L’OROLOGIO

Ecco
Ti dono l’orologio di tuo fratello
Si! guarda proprio quello
Porta con gioia questo dolce fardello

D’ora in avanti segnera’ il tempo che ti e’concesso
Portalo con orgoglio
Ti dara forza
come roccia di uno scoglio.

Tienilo con cura
E ascoltane il battito
Ti parlera di lui e di ogni suo attimo

Portalo vicino al cuore
Ti raccontera’ del suo grande amore
che per te ha sempre avuto
nella sua vita
facendoti da scudo

Mostralo con gioia
in ogni occasione
Darai a tuo fratello grande soddisfazione

Ecco
Ti dono il suo orologio
Testimone del tempo andato
E di un crudo destino
Che la sua vita ha rubato


LA STRADA

Ho ripercorso la strada che ti ha portato via
Sono andato all’appuntamento con la morte
Ma non ho avuto una buona sorte.

Dal mondo dei vivi te ne sei andato
Ho fatto mille preghiere
Per poterti vedere
Ma nel regno dei morti non ti ho trovato
Per poter avere quelle risposte a quelle domande
Che nessuno puo’ dare
Solamente tu puoi spiegare
Il significato di quel gesto sbagliato
Che dal mio affetto ti ha rubato.

Vorrei ancora poter stringerti le mani
Ed abbracciarti per poterti scaldare
con il calore che solo il l mio cuore ti puo donare

il dolore e la rabbia racchiusi nel mio corpo
non si possono euguagliare
tanto sono forti da non poter esternare
la mia anima ruggisce gridando vendetta
contro una vita ingiusta che sia maldetta

davanti alla tua tomba poso un fiore
a testimoniare il mio amore
mentre guardo incantato
la dolcezza del tuo sorriso
che si spande sul tuo luminoso viso


La Pioggia

La pioggia che batte sul tetto legnoso
Del cascinale
Confonde il rumore del nostro ansimare.

Sul telo disteso su un giaciglio
Di paglia e fieno
I nostri corpi si mischiano
Come colori dell’arcobaleno.

La pioggia attutisce il tuo fiatare
Mentre il tuo seno
Al ritmo del respiro regolare
Fa crescere in me la voglia di amare

Mentre incombe il temporale passeri arruffati
Dal cassero del fieno cinguettano indispettiti
Un soffio di vento lambisce i nostri corpi sudati
Come in una dolce morsa da ore avvinghiati.

Il temporale e’ passato
La nebbia sale lenta dal prato bagnato
E ci avvolge in una silente coperta

I fili di paglia nei capelli rendono
I tuoi lineamenti ancor piu belli
E mentre tra le tue braccia mi addormento
La campestre tua bellezza
Mi e’piu dolce di una carezza


