Al tuo fianco
Quando al risveglio gli occhi aprirai
Al tuo fianco non mi troverai
Ma sentirai il profumo del mio corpo
E, sul tuo, il tepore del mio amore.
Quando camminerai per le strade del borgo
Non mi vedranno al tuo fianco
Ma sentirai il calore del mio cuore
Posato sul tuo braccio.
Quando avrai di me bisogno
Non ci sarò e non mi troverai
E per te, nel dolce sonno,
Forte il mio cuore palpitare sentirai.
Quando avrai la bocca seccata
Dall’arsura dei travagli della vita
Non ci sarò ad intingerti le labbra
Ma sentirai l’ameno mio canto, refrigerio infinito.
A sera, quando il nostro amore
Avrà vagato tardo per la via mortale
A me resteranno le lacrime,
Che bianchi rivoli secchi avran lasciato,
Sulle mie rugose gote.
Solo allora capirai, basterà il mio pianto
Per entrambi, e il mio fresco pensiero d’amore, per te.
Giù la testa
Aspera mia terra
Essenza amore mio
Nell’imo dei tuoi occhi
Cielo e mare scorgo io.
Dell’aspero tuo monte dorso selvoso
Del tuo candido petto seno turgido ascoso.
Il tuo tenero ventre fecondato,
Dal verde dei tuoi occhi sguardo sbarrato.
Sotto il cielo di stelle tempestato
Il corpo di Miliella nel petto devastato.
Sotto il pino di gocce imperlato
Il corpo di Miliella consacrato.
Consacrato alla lotta consacrato all’amore,
Negli occhi di Michele il devastante dolore.
Il dolor non trova requie,
Il dolor non trova pace
Gli occhi di Michele quelli del rapace.
Rapace d’aspri monti,
Di terra martoriata
Al livido dell’alba giustizia ritrovata.
O dolce mia terra, francesi e borboni
Il giogo dei soprusi baroni padroni.
Issate la spina, con falci e randelli,
Col sangue scarlatto leviamo i fardelli.
Aspera mia terra
Dal greco mare mio
La voce di Marte
Voglio udire io.
O cari fratelli leviamo il bubbone
Il nuovo barone politico padrone.
Issiamo la spina il giogo spezziamo
Col ferro e l’ottone leviamo la mano.
La morte
Col suo destriero possente,
Il cavaliere dalla spada sfolgorante,
Arriva all’improvviso:
A tua insaputa e a te inviso,
Nel sonno o nella veglia,
Che tu sia triste o sia felice.
Ti dorme accanto e ti avviluppa,
Nel suo mantello bianco,
Quando la tua amata hai al fianco.
E al suo quesito di chi prendere per prima,
Tu, privo di parola, gli rispondi: eccola!
Prendi lei, la mia amatissima Sabina.
Politici, ricchi e potenti,
Ch’entrate nel regno dell’Ade
Se bene viveste la vita
Mal sopportate la morte.
Minuti, derelitti e perdenti,
Afflitti del genere umano,
La vita una eterna salita,
La morte financo gradita.
Oh ricchi d’effimero in terra,
Attenti a non soverchiare!
I vostri anni in punta di dita,
La morte non ci è mai amica.
La Nikon
Clic clic clic.
La raffica della Nikon
Vi ha ucciso una seconda volta
La gente lo sa, il mondo anch’esso,
Attraverso il suo mirino vi han visto.
Sparsi tra le braccia
della bianca spiaggia dell’antico mare,
tra i vostri teneri Inermi corpi
zigzagava il piede veloce di jogging,
con cuffie e occhiali!
Clic clic clic.
Sordo e cieco il mondo!
Non si odono lamenti,
Non si odono pianti.
Non si scorgono le vite strappate.
Indifferenti alle bianche bare allineate,
Sorda e cieca questa morte incurante,
Che ci veglia accanto, incessante,
Che ci accompagna sempre. Indifferente la gente!
Indifferente la gente, non si accorge di niente!
La splendida fanciulla
Il mal più atroce annulla,
Di candido vestita, la splendida fanciulla.
