Annasilvia Sannicolò - Poesie

Smarrirsi nei sentieri della vita.

Questa.

Perdersi dentro i meandri della mente.

La propria.

E non riconoscersi più.

E non comprendere più.

Ed interrogarsi mille e mille volte.

Ed un altra ancora!

Avere voglia di capovolgere il mondo intero.

Cambiare casa.

E l’amata autovettura.

Ed i vissuti arredi.

E stare ugualmente male…

Perché non serve liberare stanze.

Le vere stanze da sgomberare sono quelle mentali.

Distruggere i fantasmi.

Farseli amici piano piano.

Da quando i temuti spettri saranno dolci e consolanti ricordi, esisterà una via da ricominciare a percorrere.

E spazi mentali sgombri in cui muoversi agilmente.

Per ritrovarsi e riprendere di nuovo.

Dal nuovo!


 

 

E mi amasti.

Io timido bruco.

E mi ammirasti.

Io splendida farfalla.

E mi accompagnasti.

La mia vita che evaporava.

E mi restasti accanto.

Io agonizzante oramai.

Ed ancora mi cercarsi.

Quando cadde la sera ed il mio definitivo tramonto.

E di nuovo tenti di afferarmi attraverso il vetro dove ho scelto di morire.

Proverai a raccogliere le mie spoglie.

Per donarmi l’eternità tra le pagine.

Di un tomo solo tuo.

 


 

Di buon mattino, svogliatamente sorseggiava il primo caffè di quella giornata.

Partita male, tanto che dopo molte ore di sonno profondo, si sentiva già spossata.

Occorreva comunque arrivare all’ora di pranzo, prima di poter riposare un poco, con l’alibi del caldo pomeridiano, che a metà settembre ancora perdurava.

Stranamente non si sentì meglio, dopo quel caffè e dopo aver aspirato voluttuosamente dalla consueta sigaretta.

Ma occorreva muoversi, vi erano faccende che non potevano attendere oltre.

A fatica si decise ad alzarsi.

Trascino`la propria persona in bagno, quindi passò a spolverare in salotto.

Un soprammobile le scivolo`dalle mani, cadde frantumandosi in mille pezzi.

Nemmeno impreco`, oramai lasciava che fosse…

Abituata ad essere fortemente legata a ciò che le apparteneva, tale totale indifferenza, sorprese lei per prima…

Ma oramai era così…

Tutto apparentemente era restato uguale, ma dentro di lei tutto era mutato e nemmeno di poco.

I cocci restarono esattamente dove si trovavano, mentre accendendo un’altra sigaretta, si lasciava cadere sul divano, sconsolata.

Eppoi la spossatezza iniziò ad avere il sopravvento su tutto e tutti.

Facendo mentalmente spallucce, si lasciò portare in direzione del letto. Un automatismo, qualcosa che dirigeva le sue azioni ed i suoi passi.

Una volta li si accartoccio`nel trapuntino leggero e sgualcito, abbandonando pesantemente il capo sui cuscini.

Per la cronaca, la radiosveglia segnava le 10.02.

 


 

Notte di elfi e fate.

Notte di luna insolente.

Che filtri tra i rami di un bosco magico.

Nascondi amanti persi.

Ed illumini rami che si rincorrono per intrecciarsi.

Muschi rivestono le rocce quali vellutati abiti.

Eppoi creature eteree di variegato quanto misterioso fascino.

Che si abbarbicano alla vita nel loro arduo ed acrobatico volteggio.

Per una notte sola o magari…

Mentre la luna complice seguita a nascondere gli amanti.

 


 

Forse la mia poesia è solo idiozia.

Non così con te.

Io volevo volare alto.

E lo desideravo con te.

Altalenanze di incontri e scontri.

Il tuo calore e l’improvviso distacco.

La rabbia miscelata a scuse a profusione.

Ed ancora tu a rendere migliori sogni e pensieri miei.

Sopra le nuvole e sottoterra di colpo.

Ho conosciuto molto di te.

Tranne la noia.

Ma ogni cosa scaturiva dalle ceneri.

Dalla polvere stratificata sopra il tuo matrimonio.

Lentamente a dissolvenza, ci siamo smarriti.

Tu di nuovo con lei.

Ed io con il tuo ricordo.

Che mai si dissolvera`.

Perché mi hai regalato molto.

Anche troppo…forse.

Volevo volare alto.

L’ho fatto con te.

E per te.

 


 

Gli aghi pungenti della pioggia, ora battente, lucidavano il selciato del cortile.

Nel buio della sera, oramai conclamata, l’insegna della banca di fronte brillava con tutta la propria forza.

