi sporgo e la speranza che qualcosa sia cambiata, scompare. Si riparte con gli stessi frastuoni, le stesse abitudini e nell’attesa che la vita mi appaghi travolgendomi di emozioni, il tempo scorre e con esso porta via il mio furore interiore che si spegne incontrando l’apatia che mi uccide. Mi sporgo e non esito, mi catapulto investendo tutto ciò
che incontro, ma il risultato è nullo.
Allora decido di salire sul tram della vita.
Forse dall’alto non si osserva bene.
Devo scendere, immergermi e far parte dello spettacolo per poter comprendere, ma ogni volta che lo faccio vado incontro alla notte.
Ad ogni fermata salgono le stesse persone alla stessa ora e ripetono le stesse parole, sterili come le loro anime, superbe, ambigue, incapaci di dar lustro ad esistenze amorfe; ed è sempre notte. Ad ogni fermata, dal finestrino scorgo un nuovo albero piantato vicino alla stessa panchina divelta ed ascolto le stesse voci assordanti per il silenzio che trasmettono, ed il tempo scorre e poi, quando tutto sembra essere perduto, comprendo che l’unico senso della vita è intorno a me e che non serve sporgersi da un balcone o scorgere da un finestrino o attendere che qualcuno salga ad una fermata
per poter incontrare quello che la vita ti ha già dato, e mentre il tempo scorre, prendi ciò che hai, senza che il tempo stesso t’impedisca di viverlo intensamente. Il tempo scorre e la tua vita anche, lasciati andare e vivi le emozioni che i frastuoni della vita stessa a volte soffocano trasformandole in sordi battiti a volte impercettibili sulla porta del tuo cuore.
Non omettere che il tempo scorre e con esso la tua vita, il tuo tempo, la tua vita.
Mi volto, allora, continuamente.
Quante scoperte!
Assaporo i profumi dell’erba appena rasa, attraversando un parco spesso inosservato nei suoi particolari. Due genitori che accompagnano mano nella mano il figlio disabile
in carrozzina, canticchiano e si dispensano sorrisi come se vivessero il giorno più felice della loro vita ed il mio cuore si apre.
Ancora, intorno a me, si alternano passanti, chi con volto gioioso e sorridente, chi intristito e chi distrattamente assorto nei suoi pensieri,
ma tutti con fare smarrito, come se non avessero riferimenti
perché sorpresi ed abbagliati, accaldati dal sole di questo mite pomeriggio autunnale, che si riflette loro addosso.
Cadono foglie di un colore castano fluorescente che si fonde con il verde intenso intriso di sfumature dorate ed un alito di vento le avvicina dolcemente ad un passeggino nel quale un neonato si abbandona al sonno, rilassato dal fruscio e dall’aria frizzante che respira in prossimità di una fontana spumeggiante mentre la sorellina lo coccola.
Ed io? Dove sono?
Se in questo breve momento ho percepito tanto osservando poco, quante cose belle ho perso prima?
Adesso so! Scoprire la vita attimo dopo attimo per le infinite emozioni che mi dona è il mio fine, perché dietro ogni angolo, in ogni luogo e dentro ogni persona, rinnovo il mio piacere di viverla, se i miei occhi vedono.

 


 