IL FANTASMA DEL FIUME

Il 6 gennaio del 2015 in un tragico incidente stradale ha perso la vita il mio primogenito Riccardo
Aveva solo 25 anni, una vita di progetti, di speranze di un bravo giovane stroncati nel giro di pochi attimi,una lavagna piena di sogni in un attimo viene pulita dalla maledetta spugna della morte.
La vita di cio che restava della mia famiglia improvvisamente era cambiata, prima di quella data eravamo felici e non lo sapevamo,mia moglie e l’unico figlio che mi e’ rimasto Mattia, li ho visti piombare nel baratro della disperazione piu totale.
Cio nonostante ho dovuto farmi coraggio riprendere la mia vita a due mani e cercare di andare avanti tenendo insieme i cocci della mia famiglia.Per questa ragione abbiamo deciso tutti insieme di portare avanti nella nostra vita anche per darle uno scopo o un significato tutte le cose ed i progetti che Riccardo voleva fare ed amava, la caccia,la pesca,rifare il cortile di casa, riprendere un nuovo cane dopo la perdita di jack(uno splendido cane corso tanto affezionato a riccardo) e da ultimo il progetto di restaurare un vecchio barcone da fiume in ferro che Riccardo aveva comperato nel mese di ottobre del 2014 da un vecchio pescatore ,un pensionato di Vigevano per un centinaio di euro.
La barca era depositata in custodia presso il cantiere nautico degli amici del Po al ponte della Becca,dove mio figlio aveva lavorato come meccanico e riparatore di motori nautici durante i mesi estivi nel periodo scolastico.
_Ho comprato questa barca ricordo che mi disse, cosi quando vado a pescare con Mattia siamo piu sicuri
Perche’ lo sai papa’ che in Po e in Ticino la prudenza non e’ mai troppa vero?
Ed aveva ragione, Riccardo aveva una sorta di iper protezione nei confronti del fratello piu piccolo di soli tre anni eppure cio nonostante si sentiva responsabile nei suoi confronti come un padre.
Fu cosi che comincio’ a lavorare sodo il sabato e la domenica facendosi aiutare da un suo collega, di nome Salvatore, una bravissima persona ed un eccellente saldatore a cui poi in seguito mi affezionai moltissimo.
Dopo la morte di Riccardo fu proprio salvatore con le lacrime agli occhi a farsi avanti dicendo che la barca bisognava finirla e metterla in acqua a tutti costi cosi proprio come voleva Riccardo stesso.
Cosi decisi insieme a Mattia di lavorare alla barca in ogni momento libero piu il sabato e la domenica pur di rispettare la volonta di mio figlio.
Fortunantamente e’ stato un inverno abbastanaza mite e cio ci permise di andare avanti a tagliare le parti marce della barca per sostituirle con lamiere nuove che mi aveva venduto il mio amico fabbro Gianni DelBo di Verrua
.lavorammo tutte le domeniche di febbraio ,con l’intenzione di inaugurare la barca per la prossima stagione di pesca che sarebbe cominciata nel periodo di maggio/giugno. Tutto procedeva per il meglio quando a marzo accadde l’episodio artefice di questo racconto.
Era il primo sabato del mese, quando verso le dieci del mattino mentre stavamo saldando le paratie della murata di dritta della barca, si avvicino’ un anziano signore piu o meno dell’eta’ di 70/75 anni.Continuava a passeggiare avanti e indietro fermandosi ogni tanto a guardarci, alla fine quasi innervosito mi voltai:
-Buongiorno, ha bisogno? Cerca qualcuno?
-si scusate, cerco il padrone della barca, dov’e’? non lo vedo piu da qualche sabato ed allora mi sono permesso chiedere sue notizie
Improvvisamente sbiancai in volto, mi girai verso Mattia che aveva gia le lacrime agli occhi mentre Salvatore aveva smesso improvvisamente di saldare.
-Sono Mauro, il padre di Riccardo ,lei conosce mio figlio?
-Ah!? Mi scusi non lo sapevo, si ho fatto amicizia con Riccardo, suo figlio per l’appunto a novembre quando ha portato qui la barca e vedendo con quanta passione ed impegno lavorava cercavo di dargli una mano di tanto in tanto quando era solo, anche per tenergli compagnia e anche per passare il tempo, sa quando si e’ in pensione non si sa mai come occupare la giornata.
– si certo ha ragione risposi ammiccando una sorta di sorriso
– ma Riccardo? Come mai non c’e’ oggi e’ forse malato?
