Angelica Noemi Grassi - Poesie

Speranza

 

Un bagliore nel campo riarso,

grigio e giallo appare.

Un aereo che passa, una spira di sole.

Mano sospesa a mezz’aria

il contorno dell’anima,

in un pugno di sabbia,

nell’orizzonte si scandaglia.

Sui vetri appannati un sospiro,

un palazzo si protende alla luna,

pallida signora lontana.

Una stella serena scintilla sul viso, 

cade, un sorriso. Perso.

Nella strada aggrovigliata 

Dei passi lenti, furtivi

s’avvicina al mio cuore la speranza.

Piove.


 

A mia madre

Nel profondo della mia anima

dove ogni cosa risplende nel suo buio cupo

c’è un posto piccolo,

sembra dimenticato.

Custodito è il bene per mia mamma,

è la parte migliore di me,

nata prima di ogni cosa,

di questi occhi scuri,

di queste mani che scrivono.

Gelosamente ti custodisco, tesoro prezioso,

la tua presenza eterna, inevitabile,

come se mi spettasse averti al mio fianco.



(S)credito Residuo

 

Flebo di notorietà

premi il dito sul mio petto,

due volte,

senti pulsare questo like.

Una schiera di seguaci,

solitudine gremita.

Guarda quell’immagine profilo,

ma ignora i miei lineamenti 

se mi volto, d profilo.

Commenta ciò che si mostra, rigidi canoni,

senti questo cinguettio, finestre chiuse

tweet tweet.

 

Aspetto un tuo messaggio, 

notifica la mia voce, un squillo

al cellulare.

 

Ostentate vite di cristallo

frangibili se ignorate,

poveri occhi superficiali

barricati dietro al touch-screen dell’apparire istantaneo.


 

Il mare è lontano

 

Non s’ode il vociare dei pescherecci,  

ma si sente la brezza, lo spumeggiare.  

L’odore di mare ti entra nel cuore,

nei capelli qualche granello di sabbia,

negli occhi qualche ricordo.

Parole d’amore, sussurri, promesse

coperti da un volo di cicale.

Notte stellata, suggella un patto,

porta con se desideri, speranze segrete.

 

Fiocchi di neve, s’ode l’impeto del vento,

si depositano foglie secche e speranze.

Migrano le rondini, un temporale.

Si cristallizza nel gelo del mattino

il vuoto del cuore,

ma il mare è lontano

e l’inverno è troppo freddo 

per la mia primavera.



Marco

 

Se si potesse, per un attimo, reprimere i sentimenti.

Chiudere il cuore, accecare l’anima

respingere la rabbia

riportare le lacrime alle palpebre

ignorare la puerile contentezza.

Lasciarsi vivere dal fiume di emozioni, imperturbabili.

Spettatori, autori, automi di una vita che bara,

vigliacco chi si tira indietro al gioco.

 

Ma immersi nel fluire, consapevoli menzogneri,

guance rosse e ciglia bagnate

soffi flebili in un gran vento

errati o erranti della vita

siamo torbidi di emozioni invincibili.



Celata

 

Traslucide ali di farfalla

prigioniere nelle viscere di una larva.

Ingorde api accanite sul nettare,

fiore privato della sua linfa.

Rose irraggiungibili, spine gelose,

timide margheritine di prato,

placidi coleotteri all’ombra

ma frenetiche formiche operose, al suolo.

Grano dorato, fusto snello, 

gambo spezzato nel mezzo.

 

Dimenticato è un fiore notturno,

corolla china, timida meraviglia

riservata alla luna.

Attesa dell’essere, natura in divenire

di un istate irrivelabile.



A me stessa… indelebile

 

Làsciati andare.

Di questa giovinezza porta i segni

incoscienti di una follia momentanea.

Ti accarezzo piano vita, per un attimo

di felicità, per un soffio effimero d’amore .

Mani intrecciate

all’ombra del mezzogiorno, seguimi, osa.

Posti complici, vandalo cuore indelebile,

ritarda a far presto, sussurra.

Occhi affabulatori.

 

Lasciàti. 

Andare.

Ovunque, eppure non ci sei.

Ritorna e va’ via

ripetuta solitudine, segreta tristezza

in punta di piedi mi culli.

Posa le braccia altrove, io non ti assecondo,

riemergerò superba dal buio della mia anima.



Distributore d’affetto

 

Inerte, svuotato distributore automatico

d’affetto

in attesa di riparazione.

Di essere ricolmato e, strabordante,

offrire il meglio di ciò che hai.

Ti saccheggeranno ancora. Mostri la tua interiorità

dietro un vetro sottile, sotto gli occhi di chiunque.

Come può non far gola 

la dolcezza ingenua della tua fragilità?

 

Ed in fila, dinanzi a te, si accalcano

nelle distrazioni della vita

come scolari nella pausa dallo studio,

per uno snack, un caffè…

Piccole monete di attenzione, così ti azioni,

distribuisci quel sentimento tanto razionato.

I taccagni ti schiveranno,

cercandolo altrove, portandoselo da casa

gli ingordi ne abuseranno.

Ma non ti stanchi mai,

non ti inceppi mai come un macchinario rotto?



Cura di me

 

Quanto lucente era la lama,

tanto profondo fu’ il taglio.

Sanguinosa e dolente ferita aperta,

mi ossessiona la tua guarigione.

Non basta un cerotto,

poi due,

strapparli dalla pelle, la lacererà ancora, 

più dolorosa, più ingrandita,

la tua presenza.

 

Ti ignoro, guarirai da sola,

ma, comparsa la cicatrice,

come posso non tormentarmi nuovamente?

Più ti graffio via, più ricompari

e sadica continuo…

Ma questo taglio ha bisogno 

di una costante

quotidiana cura.

Il tempo sanerà ciò che imparerò a volere,

resterai solo un solco bianco,

ricordami quanto aguzza fu’ quella lama,

quanto insensato protendermi verso di lei.

 

 Non dimenticherò mai quel rischio,

mi taglierò nuovamente 

non per causa sua.



Buonanotte bambolina

 

Piccola  bambolina di pezza

con il cuore di porcellana.

Vestitini infeltriti 

e capelli arruffati, occhietti di bottone 

che non possono piangere

sorrisino cucito,

filo nero 

dal quale non puoi divincolarti.

Anche quando sola ti abbandonerò 

su quella mensola polverosa,

il tuo frantumato cuoricino 

conservalo per me.

Promettimi che nessun bambino avido

Giocherà con te.

Aspettami ancora.