Antonio Macrì - Poesie

Il Poverello


Buongiorno mare,
buongiorno a te Maria
e consentite :
anche a mamma mia.
Azzurro il mare,
il cielo il Suo mantello.
Azzurri gli occhi
del povero orfanello.
Di soli stracci
è fatto il suo fardello,
non di certo
il suo cuore, il suo cervello.
Vero, voi osservate, si,
il trovatello.
Ma non ricordate più,
che simbolo è quello?
Ognuno di noi
è solo un poverello,
quando resta solo
assieme al suo fardello.


Stella

 

È la mia
Stella vaga:
La nel firmamento,
nell’ infinito.
Rischiara mondi,
cuori.
A me riserva
solo il luccichio,
lasciandomi solo
Nell’ oblio.


Oh! Italia


Italia mia.
Tu sei una grande democrazia.
Qui si mangia, si beve
si gode,
anche se non sei da cento e lode,
e neanche lavoratore.
Caro Boccaccio,
tu fosti birichino
non deridevi il Calandrino,
ma gli Italiani
e il loro destino.
Solo Dante lasciò
un messaggino:
“Uomini siate , non
pecore matte”.
Ma voi non foste
mai gente compatta .
Qui lo straniero
fu` sempre sparviero,
e per straniero
non intendo il Nero,
perché anche lui
è solo comparsa
di chi gestisce tutta la farsa.
Il regista è sempre occultato
e l’attore , super pagato,
ha anche licenza di arbitrato,
di conseguenza mai indagato.
Solo chi protesta viene additato
e dalla gente emarginato.
Tu sei si : Il paese Bengodi,
per nulla facenti,
ladri e imbroglioni.
Ma è anche pur vero
dove ci sono tanti P….


Pinocchio


Grande Collodi
col tuo Pinocchio.
Non solo favola,
ma realtà,
profezia e verità.
La perspicacia,
insieme all’ audacia
nell’ esporre
mode e costumi.
Hai descritto volpe
e gattoni,
per non accusare
ladri e imbroglioni.
E se la voce di un
grillo si eleva
per richiamare coscienza
e preghiera,
gli si procura
una bella stella.
Il moralista viene schiacciato,
l’ onesto viene arrestato.
E non sarà mai graziato,
perché riservata
al condannato.
Una fatina ,
non viene creduta,
rimane solo
una voce sperduta.
Rimane il culto:
fai in fretta, che godi.
E per gli allocchi
c’è sempre posto
in quel paese chiamato
Balocco.


Fanciullezza


Odo ancora
le urla ed i richiami.
L’ imitare il rombo
dei motori
che salgono di giri.
In cima alla collina
tutti pronti,
per spiccare il volo.
A piedi nudi,
ma con il cuore
colmo di felicità
ed allegria.
Un cenno, un urlo
e via in picchiata,
giù per la discesa.
Le braccia aperte
fungevano da ali
nel fendere la leggera
brezza.
Le gambe quasi non
reggevano la spinta
nell’ inerzia
della lunga discesa.
Qualcuno cade,
invece di volare.
Scivola, fa dei ruzzoloni.
Ma si rialza e ride,
si arriva a valle,
sudati e stanchi
e forse un po’ ammaccati.
Ma nessuno è pago,
si ritorna in cima,
alla ricerca di quella
voluttà di chi cerca
e accetta la sfida.


Maschere di ghiaccio


Grande riunione;
no un congresso,
dove si discute
il divenire, il fare,
qual’ è il problema ?
Quanti suggeritori,
e che fervore.
Break, tartine di caviale,
dolci, champagne.
Gente impettita,
volti sereni,
non una grinza,
nessuna piega,
risulta sulle loro gote.
Sicuramente persone
a cui ci si può affidare!?
Il tempo passa,
il clima si riscalda,
nessuno lascia più
la postazione,
determinante sarà
la votazione.
Qualche fronte
si imperla di sudore,
per il lavoro !
No solo tensione.
Si assiste al vecchio
gioco della fune,
basta poco
per creare rottura.
Si continua a sudar,
or per paura.
Si intravedono i primi
rivoli
che inondano
baffi e basette,
la tensione ormai
sale alle stelle.
Se continua così
ci vorranno ombrelli,
compaiono rughe,
nei e fossette.
Si sfaldano quei volti
che erano perfetti.
Possibile?
Neanche fossero
di cera.
Qualche lastrina cade,
fa rumore, fonde.
O si , erano solo maschere
di ghiaccio.


Vita (Regalbuto 1970).


Dolce illusione
di chi nasce
grande progettista
di chi cresce,
immensa delusione
di chi ti conosce.
Sei bella
come un bocciolo di rosa,
gagliardo nella sua bellezza,
ma se ti avvicini
e afferri il suo stelo,
senti una fitta alla mano.
Rimani perplesso, esterrefatto fatto.
Tutto avresti immaginato
fuorché che un così bel fiore
ti avrebbe arrecato del male.
Ma le tue spine sono
molto più lunghe, oh vita.
A volte arrivano a ferirti
anche il cuore.
Allora non ti resta
che invocar l’ Eccelso.
Questo sei oh vita.
Bella al mattino,
quando il sole nasce.
Triste e cupa
alla sera, quando tutto tace
e l’ insidia ti sovrasta.