È il momento

L’ospite indesiderato è giunto per sedersi anche alla mia tavola. Non l’ho invitato ma si è presentato ugualmente, entrando in uno dei pochi momenti in cui ho abbassato la guardia e lasciato aperta la porta di casa.
Non ha perso tempo, ed ha approfittato della mia stanchezza:
qualche secondo o forse un minuto, per intrufolarsi silenziosamente.
Sì, lo ha fatto nella mia vita ed anche in quella di chi amo. Poi, senza pietà, ha subito sfogato la sua rabbia, per il guanto di sfida che gli ho lanciato.
Si è presentato, manifestandosi in tutta la sua forza e senza risparmiare nessuno dei presenti.
Da buon maestro, ha impartito la sua prima lezione:
il come ed il quando.
La seconda è in corso di svolgimento: conseguenze.
È così giunto il momento di comprendere che non era semplice diceria ma che quella piaga, denominata pandemia, ti risucchia l’anima. Lo fa quando dal chiuso di una camera, sono costretto a guardare dal display del telefono, la donna che amo, piangere, perché non può avvicinarsi a me.
Lo ha fatto quando l’amarezza mi ha assalito dopo aver ascoltato lo sfogo addolorato della mia incolpevole figlia. Lo fa quando il mio piccolo, mi cerca continuamente per ricevere quelle attenzioni che facevano parte delle sue abitudini quotidiane e che sono stato costretto a sottrargli anche se le chiede disperatamente.
È un maestro severo.
Un maestro che bacchetta giustamente chi si fa trovare impreparato alle sue interrogazioni. È un maestro che usa una violenza che lascia il segno, che provoca dolore fisico ed interiore quando il senso di colpa mi assale e l’incertezza mi lacera.
È un maestro che insegna quanto poco basta per tenere separate delle vite, se non si è attenti, rispettosi. È un maestro che ti dice di non oltrepassare limiti se non sei disposto a delle rinunce e che ti aiuta a riconoscere i buoni dai cattivi; e ti ricorda, anche se ne hai già assaporato il gusto in passato, quanto interminabile possa diventare un’attesa a causa della spiegazione più dolorosa che t’impone di ascoltare:
tutto può accadere se sei leggero. La mia speranza, adesso, è che suoni la campanella della quinta ora.

 


 

La luna

Con inconsapevole dolcezza è il mio piccolo bambino che porta a spasso me nell’universo.
Il suo cos’è quella, rivolgendosi alla luna che stranamente il pomeriggio appare già visibile e luminosa, cattura la fantasia di entrambi.
Con romantica propensione lui continua, ed ancora: cos’è quella, sgranando gli occhi che diventano immensi e splendenti come il sole che desidera incontrarla dall’inizio dei tempi.
Ed io ancora: la luna.
E lui sorride.
Sorride sempre da quando ne parliamo, da quando un’estate al mare la scorse in cielo per la prima volta, mentre facendo il bagno insieme, incominciai a dare risposte alle sue curiosità: la luna una di esse.
Da allora, il nostro viaggio è incominciato.
Un viaggio che in molti momenti culmina in abbracci, carezze ed effusioni che lui cerca continuamente, e in un gran bisogno l’uno dell’altro.
Lui di me per scoprire, io di lui per ricordare e per ritornare ad essere. Ho sempre letto che la luna produce incantesimi, ed è questo quello che ha prodotto su di me. Ormai tutti i giorni, quando il cielo è sereno e il sole incomincia a perdere la sua forza, essa, la luna, compare puntualmente, sempre più vicina e pronta ad essere raccolta con la mano se solo allunghi un braccio verso il cielo ed esprime il suo potere attraverso la domanda di un bambino già rapito dalla sua bellezza: cos’è quella? Ed io rispondo facendo sognare entrambi.

 


 

Nathan

Per chi non ha provato ed a chi non ha voluto mando un messaggio d’amore e di speranza.

Un sorriso che ti scioglie il cuore.

Uno sguardo che ti cerca regalandoti continue emozioni.

Gesti inconsueti, volti ad una specifica richiesta: prendimi, stringimi tra le tue braccia , proteggimi .

Sei tutto per me, tutto quello che ho si nasconde nell’amore che mi manifesti con i tuoi baci e le tue carezze.

È quello che ti dice e ti racconta attraverso le sue gestualità.

La sua attesa interrotta dal sorriso che s’impadronisce del suo volto nel momento in cui tendi le tue braccia per sollevarlo.

Ti senti padrone del mondo ed al tempo stesso una gran paura di non farcela ti gela.

Saprò, riuscirò a prendermi cura di lui?

Vi presento Nathan.

I miei occhi la mia vita

Mi sporgo e dal balcone della vita osservo come scorre il tempo.

Un frenetico via vai fa da cornice ad un quadro che si ripresenta simile in molte sfumature, ma mai identico anche se sono sempre io a dipingerlo.

Mi sporgo e la speranza che qualcosa sia cambiata, scompare.

Si riparte con gli stessi frastuoni, le stesse abitudini e nell’attesa che la vita mi appaghi travolgendomi di emozioni, il tempo scorre e con esso porta via il mio furore interiore che si spegne incontrando l’apatia che mi uccide.

Mi sporgo e non esito, mi catapulto investendo tutto ciò che incontro, ma il risultato è nullo.

Allora decido di salire sul tram della vita.

Forse dall’alto non si osserva bene.

