Speranza
Un bagliore nel campo riarso,
grigio e giallo appare.
Un aereo che passa, una spira di sole.
Mano sospesa a mezz’aria
il contorno dell’anima,
in un pugno di sabbia,
nell’orizzonte si scandaglia.
Sui vetri appannati un sospiro,
un palazzo si protende alla luna,
pallida signora lontana.
Una stella serena scintilla sul viso,
cade, un sorriso. Perso.
Nella strada aggrovigliata
Dei passi lenti, furtivi
s’avvicina al mio cuore la speranza.
Piove.
A mia madre
Nel profondo della mia anima
dove ogni cosa risplende nel suo buio cupo
c’è un posto piccolo,
sembra dimenticato.
Custodito è il bene per mia mamma,
è la parte migliore di me,
nata prima di ogni cosa,
di questi occhi scuri,
di queste mani che scrivono.
Gelosamente ti custodisco, tesoro prezioso,
la tua presenza eterna, inevitabile,
come se mi spettasse averti al mio fianco.
(S)credito Residuo
Flebo di notorietà
premi il dito sul mio petto,
due volte,
senti pulsare questo like.
Una schiera di seguaci,
solitudine gremita.
Guarda quell’immagine profilo,
ma ignora i miei lineamenti
se mi volto, d profilo.
Commenta ciò che si mostra, rigidi canoni,
senti questo cinguettio, finestre chiuse
tweet tweet.
Aspetto un tuo messaggio,
notifica la mia voce, un squillo
al cellulare.
Ostentate vite di cristallo
frangibili se ignorate,
poveri occhi superficiali
barricati dietro al touch-screen dell’apparire istantaneo.
Il mare è lontano
Non s’ode il vociare dei pescherecci,
ma si sente la brezza, lo spumeggiare.
L’odore di mare ti entra nel cuore,
nei capelli qualche granello di sabbia,
negli occhi qualche ricordo.
Parole d’amore, sussurri, promesse
coperti da un volo di cicale.
Notte stellata, suggella un patto,
porta con se desideri, speranze segrete.
Fiocchi di neve, s’ode l’impeto del vento,
si depositano foglie secche e speranze.
Migrano le rondini, un temporale.
Si cristallizza nel gelo del mattino
il vuoto del cuore,
ma il mare è lontano
e l’inverno è troppo freddo
per la mia primavera.
Marco
Se si potesse, per un attimo, reprimere i sentimenti.
Chiudere il cuore, accecare l’anima
respingere la rabbia
riportare le lacrime alle palpebre
ignorare la puerile contentezza.
Lasciarsi vivere dal fiume di emozioni, imperturbabili.
Spettatori, autori, automi di una vita che bara,
vigliacco chi si tira indietro al gioco.
Ma immersi nel fluire, consapevoli menzogneri,
guance rosse e ciglia bagnate
soffi flebili in un gran vento
errati o erranti della vita
siamo torbidi di emozioni invincibili.
Celata
Traslucide ali di farfalla
prigioniere nelle viscere di una larva.
Ingorde api accanite sul nettare,
fiore privato della sua linfa.
Rose irraggiungibili, spine gelose,
timide margheritine di prato,
placidi coleotteri all’ombra
ma frenetiche formiche operose, al suolo.
Grano dorato, fusto snello,
gambo spezzato nel mezzo.
Dimenticato è un fiore notturno,
corolla china, timida meraviglia
riservata alla luna.
Attesa dell’essere, natura in divenire
di un istate irrivelabile.
A me stessa… indelebile
Làsciati andare.
Di questa giovinezza porta i segni
incoscienti di una follia momentanea.
Ti accarezzo piano vita, per un attimo
di felicità, per un soffio effimero d’amore .
Mani intrecciate
all’ombra del mezzogiorno, seguimi, osa.
Posti complici, vandalo cuore indelebile,
ritarda a far presto, sussurra.
Occhi affabulatori.
Lasciàti.
Andare.
Ovunque, eppure non ci sei.
Ritorna e va’ via
ripetuta solitudine, segreta tristezza
in punta di piedi mi culli.
Posa le braccia altrove, io non ti assecondo,
riemergerò superba dal buio della mia anima.
Distributore d’affetto
Inerte, svuotato distributore automatico
d’affetto
in attesa di riparazione.
Di essere ricolmato e, strabordante,
offrire il meglio di ciò che hai.
Ti saccheggeranno ancora. Mostri la tua interiorità
dietro un vetro sottile, sotto gli occhi di chiunque.
Come può non far gola
la dolcezza ingenua della tua fragilità?
Ed in fila, dinanzi a te, si accalcano
nelle distrazioni della vita
come scolari nella pausa dallo studio,
per uno snack, un caffè…
Piccole monete di attenzione, così ti azioni,
distribuisci quel sentimento tanto razionato.
I taccagni ti schiveranno,
cercandolo altrove, portandoselo da casa
gli ingordi ne abuseranno.
Ma non ti stanchi mai,
non ti inceppi mai come un macchinario rotto?
Cura di me
Quanto lucente era la lama,
tanto profondo fu’ il taglio.
Sanguinosa e dolente ferita aperta,
mi ossessiona la tua guarigione.
Non basta un cerotto,
poi due,
strapparli dalla pelle, la lacererà ancora,
più dolorosa, più ingrandita,
la tua presenza.
Ti ignoro, guarirai da sola,
ma, comparsa la cicatrice,
come posso non tormentarmi nuovamente?
Più ti graffio via, più ricompari
e sadica continuo…
Ma questo taglio ha bisogno
di una costante
quotidiana cura.
Il tempo sanerà ciò che imparerò a volere,
resterai solo un solco bianco,
ricordami quanto aguzza fu’ quella lama,
quanto insensato protendermi verso di lei.
Non dimenticherò mai quel rischio,
mi taglierò nuovamente
non per causa sua.
Buonanotte bambolina
Piccola bambolina di pezza
con il cuore di porcellana.
Vestitini infeltriti
e capelli arruffati, occhietti di bottone
che non possono piangere
sorrisino cucito,
filo nero
dal quale non puoi divincolarti.
Anche quando sola ti abbandonerò
su quella mensola polverosa,
il tuo frantumato cuoricino
conservalo per me.
Promettimi che nessun bambino avido
Giocherà con te.
Aspettami ancora.