-ecco vede caro signor?
-Giovanni, mi chiamo Giovanni
– ecco signor Giovanni il fatto e’ che Riccardo purtroppo non c’e’ piu
-come non c’e piu, cosa significa? Cosa mi sta dicendo?
-le stavo dicendo per l’appunto che purtroppo il 6 di gennaio Riccardo e’ scomparso tragicamente a causa di un incidente stradale e per lui non c’e’ stato piu nulla da fare.
-ma no?! Ma cosa dice? Ma non mi dica queste cose? Non puo essere vero , un cosi bravo ragazzo
Pensai si sentisse male, lo invitai a sedere
-posso offrirle qualcosa? E’ stato un brutto colpo per tutti, ora portiamo avanti il progetto della sua barca
Cosi come voleva lui.
-no non prendo nulla grazie, ora vado a casa, quella vecchia casa galleggiante la in fondo la vede? Ora abito li da molto tempo, vado a casa , preferisco stare solo a pensare dopo quello che mi ha detto.
Fu cosi che il sig. Giovanni accompagnato da Mattia ando’ a casa, quelli erano stati momenti molto pesanti per tutti noi.
Le settimane successive il sig. Giovanni con il quale avevamo stretto ormai amicizia veniva sempre li a trovarci e ci dava anche dei consigli visto che lui di barche se ne intendeva.Il sig. Giovanni era davvero una persona molto a modo e piacevole; anche nel parlare si capiva che era un uomo di una certa cultura, ma anche per una forma di rispetto nei suoi confronti, no chiesi mai nulla di lui , della sua vita e del suo passato.
Spesso ci offriva il caffe’ nella sua casa galleggiante, semplice ma dignitosa la cosa che mi piaceva di piu di quella casa era la veranda, dalla quale seduti sulla poltrona si poteva tranquillamente pescare.
Verso la fine di marzo , l’ultimo sabato del mese mi pare il sig Giovanni si avvicino’ e mi disse:
-Non pianga per Riccardo, lui non vuole, desidera vedervi felici, lui sta bene ora e’ contento ed e’ sempre vicino a voi, a lei, a Mattia e a sua moglie
-ma cosa dice Giovanni?
-si fidi, lui ora e’ qui proprio vicino a lei sta guardano Mattia
Mi venne improvvisamente da piangere
– Per favore sig, Giovanni non mi dica queste cose
– la capisco caro Mauro, ma e’ cosi come le ho detto io mi creda
E sorridendo se ne ando’.Dopo queste parole dette da quell’uomo eravamo tutti sconvolti, io Mattia e anche Salvatore.
Ritornammo a casa quel sabato sera e mentre guidavo ripensai alle parole che mi aveva detto Giovanni.
Arrivo’ cosi il primo sabato del mese di Aprile, il sig. Giovanni che si presentava sempre puntuale, quella mattina non si fece vivo, ne la domenica successiva ne le settimane a seguire.Decisi allora di andare nell’officina del cantiere nautico dove lavorava Massimo il meccanico, entrando notai sopra il bancone che vi era appesa in un quadretto la fotografia del sig. Giovanni, mi fermai a guardarla come incantato.
Intanto Massimo che frattempo mi si era avvicinato mi chiese:
-hai bisogno Mauro?
– si volevo chiederti, il sig. Giovanni non lo vedo piu, hai sue notizie?
– Giovanni chi? Scusa non capisco,
– ma si, dai ?! il sig. Giovanni quello che abita in quella casa galleggiante la in fondo
– che abitava vorrai dire
– come abitava?
– ascolta io non so chi hai visto ma il Giovanni che intendi tu quello che vedi nella foto, era un bravissimo ingegnere navale che abitava qui in pensione, e’ morto circa vent’anni fa e la casa galleggiante e’ abbandonata da allora, e’ chiusa e sta andando in malora
– sbiancai in volto e mi lasciai cadere sulla sedia li vicino
-Mauro stai male? Vuoi un bicchier d’acqua?
– si grazie ora mi riprendo
Nel frattempo Mattia che mi aveva raggiunto in officina aveva sentito tutta la conversazione
Lentamente mi rialzai dissi a Salvatore di andare a casa che per oggi avevamo finito.
Chiesi a Mattia di guidare io ero troppo scosso. Percorremmo l’argine di Mezzanino e di Verrua senza dirci una parola.Quell’uomo lo avevamo visto , ci avevamo parlato per due mesi e in quella casa eravamo entrati a prendere il caffe’
Capimmo entrambi che per tutto quel periodo avevamo parlato forse con un angelo che ci aveva mandato Riccardo come in una sorta di ultimo saluto.

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