Devo scendere, immergermi e far parte dello spettacolo per poter comprendere, ma ogni volta che lo faccio vado incontro alla notte.

Ad ogni fermata salgono le stesse persone alla stessa ora e ripetono le stesse parole, sterili come le loro anime, superbe, ambigue, incapaci di dar lustro ad esistenze amorfe ; ed è sempre notte .

Ad ogni fermata , dal finestrino scorgo un nuovo albero piantato vicino alla stessa panchina divelta ed ascolto le stesse voci assordanti per il silenzio che trasmettono , ed il tempo scorre e poi , quando tutto sembra essere perduto , comprendo che l’unico senso della vita è intorno a me e che non serve sporgersi da un balcone o scorgere da un finestrino od attendere che qualcuno salga ad una fermata per poter incontrare quello che la vita ti ha già dato , e mentre il tempo scorre , prendi ciò che hai , senza che il tempo stesso t’impedisca di viverlo intensamente.

Il tempo scorre e la tua vita anche, lasciati andare e vivi le emozioni che i frastuoni della vita stessa a volte soffocano trasformandole in sordi battiti a volte impercettibili sulla porta del tuo cuore.

Non omettere che il tempo scorre e con esso la tua vita, il tuo tempo, la tua vita.

Mi volto, allora, continuamente.

Quante scoperte!

Assaporo i profumi dell’erba appena rasa, attraversando un parco spesso inosservato nei suoi particolari.

Due genitori che accompagnano mano nella mano il figlio disabile in carrozzina, canticchiano e si dispensano sorrisi come se vivessero il giorno più felice della loro vita ed il mio cuore si apre.

Ancora, intorno a me, si alternano passanti, chi con volto gioioso e sorridente, chi intristito e chi distrattamente assorto nei suoi pensieri, ma tutti con fare smarrito , come se non avessero riferimenti perché sorpresi ed abbagliati , accaldati dal sole di questo mite pomeriggio autunnale, che si riflette loro addosso.

Cadono foglie di un colore castano fluorescente che si fonde con il verde intenso intriso di sfumature dorate ed un alito di vento le avvicina dolcemente ad un passeggino nel quale un neonato si abbandona al sonno, rilassato dal fruscio e dall’aria frizzante che respira in prossimità di una fontana spumeggiante mentre la sorellina lo coccola.

Ed io?

Dove sono?

Se in questo breve momento ho percepito tanto osservando poco, quante cose belle ho perso prima?

Adesso so!

Scoprire la vita attimo dopo attimo per le infinite emozioni che mi dona è il mio fine, perché dietro ogni angolo, in ogni luogo e dentro ogni persona, rinnovo il mio piacere di viverla, se i miei occhi vedono.

 


 

Saper apprezzare ciò che si ha

Non siamo nati per odiare.

Perché allora sembra che ci riesca meglio?

Con facilità, disprezziamo, annoiamo, deridiamo.

Perché ci facciamo del male a vicenda?

Siamo nati per amare, ma la superficialità e l’indifferenza sopprimono il nostro istinto diventando le vie più facili da percorrere.

Forse perché questo mondo lo impone.

Forse perché è più facile parlare di cose effimere, piuttosto che abbandonarci a noi stessi per dire: “Ehi sono qui, lo avverti il mio bisogno di te?

. Ehi sono qui, aiutami.

Ehi sono qui, voglio urlarti quanto ti amo, perché ti bramo di un amore ardente, affamato, puro ed elevato. Voglio dirtelo, senza il timore che qualcuno possa ridere di me perché voglio aprirti il mio cuore”.

Se siamo nati per trovare il senso di noi stessi, perché risulta così facile essere quello che non si è?

È così difficile farsi apprezzare per davvero?

Perché devo soffocare ciò che provo, o mostrarlo moderatamente?

Non è forse la consapevolezza di questo mio sentire che mi distingue e fa di me un essere diverso?

Sento di possedere un dono così prezioso, eppure lo vivo con paura.

Non voglio aprirmi, non voglio mostrare.

Ciò’ che mi differenzia da un coniglio, da un maiale, da qualsiasi altro animale è ciò che mi limita.

Se semplicemente capissimo che siamo nati per amarci e non per sprecare il nostro tempo tra timori e repressioni.