La nebbia a banchi, non consentiva di vedere oltre quel lembo di strada.

Il cielo plumbeo reclamava le proprie latitanti stelle.

Nemmeno la luna faceva capolino attraverso le basse nubi.

Ecco, nel delirio del ricordo, tu sei come questa serata.

Manchi quanto la luna e le stelle, sei nebbia che ostacola la visibilità, trafiggi il cuore come gli aghi della pioggia e…fai male.

Molto male.

Perché manchi e manchi, come al deserto manca quella pioggia battente, che qui ed ora è la sola presenza.

Di te non ho più nemmeno quella.

 


 

Albero che maestoso ti stagli/

La tua imponente sagoma/

Corre a catturare il cielo/

Nel tuo tronco linfa vitale/

Rami di edera intrecciati/

In una simbiosi lunga una vita/

Chioma folta e fluente/

Tinta di mille cromie/

Di un nuovo autunno/

Quando tu ti spogli di te/

Per riappropiarti del tuo incanto/

La prossima primavera/

Esplodendo di nuova fioritura/

Nel calore di un’altra estate/

E l’edera sempre lì/

AvvinAvvinta al tuo possente tronco/.

 


 

 

L’unica lampadina accesa,della lampada da terra, tremolava stranamente ed a stento riusciva ad illuminare la stanza quel poco che bastava.

Per leggere, scrivere e dare la stura a vetusti pensieri.

Era una notte calda ed afosa, il sudore impregnava il tessuto leggero della vecchia t-shirt, usata come camicia da notte.

Il risveglio di soprassalto, il solito incubo più o meno alla stessa ora e quella sensazione di appicicaticcio addosso, ovunque.

Si era sciacquata il viso nel lavandino, l’acqua fredda resa tiepida dalla canicola; quindi si era diretta in cucina ad approntare un insolito caffè, data l’ora.

Ne aveva sorseggiato avidamente metà, macchiandolo con del latte, quindi la consueta sigaretta.

Dicono di notte nascano le migliori composizioni, ma non aspirava a tanto mentre scriveva.

La mente iniziò il proprio laborio, avesse mai taciuto, bontà sua.

Invece la tormentava costantemente, come una ossessionante canzone di successo.

E la trascinava nel groviglio dei ricordi, come nel fallimento del presente, a proprio piacimento di giorno e di notte.

Ed il passato, rivisitato e corretto, sovrapponendosi alla nullità dell’oggi, creava una miscela esplosiva, cui sarebbe bastato un vecchio cerino per innescare la deflagrazione.

In quel periodo nulla le andava bene, per contro una insoddisfazione profonda, covava da tempo, quale fuoco sotto la cenere, in attesa di un solo appiglio.

Ed ora ella esplodeva ed implodeva a seconda del momento e di fattori concomitanti.

La poco luce della unica lampadina della lampada da terra, iniziò a tremare in maniera quasi spettacolare.

Una strana danza, dal sapore tribale, ed i suoi occhi già stanchi, dietro le lenti, cominciarono a non connettere più.

Il sudore ricominciò a sgorgare in minuscoli zampilli, a permeare il tessuto leggero della vecchia t-shirt,  mentre la mente riuscì a creare il vuoto dentro di sé.

Ora anche gli occhiali erano un fastidio, in quella notte dal caldo impietoso, quindi con gesto consumato, li tolse ed appoggiò vicino a sé sul grande tavolo antico.

Si rassereno`appena , allungando la mano verso il pacchetto di Lucky, decisa ad accendere una nuova sigaretta,  mentre i flashes nella mente andavano scemando.

 


 

Ciao, oggi ti ho rivisto.

Ciao, oggi ci siamo ritrovati ed è stato come tornare a casa.

Ciao, oggi sei stato tenero come quando.

Ciao, grazie per avere scelto me allora.

Ciao, la fortuna è stata incontrarti.

Ciao, la fortuna è che hai preso parte alla mia esistenza.

Siamo stati qualcosa.

Insieme.

Comunque.

 


 

 

Stelle cadenti in una notte dalla luna accecata/

Stelle aggrappate ad un cielo complice/

Stelle amiche intime degli intimi/

Stelle custodi gelose di morbosi segreti/

Stelle non vi posso toccare perché lui non è qui/

Ad accarezzare la mia pelle/

Stelle che domattina vi dissolverete/

Polvere dorata di voi/

Stelle alla prossima notte/

Stelle che brillerete di nuovo ed ancora/

Stelle gocce luminose nella notte oscura/

Nel dolore cupo della mia anima/

Stelle da voi non potrò essere/

Sarò io il soffitto e la sua assenza/.

 

Annasilvia Sannicolo’