Leggiadra la visione non con falce, scura,
Il saggio e l’impavido assicura,
E non come il codardo
Che ai falsi luccichii saldo tien lo sguardo.
L’uno il feral corredo appronta
E sotto il talamo suo l’eterno scrigno asconde.
L’altro scanzar ne vuol financo il dire
E lungi li pensier persino al suo apparire.
Giovane muor colui ch’è caro al cielo
E chi quaggiù lui lascia si dispera.
Assai gradita la splendida fanciulla appare
A chi in età avanzata va per mare;
Ad altri ancor, fanciulla, sì gradita
E quando arrivi a sera tormentata e triste
E quando tutt’intorno sereno, a sera, è felice.
L’amore sublime
L’amore sublime
Con la contraddizione
Dell’umano patire:
Etera mia adorata!
Anima mia!
Amata mia!
Ahi mia!
Cento e poi mille
E poi altre mille volte ancora,
Ti ho presa; alla dritta,
Alla rovescia,
Con la complicità dei miei sensi
E la cospirazione
Dei miei desideri.
E non solo altissima sei,
Nei miei pensieri,
Negli elisi campi
Dell’amore.
L’entrata di Cetta
E’ la luce dei suoi occhi a illuminarla,
Il suo sorriso a motivarla,
Il suo canto soave ad allietarla.
L’entrata di Cetta , strada stretta.
I suoi occhi color di mora,
Sguardo dolce dritto al cuore,
Labbra rosse color d’aurora,
Ovunque tocca nasce amore.
Se d’amarla d’amor ti coglie
E di cercarla ti vien voglia
Basta prender la strada stretta
E troverai l’entrata di Cetta.
Ovunque tocca sboccia amore
Le sue labbra un dolce fiore,
Accoglie tutti con un sorriso,
Porta in terra il paradiso.
La sua entrata ha un sol gradino,
Il suo amore assai sublime,
Sulla soglia un gelsomino
Cuore puro da bambina.
La sua soglia bassa bassa,
Proprio prossima alla strada,
Sempre aperta la sua casa,
A chi vuol cercar la rosa.
Se di tutto tu ti spogli,
Puoi entrar se ne hai voglia,
Lei ti accoglie sulla soglia
Se d’amore il cuor ti coglie.
Soglia bassa come la strada,
Cuore immenso la sua casa.
Strada immensa stretta stretta
Quella dell’entrata di Cetta.
Mano bruta, innamorato,
Dolce fiore ne ha strappato.
Or se cerchi la Cettina
Troverai il gelsomino,
Tra le fronde un fiorellino,
La bambina di Cettina.
Ombre a Dachau
Occhi incavati in orbite abissati!
Zigomi sporgenti, labbra inesistenti
Fuori spaziati i denti cadenti,
Ombre di morti viventi!
Non avevi mai visto
Il tuo corpo allo specchio.
Lo vedi adesso, riflesso nelle lacrime
Dei loro occhi seccati, a Dachau.
Ai tuoi piedi, a terra,
Camice zebrato
Mutande strappate,
I lunghi tuoi capelli rasati.
Corpo squarciato,
Da cani sbranato,
Dilaniato, umiliato:
essere annientato.
Hai lasciato il tuo corpo
Sul tavolo di marmo
Alla dissennata opra della cieca scienza
Dei carnefici in camice bianco!
Le tue membra dissacrate,
La tua terra inseminata,
Genereranno mostri con occhi azzurri:
nostri figli!
Siamo certi! La memoria è salva!
Lo ricorderemo e la cambieremo
Questa nostra terra
Un dì.
A Dachau furono deportate 206206 persone , di queste ne morirono, sempre a Dachau, 31591.
