“IN APERTA MADRE
In aperta Madre fu’l pezzente,
figliuol senz’un padre ariano,
ma mondo se fece per ei parente.
Ogni baston Lei prese in la mano
con grassi occhi e corpo fetente,
simil peste fece “spacca Milano”.
Come fiera sua gazzella aspetta
il mortal sospiro sì laudabile,
che per venir forte ha sempre fretta,
così vogliosa Donna sì abile
tien freno a lussuria Sua matta
de montar popolo tan palpabile.
Tra l’un e l’altro giorno colmo,
come di traboccar dentato foro
mai arretra per el fluido sommo,
spazio non trova chè tanto lavoro
‘l trasformar ogne scheggia in olmo,
tal che tutti deven capolavoro.
E va e vien tra colli e valli
giuso e suso la gnuda Maestra,
osannando El Padre per i calli.
Ma quando Venere se fece destra
e pitagorosa, infini falli
ammosciano per error d’orchestra.”
“L’ODE ALL’ONTO
Se a buon cavalier non manca lancia,
se l’armeggio è il folto pelo,
Ello impugna ‘no spiedo de melo
per far allargar la Sua grave pancia.
Ei non osa salir sulla bilancia
per carne e dolci che el Vangelo
paiono. Stenderem on pieto velo
al vile rifiuto dell’arancia.
Ma se’l fisico Suo non conquista,
tra trippa e pelo in abbondanza,
guarderem dentro El Sommo Artista.
Le canzon Sue tuonan in ogne Brianza,
ed io mi oriento al Musicista,
mio perpetuo Pozzo d’ignoranza.”
“GIUSO NEL BOCCAL
Tra me e meco sedevo pensando
al desìo pressante d’una mossa
fluida corrente, ratta e rossa
che giuso nel boccal va gocciolando.
Oh Somma Ambra che risplende quando
cremisi capei e lenti indossa,
portami ebrezza finché tu possa
fluir da spina con furor, spumando.
Ma l’animo mio indige on loco
sì fausto per peccar dove s’indova
el lusso corporal, poco a poco,
indi ‘nducimi ad ardente alcova,
svesti le me carni, Sguardo de foco,
e placa’l mio desìo, oh Musa Nova.”
“COPERNICANO NIDO
Dov’era l’armonia?
Dov’era quella labile
sensazione
che lega
il dire e il fare
sorvolando
l’alta marea?
Nella stanza mezza bianca
e mezza oro
sedevano
rondini in gabbia
pronte
a spiegare le ali
per ‘na miglior contea.
Qui, ora, lei è stanca,
ma io son spedito
e lagrimoso
poiché ripenso a quel
copernicano nido
sede virtuosa
di nostalgia.”
“IL SOLITARIO
Rigettavo parole vuote
sulle lacrime degli angeli
l’umile vite
tace
ed io
disperso
mi unisco
al nulla della notte.
L’eterno campo
riposa insonne
la vita tace.”
“CASO E FATUITÀ
Ed eccomi, solo e gnudo, steso
immobile su di un verde manto,
bagnato dall’alto, tutto affranto,
che aspetto che l’Io sia conteso.
A divino loco sarò asceso,
o una creatura come d’incanto
diverrò, o dopo un triste pianto
al natal pianeta sarò coeso?
Ebbene, mio caro amar destino,
è vano nascondere la verità
con il tuo molteplice cammino:
siamo solo particelle in equità
sparse al vento del nulla. Mi chino
e attendo qui caso e fatuità.”
“DAL TETTO
È l’ultima brezza acre di vento,
è il caldo alto sole polare,
è l’ultimo brivido che sento
questo ratto, matto, dolce, volare.”
“NOTTE E LUNA
Li senti? Quei rumori sgraziati
e assordanti dell’umana fretta
che rimbombano tra terra e cielo?
È il giorno che urla e balbetta
assurdità, ma tra mille malati
v’è un che attende notte e gelo.
Alla Luna rivolgo, sì perfetta,
i dubbi miei, e amaro le svelo
il core, l’amor e i suoi carati.”
“A TE
È strano sentirsi l’addome vibrare
per i mille e mille battiti d’ali
delle farfalle che vi risiedono.
È strano impallidire
per un semplice contatto
e tremare come un salice
sotto una tormenta ghiacciata.
È strano perder la parola
in un tacito imbarazzo
e riuscire soltanto ad accennare
un raro e stupido sorriso.
È strano abbandonare la mente
con ogni suo pensiero
e udire il cuore
pulsare
saltare
impazzire
ed esplodere.
In fondo, l’amore non è anche non ragionare?”
“NEL SONNO
È notte, regna l’ombra, tutto tace.
Eppur odo movimenti in testa
d’una realtà ambigua che desta
l’animo sebben corpo fermo giace.
Assurda la mì psiche sì capace
d’intrecciar immagini come questa
all’estro sensorial, ma sì lesta
la scordanza tocca l’Io loquace.
Ma è nel sonno che il desiderio
più profondo si svela tra concetti
ofuscati e sensi apparenti,
sta a noi coglierne il suo serio.
Nel sogno siamo dei grandi ometti
divoratori di stelle cadenti.”