Clochard errante
Dimenticato dalla vita,
Passa le notti errando.
Tra whisky e cicche consumate,
Riscalda le sue notti fredde.
Accovacciato sui marciapiedi,
Intona stornelli alla Luna,
Unica compagna d’avventura.
Ai passanti che lo guardano,
Dedica versi inventati.
Aspetta l’autobus,
Finchè non si fa sera,
E si rannicchia sulla panchina.
A coprirlo cartoni raccattati qua e là,
Bagnati fradici delle lacrime del cielo.
Invisibile agli occhi della gente,
Soffre per la loro indifferenza.
Colpa d’un viscido
Al mondo v’è un bambino che non sorride più,
Che porta con sé un fardello troppo grande.
Non v’è più pace nella sua tormentata mente,
Che grida rabbia per l’orrore vissuto.
Non v’è più luce nei suoi occhi spenti,
Che raccontano del più terribile dei crimini.
La sua anima di bambino innocente,
È stata violata in una notte malata.
L’abbraccio
Seduto di fianco a me
S’avvicinò per carezzarmi prima le gote
Poi i riccioli pendenti ai lati del viso
Sembrava c’amassimo ancora.
M’abbracciò forte
Provai profondo dolore
Era tutt’altro che abbraccio
Prese il telefono:
“Venite. L’ho uccisa”.
Involucro
Divenne madre in una notte d’estate.
Suo figlio le stringeva il dito con una tale forza,
Che sembrava non volesse più lasciarlo.
Lei gli carezzava dolcemente le guanciotte,
Lui le sorrideva e la stringeva forte.
Quella notte vagò per la città fino all’alba,
Per regalargli un futuro migliore.
L’avvolse in un telo di seta,
Gli cantò una dolce ninna nanna,
E l’adagiò sul prato di un parco.
Stette lì nascosta a guardare il suo bimbo,
Che stringeva i pugnetti come un guerriero.
S’allontanò per sempre dalla sua creatura,
Sicura tra le braccia di un passante.
Partito per sempre
Viveva a Milano ma era terrone,
Gli occhi ardenti per la Terra sua.
La sera quando tornava da lavoro,
Sedeva a vedere le foto del mare.
Con gli occhi spenti e il viso pallido,
S’apprestò a prendere quel treno,
Conscio che mai più sarebbe ritornato.
Si portò via solo i ricordi,
Il cuore lo lasciò a casa sua.
Con l’anima lacerata e ignaro del futuro,
S’aggrappò alla speranza,
Come il figlio s’aggrappava al collo suo.
A Milano andò a cercare lavoro,
Trovò pure la morte.
Schiacciato da una trave,
Tese le mani al cielo.
Sofferente, poco prima di finire,
Gridò di voler morire nella Terra sua.
Scusa, Africa
Terra saccheggiata
Terra prigioniera.
O Africa!
Terra nera.
Terra di ricchezze
Sottratte e usurpate.
Terra di conquista
Oltraggiata e sottomessa.
Terra di riti e tradizioni
Danze e canti.
Terra di sofferenze
Pianti e lamenti.
Ti lasceranno in pace mai?
Tempo infinito
D’improvviso accadde,
La terra iniziò a tremare.
Lui rimase fermo,
Mentre tutto si muoveva,
Si accorse di andare incontro alla morte.
Un attimo prima il boato,
Poi porte divelte e vetri in frantumi.
Gli mancò il respiro
Non solo per la polvere.
Rimase sbigottito per lo spavento,
Stette immobile per ore.
Intrappolato tra le macerie,
Gridò a gran voce,
Pure Dio dovette udirlo.
Il domani sempre stato vicino,
Mai più lontano fu quella notte.
Vulcano di sentimenti
Il cielo si scurisce,
Come durante la notte.
Cadono lapilli,
Come fosse pioggia.
Cascate di lava,
Incontrano il mare.
La città inerme,
Si copre di cenere.
Prega in ginocchio,
La folla di gente.
S’abbracciano stretti,
Due amanti di Pompei.
Paura e morte,
All’ombra del Vesuvio.
Un’altra notte
Ormai non conto più i giorni
Non ho più le forze.
Chiudo gli occhi
E penso a te, mamma
Vorrei averti accanto a me.
Riaffiorano i ricordi
Ritorna la malinconia.
Ho nostalgia di casa
Ma casa mia non esiste più
Adesso un barcone è casa mia.
Le onde del mare mi cullano
Come fa una madre col suo piccolo.
Non ho paura del mare
Papà mi ha insegnato a nuotare
Sapeva forse il destino che mi attendeva.
Ho paura di quegli uomini
E del fucile che ti puntano contro.
Chiudo gli occhi e tremo
Poi piango e mi rannicchio
Un colpo di frusta e tanto dolore.
Soffro in silenzio, mamma
Potrebbero ammazzarmi altrimenti.
È l’alba di un nuovo giorno
E non vedo ancora la terraferma
Ho paura di non riuscire a vederla mai.
Non la vedrò mai
Sono troppo stanco
Chiudo gli occhi per sempre.
Ciao, mi riconosci?
Non mi riconosco più
Non ricordo il mio nome
Né quanti anni ho.
Sguardo assente e mente confusa.
Un uomo è venuto a trovarmi
Dice che è venuto anche ieri
Ma io non me lo ricordo.
Dice di essere mio figlio
Ma Tommy è solo un bambino.
Quest’uomo somiglia a mio padre
Tiene per mano un bambino
E’ lui il mio Tommy.
Lo ricordavo diverso
Sempre sorridente.
Quest’uomo dice che sono nonno
Che questo è mio nipote
Ma io non me lo ricordo.
Solo tanta confusione
Non capisco più niente.
Sono molto stanco ma voglio andare via
Questo non è il mio posto.
Tommy mi aspetta a casa
Ma non ricordo la strada.
Non ricordo più niente
Neppure come si mangia
Sono solo un peso per tutti.
Non sono più autonomo
È per questo che sono qui.
Qui non ci voglio stare
Ma non mi lasciano uscire
“Vi prego, non fatemi morire qui”.
Rivoglio il mio nome, la mia vita.