Liberarci, mostrarci, confrontarci anche nel rischio di disilluderci è ciò che andrebbe fatto.

Mi rendo conto che consumiamo un tempo che non ci verrà più concesso nel ricercare la soluzione che è già presente in ognuno di noi; che spreco.

Non aspettiamo ancora, non indugiamo, cerchiamo di fare ciò che anche solo per un attimo può renderci felici (la vera felicità non risiede nell’attesa ma nel perseguimento dei propri ideali).

Vuoi essere felice?

Realizza i tuoi propositi con convinzione.

Nessun rimpianto nessuno spreco.

Viviamo come ci piace vivere, nel rispetto degli altri e di noi stessi e non disconosciamoci per quello che siamo, ma amiamoci e miglioriamoci e se qualcuno verrà da noi è ci dirà che siamo sbagliati, è solamente perché avrà visto in noi quella luce che lui ancora non possiede e di cui non è ancora consapevole , quella profonda, radicata UMANITÀ che non è innata in ognuno di noi, ma la si raggiunge, attraverso l’agonia quotidiana che si trasforma in esperienza attraverso il pensiero che matura il proprio essere. Nasciamo tutti germogli, in molti diventiamo fiori, ma solo pochi vanno oltre e si distinguono: frutti pronti a nutrire l’anima di un nuovo elemento.

Rebecca e Maurizio Rana

 


 

Amo la notte

Amo la notte,

Da sempre intensa e profonda per la luce che sprigiona nei miei pensieri mentre oscura tutto intorno.

Amo la notte,

Per il suo rigenerante aiuto, perché spegne le tensioni e prelude la rinascita.

Amo la notte

Perché pone fine alle lotte quotidiane ed aiuta ricostruttive riflessioni.

Amo la notte e l’atmosfera che si crea,

Densa di colori e di profumi in ogni meandro ricco di vocii, che attraverso.

Amo la notte

Per le luci fioche e perché calda come i cuori che s’incontrano dopo il vagare mattutino.

Amo la notte

Perché mi travolge con suoni scintillanti e melodie suadenti che accompagnano i gusti che assaporo.

Amo la notte

Perché ritrovo in essa la serenità che rinnova in me la forza per affrontare nuove sfide.

Amo la notte,

Perché libera i desideri, perché aiuta a cavalcare i sogni, perché mettendo a nudo le nostre paure

Ci rende più vulnerabili ed umani.

 


 

Ti amo

Ti amo perché ti desidero.

Ti desidero per sentirmi penetrare dal tuo respiro.

Ti amo non per esercitare pressioni su di te ma per liberarmi con te completamente.

Ti amo senza pretese, per i tuoi occhi e i tuoi sguardi che s’impossessano di me,

Perché solo questo amore riesce a sollevarmi.

Ti amo quando ti cerco e non ti trovo e perché non ti cerco per non stancarti.

Ti amo per come ti avvicini cercando i miei abbracci,

e quando ti vedo piccola, impotente e bisognosa di me, comprendo che non potrò mai smettere di amarti

perché sento la necessità di avvolgerti di me e prendermi cura di te,

Ti amo perché il sapermi importante per te, accresce il mio amore

Ed il mio amore per te è schiavo della tua vulnerabilità.

Ti amo ogni giorno, e di ogni giorno ogni istante, e di ogni istante in cui vivo il mio amore per te, mi nutro.

Ti amo per rendere il mio amore per te inesauribile.

Ti amo perché questo mio amore dia sostegno alla tua vita,

Ed alla mia che si spegnerebbe senza te accanto.

Ti amo di un famelico amore, e del vorace istinto di possederti che non si placa mai.

Della sfrenata passione che rende impetuoso il mio cuore ti inondo

E per tutto ciò che siamo, per cosa fa parte di noi e per ciò che abbiamo creato e stiamo creando insieme

Ti amo.

Ti amo per poter vivere.

Ti amo perché senza amore che significato avrebbero i momenti?

Ti amo per poter conquistare il tuo amore

E perché il nostro amore possa mantenere salda la nostra unione.

Se cosa ho descritto può chiamarsi amore, ed è soltanto una minima parte di cosa provo per te,

Mi chiedo:

Quanto potere può avere l’Amore e quante sorprese potrà ancora riservarmi?

La risposta è amarti per sempre per poterlo scoprire.

Ti Amo.