 

Ciao MAMMA


Chi stai aspettando ?
Lungo quel viale dell’ignoto.
Di quel mondo sconosciuto.
Quante volte hai già fatto questo cammino?
Come chioccia
raccogli ad uno ad uno i tuoi pulcini,
il loro pigolio ti chiede aiuto.
Tu sempre presente, attenta,
premurosa in vita,
oltre il presente.
Ci radunerai ancora,
Intorno al grande tavolo.
Aspetterai, ci condurrai per mano,
onde evitare qualunque smarrimento.
Ora siamo pari,
quattro presenti e quattro assenti.
Ma son sicuro, non ti stancherai,
non mollerai la tua postazione,
la tua tenacia non verrà mai meno.
Raccoglierai ciò che hai seminato,
e la tua costanza sarà senz’altro premiata
e da tutti noi sarai ancora circondata.


A chi ( 1969 )

 

A chi parlare, gridare, il grande tormento.
Che attanaglia popoli,
povera gente.
Se nessuno sente,
nessuno ascolta,
anzi ride e tace.
Si ripete la storia,
quella di sempre.
È solo il potente a non
rischiare niente.
Noi, poveri pedoni
d’ una eterna scacchiera,
stolti capricci dei soliti Re.
Cambiano i tempi,
cambiano i modi
non cambiano i fini.


Simonetta (1976)


Vegetando conducevo la vita.
Innanzi a me la morte, nient’ altro,
se una cosa deve finire non ha scopo,
questo era il mio pensiero,
l’ annullamento il mio ideale.
Per niente m’ intimoriva la morte,
ch’ io attendevo apatico ed inerme.
L’ amore per me un meccanismo,
e come macchina ne facevo uso.
Ma, un giorno tu t’ agitasti in grembo a tua madre.
Mi sentii ferito, il mio ideale infranto.
L’ estinzione sempre pensai mai il procreare.
Disprezzo ebbi di me, pietà per te.
Non mi elessi però giudice, ne boia,
e tu nascesti tremula fiammella di lucigno
che più volte ha minacciato il vento.
Un giorno in coma, un’ altro sorridente
mentre aghi ti lancinavano la fronte
rimettendo in te quella parte di vita ch’era sfuggita.
Ma esso tornava, con più forza di prima
con raffiche sempre più lunghe , minacciose
e tu, per quanto fioca e debole resistesti
alla sua furia, forte t’ aggrappasti al tuo appiglio, lo sconfiggesti, te ne fui grato.
Guardando la tua lotta, comincio la mia.
Il cuore mi aprirono quegli aghi, percepii
l’ amore.
Di dolcezza m’ inondarono i tuoi occhi,
da te presi l’ esempio del coraggio, della tenacia.
Per te ho imparato a vivere, e a combattere
per migliorare il vivere.
Perciò, mia cara, dolce, fragile Simonetta,
tu sarai la mia eterna fiammella,
dalla quale attingerò sempre luce e calore.
Finché avrò vita il vento troverà in me
un ostacolo che ti proteggerà da esso con ogni mezzo, perché questa mia vita a te consacro,
che col tuo dolore ai riscattato
e in DIO confido che l’ha salvata.


Infanzia Moderna (1976)


Un saluto frettoloso della mamma
al mio bambino,
che la osserva sonnecchiando
attraverso le dita
della candida manina.
Gli scompiglia i capelli
la sua mamma,
come per dirgli
“Coraggio giovanotto”.
Lui sembra capire,
la mamma fugge.
Scende dal letto,
mi raggiunge al lavandino,
s ‘ aggrappa al mio pigiama.
L’osservo, mi tende le mani,
lo sollevo , mi si attacca
al collo.
Mi stringe forte
il mio bambino,
sente che si ripeterà
il rituale.
Carpirò ancora la sua fiducia
l’ allontanerò da me
con una glioglia (caramella)
sgaiattolerò fuori
dalla porta,
aspetterò un attimo
sulla soglia
aspettando il suo
immancabile pianto.


Anime vaganti

 

Miriade, miriade
di palloncini,
ricoprono valli,
prati e monti.
In dieci, cento,
mille sfumature.
Fluttuano come
onde del grano,
mosse dal turbinio
del vento.
Ecco, d’ incanto,
il loro appiglio cede.
Inizia la loro corsa
verso il cielo.
Quello sobbalza,
altri sospingono,
per aprirsi un varco.
Molti rimangano
impigliati tra di loro.
Tanti si defilano
senza urti e scossoni.
Sembra una caleidoscopia,
goliardica festa.
Ognuno danza,
si esibisce
come su una grande
pista.
Sono loro,
il turbinio del mondo.
Ma ecco i primi flop;
è qualcuno che ricade.
Quelli in groviglio
traballano, in cerca
della via.
Ognuno tenta,
di trascinare l’ altro.
Ma nell’ intento
si odono altri flop,
più o meno intensi.
Sembrano nugoli
di coriandoli cadenti.
Quelli che non hanno
subito screzi,
continuano indisturbati
l’ ascesa.
Che sembra
non aver mai fine,
sono convinti
di poter arrivare
a Dio.
Dimentichi, di Icaro
e del Sole.


Sete d’amore

 

Abbracciati,
sotto il mio
caldo plaid .
Con il volto
sul tuo enorme seno.
Ascoltare il tuo cuore
che aumenta di ritmo,
come il tuo respiro.
Anche il tepore
diventa più intenso,
mi invoglia
a stringerti più forte,
fino a divenire
un solo corpo
un solo respiro.
Ansimo, scruto
il tuo divino corpo.
Sfoglio ad uno ad uno
i petali dell’ambito fiore.
La corolla ora
resta spoglia,
rendendo più intenso
il suo profumo.
Le mie labbra
cercano ancora
la sensuale bocca.
Amore baciami;
baciami, dissetami
d’ amore.