Dachau, la sopraffazione dell’uomo sull’uomo! Con i suoi orrori, con le sue violenze con le sue persecuzioni , ha seminato la morte e, nei sopravvissuti, paura e vuoto mentali di esseri umani ne sani ne salvi . Quello perpetrato ai danni degli Ebrei il più terrificante genocidio umano votato all’intento di spazzare via dalla faccia della terra una intera famiglia umana a vantaggio del progetto di una razza pura e a discapito dei più sfortunati, di coloro che già la natura aveva marchiato con la sua legge crudele. Ma proprio per fare in modo che questi che celebriamo a fine gennaio restino per sempre i “ Giorni della Memoria”, per non dimenticare, per tenere bene a mente il tributo di vite che l’intera famiglia umana ha pagato per assicurare ai posteri un modo più civile, più libero, più tollerante nei confronti dei forti e più accogliente e rispettoso nei confronti dei deboli è necessario ricordare. Ma ricordare non deve e non può significare ricordare solo lo sterminio dei fratelli ebrei: il mondo occidentale non può neppure dimenticare le sopraffazioni e gli stermini perpetrati a danno degli indiani, degli omosessuali d’America a danno dei sordomuti d’America ne continuare ad alimentare focolai di guerre ed eccidi distribuiti qua e la su tutto il pianeta. Sono passati settant’anni dalla fine degli orrori della seconda guerra ma ancora non abbiamo creato i presupposti per una pace duratura e definitiva, questo ci impone di tenere vivi i ricordi, forte l’impegno e salda la memoria!
Quando tu lo vorrai
Eccomi madre son venuto a te,
Davanti al tuo sepolcro imbiancato.
Depongo ogni cosa, il mio elmo,
il mio scudo, la mia corazza.
Depongo la spada, spoglio i miei piedi dai calzari
E allora, poggio la fronte sulla candida pietra,
Consegno a te le mie fatiche
E aspetto la tua mano posarsi sul mio capo.
S’acquieta l’animo mio, dolce è il mio ristoro,
Pacata la mia bramosia di guerriero
Stanco e non sconfitto,
Per aver combattuto cento guerre
E vinto mille battaglie,
In campi sterminati, pullulanti di cavalieri
In groppa a linci, iene e draghi
Con lingue di fuoco soffianti.
Si, sento la tua mano, smilza e sicura,
Dal dolce tepore, posarsi sul mio capo
Come quando mi accoglievi al tuo petto
E mi allattavi con l’amore della tua sicurezza.
Si, ho posato le armi e la mia lorica
Che da fanciullo mi cucisti addosso.
Dormi figlio! Dormi sereno,
Riposa le tue membra .
La certezza della mia mano non vacilla
E il tuo piede è fermo .
Riprendi la tua spada e combatti
Da guerriero valoroso e impavido.
Io son qui ad aspettarti
E a cingere il tuo capo
Con le mie braccia, sul mio petto,
Quando tu lo vorrai.
Tropea
Vedetta del mare all’orizzonte,
Dimora di Poseidone e tempio di Zeus,
Perla accecante della costa degli dei,
Temprasti il cuore di Ercole
E ne incantasti la vista.
Le acque serpeggianti
Sotto l’occhio di Venere
Già al primo suo sguardo
Ridonano graditi all’iride il colore,
Ai tuoi fondali l’accecante biancore.
Avamposto degli amanti:
Dai tuoi balconi alti e sorridenti
Ad essi i cuori accendi,
Si prendono per mano e stretti stretti
Fra viuzze, anfratti e piccole piazzette:
Acciottolati antichi e nuovi
Portan della fioca luce
Il tremolio delle fresche sere d’estate.
Speranzoso, il tempestoso cuore del natante
Quando guarda dall’ultimo orizzonte.
Dolce il tremore della mano
E della fitta tagliente nella schiena,
Quando folgora nel cuor l’innamorato
Che t’insegue sull’irte scale di granito,
Al solo lume delle accese stelle: baci salati
Nella bocca vogliosa schioccati,
E dei turgidi tuoi seni impescati
Il dolce sapore ne lecca,
Tenere carezze: Amore!
Giovane o novello amore
Accende impetuoso il cuore
Sotto il manto argentato delle pulsanti stelle
E il mio spirto d’amore ribelle
Libra a vagar, al mare e al cielo tuo, dolce amata,
Dall’alto della balconata.