Alessandro Muci
Poesie
Al sommo poeta
A te, che da lo alto piedistallo
al centro della piazza il guardo affondi,
contempli di Firenze vanto e fallo.
D’amore e d’odio, niuno ne nascondi,
col volto serio, lacrime trattieni
pel duro esilio, come i vagabondi.
Fiero ma adirato ti mantieni,
là, da Enrico Pazzi immortalato
in quel di Santa Croce, tra i terreni.
A te, che il sommo viaggio hai raccontato,
salendo dall’inferno al paradiso,
da Virgilio e Beatrice guidato,
e al fin, l’amor che illuminò il tuo viso
percosse con fulgore la tua mente,
così che l’universo in te fu inciso.
Onore per me trarti nel presente,
ma con austero dubbio d’esser degno,
sì che la fronte chinerò umilmente.
E dèmoni e Lucifero e il suo regno:
narrasti la Voragine Infernale
che Botticelli convertì in disegno.
Vivesti l’ascesa spirituale
anelando a lo Alto Giardino,
onde principia l’amor immortale.
Poi angeli e santi e il Cosmo Divino,
luce perpetua di chiara lanterna,
luce gloriosa di Sole al mattino,
premiato da Dio con l’anima eterna.
Canto d’amore
Al centro del mio petto v’è un diamante
creator di mille vite,
solcato da ferite
che ‘l gaudio mio sentor rendon distante.
Antico come il cuor dell’universo,
conserva dentro sé lo magistrale
potere del voler nostro creare,
dal natural disìo d’immaginare.
Disìo senza principio, ancestrale,
che pe’ ragioni oscure andiede perso.
Ma dentro al petto, vivido e costante,
un batter senza tregua
ogne dolor dilegua,
se ‘l canto mio d’amor sarà raggiante.
Immersi ne lo viver più profondo
Non v’è parola adatta per descriver,
né Dharma, né Universo… niun concetto,
tanto che neanche il massimo intelletto
saprebbe dir. Lo si può solo viver!
Sì che domando all’alma mia che corre:
“Perché? Cosa? Come?”, ma risposta
non v’è, se mente mia non è disposta
a lasciars’ire, come acqua che scorre.
Soltanto essere qui, adesso, ora,
senz’agognar ascesa né tracollo,
brindando a toccar cima e pur lo fondo.
Splendendo come luce dell’aurora,
senza tenere il minimo controllo
immersi ne lo viver più profondo.
In un sogno
Inquieto è il mio vagare
tra carri sputa fuoco,
m’invento un nuovo gioco
e sogno di volare.
E sogno di planare
sui corpi dei dannati,
sui carri indaffarati
a riempir nuove bare.
Raggiungo quei soldati
che gridano impazziti,
e salvo quei feriti
dagl’occhi spaventati.
Ne’ cieli sconfinati,
usando la magia,
trasformo la follia
nei sogni più beati.
La luce
Tutto è presente in fronte all’assoluto,
nel ciclo senz’inizio e senza fine,
in cui ciò ch’è da viver, già è vissuto.
Eppure la tendenza appare incline
a voler contrastar l’eterna pace,
lottando o limitandola in dottrine.
Da questo si deduce:
chi accetta il buio, troverà la luce.
Lo spazio
La nave accelerò toccando ‘l cielo
rapita dalla luce boreale,
poi su, verso l’oscurità spaziale,
squarciandone degl’astri il quieto velo.
I’ osservo il fluttuare
del moto ridondante,
ch’osserva me pensante
nel tiepido annegare.
Ma in questo vuoto fiero
di libertà parziale,
palese è l’irreale
sostanza del pensiero.
La nave rallentò toccando terra
rapita dalla gravità pesante,
immersa nuovamente nel costante
conflitto tra la pace e tra la guerra.
L’eternità
Tutto cambia e nulla può perire,
il tempo è l’illusione della mente,
la verità è ciò che l’alma sente
poi se ne va, pur senza scomparire.
La percezion di sé puote inibire
anco la fe’ del più sincer credente,
che di peccar credea perciò si pente
e implora la pietate a lo Alto Sire.
Ma ignaro ch’ogne cosa è al proprio posto,
ignaro che non v’è un giusto o un errato,
che tutto quanto è lì ove deve stare.
Che quando azione causa, effetto appare,
che se ultimo respiro va esalato,
non s’ha d’aver timor del caro costo.